LA PIOGGIA AI SETTE COLLI
di Sandro Medici.
Ma che squallida polemica. Ancora una volta Roma si piega sotto l'urto di una pioggia torrenziale, e la politica s'attarda tra battutine, dispettucci e manfrine varie. Con il Pd che innaffia la sindaca Raggi di sberleffi e contumelie, ricordando quando, a parti invertite, i cinquestelle inondavano di critiche l'allora sindaco Marino, definito per l'occasione sottomatino.
Quanta disperante inadeguatezza, quanto stucchevole chiacchiericcio, all'ombra dei sette bagnatissi colli.
La città è allo stremo, scricchiola e si spappola da tutte le parti: s'incendia e s'inonda, si spacca e si squaglia. Sta scivolando lungo un rovinoso processo di progressiva decomposizione. Non tiene più, non resiste più. Sono saltati i sistemi di protezione, così come ogni reattività riparatrice. La sua condizione strutturale e infrastrutturale è ormai più che grave: siamo alla vigilia del definitivo collasso.
Avrebbe bisogno di essere messa in sicurezza: con una generalizzata opera di manutenzione, insieme a una campagna di riconversione ecologica. Servizi, impianti, fognature, trasporti, approvvigionamenti, strade, edifici pubblici, territorio, litorale. E come Roma, ne avrebbe bisogno l'intero paese. Oggi è toccato a Livorno e alla Toscana, ieri alla Liguria, l'altroieri alla Sicilia. E domani chissà.
In una parola, bisognerebbe che il paese investa su se stesso, finanzi la propria integrità, salvaguardi i propri abitanti, così come le proprie risorse, le proprie bellezze. E invece si acquistano cacciabombardieri, si arricchiscono le banche, si finanziano inutili autostrade, l'alta velocità e forse perfino il ponte sullo Stretto...
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