di Maria Pellegrini

In occasione della ricorrenza dei 1900 anni dalla morte di Marco Ulpio Traiano (117 d.C.), una mostra “Traiano. Costruire l’Impero, creare l’Europa”, inaugurata a Roma il 28 novembre e allestita nel complesso dei Mercati di Traiano, una delle più interessanti testimonianze della tecnica edilizia romana, rende omaggio a Traiano, il condottiero che portò l’impero romano alla sua massima estensione e il saggio uomo di potere.
L’esposizione, ricca di reperti archeologi, provenienti da musei della Sovrintendenza Capitolina, da musei e spazi archeologici italiani e stranieri, ripercorre la vita di questo imperatore attraverso statue, ritratti, decorazioni architettoniche, frammenti di basamenti o architravi con fregi floreali, calchi della Colonna Traiana, monete, molto importanti per la diffusione propagandistica in tutto l’impero dell’effige della coppia imperiale. Esaurienti pannelli didascalici accompagnano il visitatore lungo tutto il percorso della mostra curata in modo rigoroso da Claudio Parisi Presicce, Lucrezia Ungaro, Marina Milella e Simone Pastor. II percorso espositivo si snoda attraverso sette sezioni offrendo la possibilità di vedere oggetti straordinari rimossi dai magazzini o avuti in prestito da altri musei, modelli in scala e plastici di monumenti noti e meno noti dell’epoca, come l’Arco di Ancona, il ponte sul Danubio, costruito da Apollodoro di Damasco e, infine, una riproduzione in scala del trionfo di Traiano tornato vittorioso dalla Dacia. Oltre alle consuete didascalie presenti ormai in tutte le moderne esposizioni sono da segnalare le numerose installazioni multimediali e interattive in grado di fornire al pubblico immersione e interattività. Il visitatore, se interessato, può approfondire la visita accedendo a materiale d’archivio tramite schede di approfondimento relative ai reperti esposti, rielaborazioni tridimensionali e filmati, che rendono accessibile non solo la vicenda umana e pubblica dell’imperatore Traiano, ma anche l’atmosfera del tempo.
«Il linguaggio multimediale - quello della nostra era - deve migliorare la comunicazione e la divulgazione della ricerca anche attraverso suggestioni emotive, in poche parole: evocare, informare, conoscere, ovvero semplificare senza banalizzare», queste le parole della direttrice del Museo, Lucrezia Ungaro, che presente all’inaugurazione della mostra si è offerta come guida a un gruppetto di fortunati visitatori colmando le loro (e mie) lacune, dispensando con visibile passione tutta la sua esperienza pluriennale di studiosa.
Attraverso il ricco materiale esposto negli ambienti dei Mercati di Traiano c’è la narrazione coinvolgente e suggestiva di un’epoca che ha visto un imperatore aggressivo nella politica estera ed eccellente amministratore in quella interna con largo ricorso a misure previdenziali e assistenziali, con l’utilizzo razionale del pubblico denaro senza mai ricorrere, grazie all’effettiva forza della sua autorità, all’uso della repressione violenta. Ma passiamo ora a presentare con brevi cenni biografici l’imperatore cui è dedicato questo prestigioso evento: Marco Ulpio Traiano, primo provinciale seduto sul trono di Roma non per diritto dinastico ma per adozione essendo considerato il miglior candidato possibile alla successione. Nel 96, alla morte di Domiziano, terzo e ultimo dei Flavi, l’aristocrazia senatoria porta al potere l’anziano senatore Marco Cocceio Nerva, che dà inizio alla serie degli imperatori adottivi (Traiano, 98-117; Adriano, 117-138; Antonino Pio, 138-161; Marco Aurelio, 161-180) sotto i quali l’impero conosce un periodo di maggiore stabilità e prosperità economica senza più soffrire troppo il travaglio della lotta tra Principe e Senato.
Nerva, non avendo figli, adotta Traiano, allora governatore della Germania, che all’atto stesso della sua adozione (nell’autunno del 97) è designato alla successione. A differenza di tutti i suoi predecessori non è nato in Italia ma in Spagna, una delle province più romanizzate. Tipico rappresentante di quella borghesia municipale che i Flavi avevano inserito nella classe dirigente, figlio di un ex console, Traiano ottiene il consolato nel 91 per i suoi meriti di valoroso condottiero. Questo fatto indica da un lato il grande sviluppo economico e politico delle province nel corso del I secolo d. C., e dall’altro testimonia che l’impero sta diventando uno stato sovranazionale in cui la provenienza da una provincia non costituisce più un fattore di discriminazione. Le province del resto desiderano un governo più sollecito nei confronti dei loro interessi e aspirano a non essere considerate più come paesi vinti.
