NOI NON DIMENTICHIAMO
All'alba del 16 ottobre 1943, i reparti delle SS coordinati da Theodor Dannecker, già responsabile delle deportazioni di Parigi e della Bulgaria, dettero il via agli arresti degli ebrei romani. I nazisti, ai quali erano stati forniti i dati aggiornati del censimento della popolazione ebraica della Capitale, catturarono in poche ore 1259 persone: anziani e bambini, uomini e donne. Ciò che avvenne il 16 ottobre fu una delle pagine più tragiche della storia italiana e tra le più oscene del regime fascista. carteggi tra i gerarchi nazisti non lasciano dubbi sulla volontà di attuare il prima possibile la deportazione degli ebrei romani. Mussolini fu informato di ciò che sarebbe avvenuto, e gli occupanti superarono le loro titubanze riguardo una possibile reazione del Vaticano, che avrebbe potuto causare non pochi problemi al fragile equilibrio dell'occupazione. Mentre si aprì, a partire dalla tarda mattinata, un’intensa attività diplomatica, e l'accoglienza nelle case religiose cattoliche fu rinforzata, il Papa non pronunciò alcuna pubblica dichiarazione di condanna. Nei giorni che precedettero il rastrellamento, la comunità ebraica romana visse momenti drammatici e apparentemente contraddittori. Il 26 settembre il comandante della Gestapo, Herbert Kappler, aveva intimato la consegna di 50 chilogrammi d'oro, pena l'arresto di 200 capi famiglia. Con grande sforzo, e anche grazie all'aiuto di alcuni romani non ebrei, l'oro fu raccolto e consegnato. Pochi giorni dopo ci fu una perquisizione nell'edificio del Tempio e della Comunità: libri e manoscritti di inestimabile valore religioso e storico furono sottratti e inviati in Germania. La maggior parte di questi non saranno mai più restitituiti né ritrovati. Delle 1024 persone deportate ad Auschwitz soltanto 16 sopravvissero allo sterminio .
 

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