di Maria Pellegrini.

Gorgia, sofista greco di Lentini in Sicilia, raggiunge l’apice della notorietà quando nel 427 a. C., agli inizi della guerra del Peloponneso, è inviato dalla sua città ad Atene a capo di un’ambasceria per chiedere aiuto contro Siracusa. Con la sua smagliante oratoria riesce nell’impresa, la sua eloquenza è nuova, elegante, ha ragionamenti incalzanti, stile ricco di figure retoriche, studio ricercato della frase per creare effetti sorprendenti con simmetrie, ritmo, musicalità. Delle sue opere possediamo frammenti e per intero: Encomio di Elena e Difesa di Palamede, probabilmente esempi a scopo didattico, per dimostrare che un oratore con abilità e gioco dialettico, può suggestionare la mente di chi ascolta e influenzarne il giudizio.

Nell’Encomio di Elena, Gorgia istruisce un processo fittizio a difesa della donna accusata di aver scatenato la guerra di Troia per aver seguito Paride e abbandonato il marito Menelao. Il tema vanta nel mondo antico una tradizione ricca e illustre con opposte prese di posizione: la donna è innocente o colpevole? Il problema già si pone nel racconto omerico, lei stessa si accusa mentre Priamo la considera vittima del volere degli dèi. La letteratura greca è percorsa da questo duplice giudizio. Gorgia esamina le possibili cause di quanto è accaduto: la responsabilità morale non può addebitarsi a Elena se costretta da forze a lei superiori, se rapita con violenza, conquistata dall’amore, o persuasa da un discorso. La strategia difensiva di Gorgia si basa soprattutto sull’incantesimo della parola, argomento centrale nella trattazione. Se è stato un discorso ammaliante a sedurre Elena, è facile difenderla «perché la parola è una grande dominatrice che realizza le azioni più divine».

Misurarsi con il testo greco di Gorgia non è impresa da poco se si considera la difficoltà di rendere nelle strutture di un’altra lingua la prosa gorgiana con le sue martellanti antitesi, ripetizioni, metafore, ritmo, parallelismi. È stato appena pubblicato un agile libretto: Gorgia, Encomio di Elena, a cura di Monica Tondelli (Archinto, pp. 64, € 12,00), con una nuova traduzione affrontata dalla curatrice senza tentare un letterale riscontro dell’originale, ma neppure trascurare quei valori formali che costituiscono il manifesto della poetica gorgiana. Un’esauriente introduzione documenta il pensiero filosofico dei sofisti, la presenza di Elena nell’epica omerica, nella lirica, nella tragedia attica del V e IV secolo e offre al lettore moderno spunti di riflessione sull’agire umano. Se Gorgia, alla fine dell’opera confessa «ho voluto scrivere il discorso come encomio di Elena e divertimento per me», Tondelli suggerisce che «la presenza di una componente leggera e ludica non esclude la sostanziale serietà degli intenti». L’Encomio ha il fine di discolpare la protagonista ma ciò avviene grazie alla raffinata elaborazione retorica di un discorso piacevole per chi legge o ascolta e per il suo stesso autore «che ha giocato con le parole sperimentandone tutte le suggestioni».

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