La nobiltà senatoria, abbandonato ormai da tempo ogni sogno di un’impossibile restaurazione repubblicana, auspica che il potere imperiale sia acquisito non per diritto di sangue, ma per meriti personali, capaci di indicare “l’uomo migliore”. La classe dirigente, influenzata dalla filosofia stoica ma anche per reazione al dispotismo di Domiziano, vede nel sistema dell’adozione una garanzia di libertà contro ogni tendenza autoritaria.
Traiano, eletto imperatore riesce a essere apprezzato da tutti, dai provinciali per le origini ispaniche, dai legionari che ne riconoscono il valore militare, dal popolo per i sussidi alle famiglie indigenti e la saggia amministrazione della cosa pubblica, dal Senato che gli conferisce il titolo di optimus princeps.
Ma il campo in cui egli manifesta grande decisione è quello della politica estera dove due problemi in particolare si pongono per la sicurezza dell’impero: allontanare dalle province danubiane il pericolo dei Daci, già fattisi minacciosi sotto Domiziano, e risolvere i rapporti con i Parti, secolare nemici di Roma sul confine orientale. Riprendendo vigorosamente le tradizioni aggressive della repubblica, egli spera di procurare, con le nuove conquiste, bottino, schiavi, risorse minerarie per restituire dinamismo all’economia.
La conquista della Dacia avviene negli anni compresi tra il 101 ed il 106, e si conclude con la sua annessione all’impero romano e la trasformazione in provincia. Sono guerre di conquista quelle di Traiano, dunque aggressive e cruente: scontri efferati, stermini e rappresaglie senza pietà per i vinti, lotte acerrime, incendi, assedi, preclusione degli approvvigionamenti, difesa eroica e disperata degli assediati trucidati o ridotti in schiavitù, atti di eroismo come il suicidio volontario del comandante romano Longino per sottrarsi al tentativo di ricatto dei Daci, e quello del re Decebalo che preferisce togliersi la vita tagliandosi la gola piuttosto che cadere in mani romane e sfilare in catene durante il trionfo del vincitore. Ma questi tragici eventi di una guerra truce e violenta, grazie al successivo sfruttamento dei giacimenti auriferi presenti nella nuova provincia, valgono il superamento di una pericolosa congiuntura economica in cui l’impero versa. Circa il bottino di monete d’oro, d’argento, oggetti preziosi e schiavi, sono state riportate cifre iperboliche e incredibili, ma a testimonianza dei numerosi tesori razziati sono scolpite sulla Colonna Troiana le scene dei soldati romani che trasportano sui muli il voluminoso frutto dei loro saccheggi. Dalla conquista della Dacia viene all’imperatore grande prestigio perché le nuove terre assicurano masse di schiavi, la possibilità di insediare coloni italici, e consentono il raggiungimento di una stabile linea difensiva per sbarrare il passo alle infiltrazioni di barbari verso occidente. Ma Traiano non si dimostra solo un eccellente comandante di eserciti, a Roma egli intraprende grandi opere pubbliche. Avvalendosi del grande architetto Apollodoro di Damasco, realizza l’ultimo e il più imponente dei Fori imperiali, che comprende due biblioteche (una di lingua latina e l'altra di lingua greca), la basilica Ulpia, un grande complesso di mercati coperti su tre piani, i Mercati Traianei, simili a un centro commerciale d’oggi, con circa 150 botteghe, e la grande Colonna Traiana, capolavoro della scultura romana, alta circa 30 metri, larga 4 e sormontata da una statua dell’imperatore. In un lunghissimo fregio di grande interesse documentario, che avvolge il suo fusto per tutta la sua altezza, tuttora rivivono scolpite le battaglie vittoriose per la conquista della Dacia.
Contemporanea alla campagna conclusiva contro i Daci è la conquista dell’Arabia nord-occidentale trasformata nella Provincia arabica. Alquanto successiva è la lunga guerra contro i Parti (114-117). L’imperatore organizza una grande campagna militare per la conquista dell’Oriente sulle orme di Alessandro Magno. Rivive in Traiano il grande sogno di Crasso e Cesare di debellare il regno dei Parti. Inizialmente l’invasione ha un grande successo. La stessa capitale Ctesifonte, cade in mano romana. Ma quando la vittoria appare vicina, una grande rivolta ebraica, scoppiata in Egitto, a Cirene e a Cipro, dilaga in tutto l'Oriente e costringe Traiano a ritirarsi per il timore di restare isolato in territorio nemico. Si accontenta allora di annettere all’impero le sole province dell’Armenia, della Mesopotamia e dell’Assiria (117). Nello stesso anno muore in Cilicia. Sotto di lui l’impero romano raggiunge la sua massima espansione, visibile all’interno della Mostra, grazie a una grande carta geografica che riproduce l’estensione dei territori imperiali.
