di Roberto Bertoni.

Scrivo in occasione del cinquantesimo anniversario della scomparsa di Aldo Capitini, avvenuta il 19 ottobre 1968 all'età di sessanatanove anni: un personaggio straordinario, a metà fra il laico e il religioso, il padre della non violenza e del pensiero gandhiano in Italia, promotore della prima Marcia per la pace e la fratellanza dei popoli il 24 settembre 1961, cui aderì, fra gli altri, Italo Calvino.
Un'opera rivoluzionaria, la sua, che assume un valore ancora più rilevante in questi giorni di muri,  di orrore, di violenza e di dichiarazioni roboanti, nei giorni in cui è finito ai domiciliari il sindaco di Riace, Mmmo Lucano, reo sostanzialmente del reato di umanità e di non essersi adeguato a questo tempo miserabile, in cui tengono banco le cronache che ci raccontano dell'inesorabile marcia dell'Europa verso l'abisso.
Mi viene in mente anche Mario Mieli, punta di lancia del movimento omosessuale italiano, colui che per primo si batté veramente per sconfiggere la barbarie del pregiudizio, suicidatosi nel marzo di trentacinque anni fa e il cui messaggio è più che mai attuale, in questa Europa in cui fortunatamente è fallito in Romania il referendum che chiedeva di abrogare i matrimoni gay mentre alle nostre latitudini avanzano personaggi omofobi e intrisi di cultura reazionaria.
Mi vengono in mente, poi, le battaglie di Danilo Dolci, amico fraterno di Capitini, autore di una magnifica forma di protesta come lo sciopero al contrario e delle prime denunce contro il cancro mafioso, negli anni in cui parlare di mafia in Sicilia era praticamente proibito.
E penso a Claudio Fava, cui di recente è stato recapitato un proiettile per le sue battaglie contro la mafia e la massoneria, contro i poteri occulti e in nome di un'altra idea di etica e di onestà intellettuale, politica e professionale.
Penso a questo moto irresistibile della storia, a questo bisogno insopprimibile di umanità che ha indotto oltre centomila persone a mettersi in marcia da Perugia ad Assisi, penso alle denunce circostanziate di Bobbio contro la minaccia nucleare e alle minacce odierne, con un clima di guerra che si fa sempre più irrespirabile e la paura che ci attanaglia, ci afferra, rende impossibile a milioni di persone anche solo immaginare un futuro.
Penso al nostro bisogno di libertà, di gentilezza, di parole buone, di affetto, di buonsenso e di dolcezza: sentimenti espulsi dal dibattito politico contemporaneo e ripudiati anche da buona parte del mondo dell'informazione, purtroppo in preda ad un conformismo cattivista che va ben al di là dell'atavico asservimento delle nostre classi intellettuali.
 

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