PERUGIA - Assemblea generale dell’Unesco, al momento della lettura dei risultati della votazione per l’ammissione della Palestina fra gli stati membri dell’agenzia dell’Onu, in tanti, la maggior parte si sono alzati in piedi ed hanno applaudito. In molti si sono affrettati a porgere le congratulazioni al Ministro degli esteri Riad Al Maliki. Erano 193 i rappresentanti dei Paesi chiamati al voto, occorreva la maggioranza dei due terzi, in 107 hanno espresso il proprio si, in 14 si sono dichiarati contrari, 52 gli astenuti. Hanno votato a favore i paesi arabi, africani, latino americani e gran parte dell’Asia, Cina e India compresi, e alcuni paesi europei come la Francia, contrari oltre a Israele e Stati Uniti, la Germania e il Canada, si sono astenuti Italia e Regno Unito. Immediate le reazioni indignate di Israele che parla di vera e propria tragedia e degli Usa che vedono messo a rischio il processo di pace con questo voto e minacciano di tagliare i finanziamenti all’agenzia di cui con il 22% dei fondi sono il maggior sostenitore. Già da ora il finanziamento previsto di 60 milioni di dollari è stato bloccato. Il rapporto fra Stati Uniti e Unisco è da sempre stato turbolento e si era ristabilito solo nel 2003 dopo che per anni il Dipartimento di Stato americano bollava come una «Evidente disparità fra la politica estera Usa e gli obbiettivi dell’Unesco». C’erano stati in pratica 20 anni di boicottaggio vero e proprio ad una agenzia che ha come compito principale quello di favorire educazione, scienza e cultura, proprio quei valori occidentali considerati fondamentali per la politica estera di Barak Obama. Ma il passato ritorna, due leggi, che risalgono agli anni 90 vietano espressamente agli Usa il finanziamento di qualsiasi organizzazione Onu che accetti la Palestina come membro a pieno titolo. La portavoce del Dipartimento di Stato Victoria Nuland era stata molto esplicita la scorsa settimana: «Esistono linee rosse molto chiare nella legislazione e, se sono sorpassate nell'Unesco, tale legislazione viene attivata». E stamane, il sottosegretario Usa per l'Educazione, Martha Kanter, ha appunto parlato di «voto controproducente e prematuro». «Voglio augurare il benvenuto alla Palestina». Ha invece dichiarato la direttrice generale dell'Unesco, Irina Bokova, salutando l'ingresso del Paese nell'organizzazione. «Questo è davvero un momento storico che restituisce alla Palestina alcuni dei suoi diritti», ha detto rivolgendosi alla Conferenza generale dell'Unesco il ministro degli Esteri palestinese Riyad Al Maliki. «Un giorno di festa - ha aggiunto Sabri Saidam, consigliere del presidente dell'Autorità palestinese Mahmoud Abbas, sottolineando come -per noi si tratta di uno dei pilastri nella nostra lotta per l'indipendenza». Il voto di oggi ha avuto soprattutto un valore simbolico per i palestinesi, e rappresenta un primo importante successo in attesa che il Consiglio di Sicurezza dell'Onu si pronunci sull'ammissione della Palestina nelle Nazioni Unite, sulla base della richiesta presentata a settembre. Gli Stati Uniti porranno il veto ma è ipotizzabile che la Palestina ottenga lo status di “Osservatore” anticamera per il pieno ingresso nell’Onu, che Israele e Usa subordinano alla definizione degli accordi di pace. Ma se ha solo un valore simbolico da dove giunge tanto clamore? Perché in Israele si parla di “tragedia nazionale”? Fra le ragioni ce ne è una di non poco conto. Con l’ingresso nell’Unesco la Palestina è in condizione di rivolgersi alla Corte Internazionale per denunciare i crimini commessi da militari e governanti israeliani in questi anni di occupazioni. E l’elenco di criminali da mandare alla corte dell’Aja spazzerebbe via i vertici dell’esercito. Ovviamente ci si potrebbe domandare come ha votato il rappresentante italiano. Maurizio Massari, il portavoce della Farnesina ha dichiarato che il ministero si è adoperato affinché dall’Unione Europea si arrivasse ad una posizione comune. Così non è stato quindi il governo italiano si è astenuto. Per non inimicarsi Israele, gli Stati Uniti e i paesi che si affacciano sul Mediterraneo, l’ex maestro di sci attualmente ministro, Franco Frattini ha scelto di non scegliere, facendo divenire l’Italia ancora più inaffidabile. Del resto a che serve avere una politica estera?

Condividi