A Traiano è riservata una fortuna lunga e unanime, anche postuma. Il contemporaneo Plinio il Giovane, nel Panegirico di Traiano, lo descrive come l’ottimo principe voluto dagli dèi per il bene dell’impero, anche se lui per modestia non pretende onori divini, ne esalta le qualità: generosità, affabilità e modestia, e lo contrappone al tirannico Domiziano perché ha saputo improntare a reciproco rispetto le sue relazioni col senato, mostrandosi in ogni occasione pieno di ossequio verso l’assemblea a cui assicura dignitas e securitas.
Nel Medioevo è ricordato per il suo amore per la giustizia e i princípi filantropici, Dante lo pone in Paradiso nel cielo di Giove e precisamente fra i sei spiriti giusti. Secondo la tradizione dantesca il papa Gregorio Magno, colpito dalla sua generosità, avrebbe ottenuto da Dio la sua resurrezione per il tempo necessario a impartirgli il battesimo, consentendogli così di entrare in Paradiso.
Nella mostra un’attenzione specifica è dedicata alle donne della famiglia imperiale: Pompea Plotina, Ulpia Marciana, Vibia Matidia, rispettivamente sposa, sorella e nipote di Traiano, tre donne che si dividono senza litigi l’affetto dell’imperatore. Delle tre donne sono in mostra i busti che le ritraggono. Nel ritratto di Plotina, una semplice testa scolpita in marmo, si vede una donna dal viso leggermente allungato, con un’acconciatura sobria che incornicia la fronte, segno di un rifiuto delle artefatte pettinature dell’età flavia e di una concezione di vita più spirituale.  
Quando Traiano nel 98 d. C. diviene imperatore, è già sposato da diversi anni con lei allora all’incirca ventottenne. Secondo il racconto dello storico greco Cassio Dione, il giorno in cui a fianco del marito entra nel palazzo imperiale, prima di varcare la soglia, rivolta ai sudditi pronuncia una breve frase: «Entro in questo palazzo come la donna che voglio ancora essere quando lo lascerò». In quel proposito così indicativo c’è tutta la personalità di una donna modesta e discreta, è infatti accorta consigliera del marito e vive con lui in rara concordia fino al giorno in cui egli muore in Cilicia (8 Agosto del 117 d. C.).
I romani hanno molta stima per Plotina donna colta, intelligente che in molte occasioni consiglia scelte che si dimostreranno veramente opportune per l’impero. I provinciali la ringraziano perché ha spinto Traiano a frenare l’avidità degli esattori: con la sua influenza si hanno tassazioni più eque, assistenza per i poveri e maggiore tolleranza nella società. Dotata di particolare modestia, non mostra interesse per il lusso, ma interpreta con grande dignità il suo ruolo di first lady. Segue infatti Traiano nei suoi viaggi nelle province e anche durante la guerra per la conquista della Dacia. Traiano le conferisce il titolo di “Augusta” che sebbene simile al corrispettivo maschile, è soltanto un titolo onorifico che non porta con sé né l’imperio proconsolare né la potestà tribunizia; per cui una donna non avrebbe potuto avere l’esercizio effettivo e legale del potere.
Amante dell’arte e della cultura, appassionata della filosofia epicurea, che contribuisce a rilanciare, Plotina è fedele consorte, amata e rispettata da Traiano influenzato forse dalle parole del retore greco Dione di Prusia che in un’opera a lui dedicata - ove erano dati consigli a chi detiene il potere - scrive: «si deve considerare la propria moglie non solo come compagna di piaceri e affetti, ma come collaboratrice nel governo, nelle opere e insomma nell’intera vita». Plotina sembra avere le qualità per corrispondere a tali aspettative e incarna questi ideali fin dagli inizi del principato traianeo, se sincere sono le lodi che Plinio il Giovane nel suo “Panegirico a Traiano” le riserva definendola “sanctissima femina”.

I contenuti di questa mostra archeologica sono non soltanto preziosi ma anche insoliti e originali nelle soluzioni tecniche e tecnologiche proposte. La comunicazione affrontata con strumenti diversi ha trasmesso con così grande autenticità l’immagine della società traianea che non esitiamo a invitare calorosamente i lettori a visitarla.

 

Condividi