di Roberto Bertoni.

Sono mesi che i giornali vicini a una delle peggiori destre al mondo festeggiano per i continui dietrofront di quello che dovrebbe essere il principale partito della sinistra sul tema dei diritti. Dapprima lo Ius soli, poi la legalizzazione della cannabis; senza contare che anche sulle unioni civili si sarebbe potuto fare molto di più e che la cifra complessiva di questa legislatura è stata la regressione. Una regressione morale, culturale, politica, civile, dei costumi e del dibattito; una ritirata incomprensibile e inaccettabile in una stagione nella quale ci sarebbe, al contrario, un disperato bisogno di spalancare porte e finestre, di includere, di accogliere, di estendere i diritti e di far sentire compiutamente cittadini coloro che, al momento, vivono ai margini della società.
Non si può, infatti, pretendere che un immigrato si senta italiano al cento per cento e rispetti fino in fondo le nostre leggi se il messaggio che si fa passare, pressoché ogni giorno, è che al massimo è sopportato e, comunque, sgradito, in quanto contrario al comune sentire di un'opinione pubblica a sua volta abbrutita dalla crisi e dalla mancanza di certezze per il domani.
Allo stesso modo, non si può chiedere a suo figlio di sentirsi parte della nostra comunità se, al contempo, gli si dice chiaramente che fino a diciott'anni deve considerarsi straniero, anche se magari è nato qui, adora la nostra cucina, tifa per le nostre squadre di calcio e parla non solo l'italiano ma addirittura il dialetto locale.
Per non parlare poi della questione legata alle droghe leggere: permesso che io sono fermamente contrario, che non giustifico minimamente lo spinello e che reputo, anzi, necessario compiere una seria campagna di dissuasione, come quella che è stata condotta a tamburo battente in merito ai danni arrecati dal fumo, è altresì evidente che non si possa continuare a non vedere un fenomeno che ormai fa parte della nostra società e che continua a generare profitti astronomici per la criminalità organizzata, quando ponendo la coltivazione della cannabis in capo allo Stato e consentendone la coltivazione personale entro determinati limiti, piuttosto stringenti, si potrebbe prosciugare una mostruosa fonte di reddito per le organizzazioni malavitose.
Ma perché queste proposte di puro buonsenso, che oltretutto sono condivise non solo dalla sinistra ma anche da quel vasto mondo di una destra autenticamente liberale, contraria ad ogni forma di oscurantismo e di arretratezza sul piano dei diritti civili, perché queste sacrosante battaglie non riescono ad andare in porto e a trasformarsi in leggi dello Stato?
La risposta va cercata nella teoria geocentrica che credevamo fosse stata definitivamente archiviata quattro secoli or sono dalla scoperta di Galileo e che, invece, è tornata in auge, non solo in Italia ma qui in maniera particolare, non più ammantata della nobiltà del pensiero aristotelico-tolemaico bensì della barbarie di una classe dirigente che si commenta da sola.
Non vengono approvati determinati provvedimenti perché una sinistra afona, presuntuosa e autoreferenziale preferisce assecondare il minuscolo partito di Alfano e inseguire la Lega e una parte del Movimento 5 Stelle sul proprio terreno, non capendo che questo cedimento morale e culturale, prim'ancora che politico, è il più grande regalo che si possa fare ai cosiddetti "populisti".
Non vengono approvate perché quel briciolo di sinistra vera che è rimasto nel nostro Paese non ha né i numeri in Parlamento né una sufficiente coesione per parlare con una voce sola ai cittadini, finendo così col risultare marginale anche su quei temi che dovrebbero essere i suoi cavalli di battaglia e le sue stesse ragioni di esistere.
Non vengono approvate, infine, perché ormai siamo in balia di personaggi che vivono se stessi e la propria attività politica come un qualcosa di totalizzante e definitivo, geocentrico per l'appunto, come se il mondo intero ruotasse intorno a loro, prima non fosse accaduto nulla e dopo non sia previsto alcun destino.
Se ci pensate, sono le radici, i germi del totalitarismo, in quanto quest'esaltazione asfissiante del presente fa sì che non si concepisca proprio l'idea di dover lavorare anche in nome di chi verrà dopo, in quanto non si concepisce il domani, ci si asserraglia nel proprio egoismo e si erigono muri, steccati, barriere di inciviltà e d'odio che sono, purtroppo, la cifra narrativa e strutturale della politica contemporanea.
E quando l'altro non è più considerato un interlocutore ma un nemico, quando si è prigionieri del proprio ego, quando non si accetta che qualcuno possa mettere in discussione le proprie teorie, la barbarie è dietro l'angolo, la civiltà arretra e il tessuto sociale si impoverisce. È ciò che sta accadendo e le conseguenze sono sotto gli occhi di tutti.

Condividi