Perché sta fallendo l'Unione europea?
Di Gabriele Polo - 21 luglio 2011
L'Europa è in pessime condizioni, non serve essere dei geni per capirlo. Ogni giorno i mercati fibrillano, la speculazione imperversa, i governi appaiono impotenti o concentrati solo sul loro «particolare». Sotto i colpi della crisi traballano Grecia, Irlanda, Portogallo, Spagna e - sempre di più - Italia. La stessa esistenza dell'Euro - monocratico pilastro della costruzione comunitaria - non è più data per scontata. E i cittadini europei subiscono quotidianamente le conseguenze di manovre «di stabilità» che per rispettare vincoli di bilancio e salvare qualche banca rendono sempre più instabile le esistenze delle persone. A pagare i costi più alti è chi vive di salari, stipendi, pensioni o redditi precariamente saltuari. La crisi attuale, insomma, ha fatto saltare tutte le tutele (a partire dal welfare e dalle certezze occupazionali) che la vecchia Europa considerava acquisite. E che l'Ue avrebbe dovuto - era la promessa - rendere più «moderne», salde e inclusive.
La debolezza sociale ed economica (ma anche politica e, alla fine, esistenziale) che gonfia il numero dei poveri (e nutre anche i consensi delle destre estreme) con cui il vecchio continente si è presentato all'appuntamento con la grande crisi dipenderà anche da come l'Unione è nata? Dal patto di stabilita e dalle scelte liberiste e monetarie della Commissione e della Banca Centrale? E quali responsabilità, quali margini di manovra hanno ora i governi e le politiche nazionali? Sono le domande che hanno spinto il manifesto e Sbilanciamoci a organizzare una discussione sulla «Rotta d'Europa», partendo dalle caratteristiche originarie dell'Ue, per capire le cause di un fallimento in corso e individuare un cambio di direzione (che non sia, come oggi sta accadendo, una «rotta» nel senso peggiore del termine).
Ad aprire il confronto è Rossana Rossanda, con un lungo articolo, fatto soprattutto di domande, in cui si rivolge a tutti noi, ma soprattutto «agli amici economisti e ai padri e padrini (di battesimo, in senso cattolico) della Ue, nella speranza che rispondano ai dubbi che una cittadina di media cultura si pone ormai impietosamente: non c'è stato qualche errore nella costituzione della Ue? E come si ripara?». Non è un caso che Rossanda parte dall'affermazione fatta qualche anno fa da Romano Prodi, quando si felicitava d'aver fatto l'unità dell'Europa «cominciando dalla moneta. Se avessimo cominciato dalla politica - il suo argomento - non ci saremmo arrivati mai data la storica rissosità dei singoli stati». Chissà - si domanda Rossanda - «se oggi lo ripeterebbe». Premesse alla costruzione europea che si dimostrano perlomeno discutibili, di fronte all'assenza di una politica continentale, al punto da far riemergere - e nella forme meno controllabili - proprio tutte quelle «rissosità» cui faceva riferimento lo stesso Prodi.
L'articolo di Rossanda è visibile on line su www.ilmanifesto.it e su www.sbilanciamoci.info. Siti che ospiteranno una discussione che proseguirà per tutta l'estate. Sperando di trovare qualche risposta prima dell'inizio di un autunno che non si prospetta né mite né tranquillo.
L'Europa è in pessime condizioni. Sotto i colpi della crisi traballano Grecia, Irlanda, Portogallo, Spagna e Italia. E' a rischio l'Euro, unico pilastro della costruzione comunitaria. Dipenderà anche da come l'Unione è nata? Dal patto di stabilità e dalle scelte liberiste e monetarie della Commissione e della Banca Centrale? Quali responsabilità hanno i governi e le politiche nazionali? Ne discutiamo aprendo, con questo articolo, un dibattito che continuerà su ilmanifesto.it e su sbilanciamoci.info
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