Il Manifesto di stamattina pubblica un'intervista sulle elezioni negli Stati Uniti alla prof.ssa Patriarca che insegna a New York. Il succo delle opinioni espresse è condensato nel titolo che spiega: "serve rimettere al centro la classe".
Nei giorni scorsi avevo segnalato un'altra intervista alla neoeletta co-presidente della Linke che esprimeva un concetto analogo. E qualche settimana prima il libro del prof. Ardeni, col quale abbiamo organizzato un'intervista video per Transform Italia, che rilanciava opportunamente il dibattito politico e teorico sulle classi sociali.
Sono segnali di un tema che ritengo essenziale per la ricostruzione di una forza di sinistra alternativa con legami di massa e un reale potere di intervento nella realtà politica e sociale.
In vari articoli, negli ultimi anni, ho provato a definire tre modelli di partito della sinistra alternativa esistenti in Europa a partire dall'individuazione del soggetto collettivo politicamente mobilitabile. Questi sono: il partito populista, il partito movimentista/arcobaleno, il mass workers party. A questi ho aggiunto, sulla base del caso Wagenknecht, l'ipotesi del partito nazional-comunitario (ne scrive Nicoletta Pirotta questa settimana su Transform).
Si tratta di tipi ideali che in forma pura non esistono nella realtà, ma le varie formazioni politiche tendono ad avvicinarsi all'uno o all'altro modello.
La mia opinione è che solo la ricostruzione di un "mass workers party" (il che in Italia vuole dire mantenere un rapporto di innovazione dialettica con le esperienze del PCI e, per una fase importante, anche del PSI, le uniche due forme politiche con dimensioni di massa fondate sulla classe lavoratrice che sono esistite in Italia) offre la possibilità di creare un "blocco sociale alternativo" che contrasti il "blocco sociale reazionario", contemporaneamente superando/assorbendo il "blocco elettorale progressista", attraverso un'inevitabile percorso conflittuale.
Porre il tema è ovviamente molto più facile che risolverlo. Però già il modo di porlo presuppone di definire sia il contenuto dell'analisi sociale di cui si necessita, sia le modalità d'azione e di comunicazione da utilizzare, sia la politica delle alleanze sociali, politiche ed elettorali da praticare. Queste ultime sono necessariamente una derivata, importante ma secondaria, dell'orientamento strategico.
Chi parte dalle alleanze elettorali per definire la propria identità e la propria strategia (o la propria mancanza di strategia) finisce inevitabilmente per essere solo l'appendice di un altro progetto politico. Sia che si misuri con esso per vicinanza o per lontananza.
 

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