di Anselmo Pagani.

Il 24 giugno del 1519, dopo l’ultimo faticoso parto di una bambina, moriva di setticemia mormorando “sono di Dio, per sempre”, Lucrezia Borgia d’Este.
Nata trentanove anni prima, era nota come la "figlia del Papa" perché suo padre, l'allora Card. Rodrigo Borja, dodici anni più tardi al termine di uno dei Conclavi più simoniaci della Storia, sarebbe stato eletto sul soglio di Pietro col nome di Alessandro VI, sebbene tutti sapessero che era un "homo carnale”.
Lucrezia nacque in un mondo in piena ebollizione, che stava uscendo dal Medioevo per tuffarsi nello splendore del Rinascimento, in tempi in cui giustizia e pietà si vedevano poco, ma bellezza e magnificenza trionfavano sempre, anche se spesso abbinate a violenza e spregiudicatezza.
Quella bella bimba bionda sarebbe diventata suo malgrado l'inconsapevole pedina di scambio sulla scacchiera, fatta di trame ed alleanze più o meno segrete, in cui i giocatori erano il padre-papa ed il fratello Cesare, prima cardinale e poi condottiero di ventura, entrambi spinti da un'ambizione senza limiti e senza scrupoli.
Eppure l'alone sulfureo che le fu costruito attorno da certi romanzi ed opere teatrali ottocentesche, ripreso poi a piene mani ai giorni nostri da alcuni volgari serial televisivi anglosassoni, a quei tempi non era avvertito da nessuno.
Siamo infatti in quella che è stata definita "l'epoca d'oro dei bastardi", quando quasi tutti coloro che contavano, laici o ecclesiastici che fossero, avevano qualche figlio illegittimo, quasi sempre però ben inserito in grandi "famiglie allargate" ante-litteram.
Nel caso di Lucrezia l'essere figlia del papa regnante non costituiva certo uno svantaggio o un motivo di disonore, ma al contrario la faceva apparire assai appetibile sul mercato dei matrimoni combinati.
Così, per sdebitarsi col Card. Ascanio Sforza che era stato uno dei suoi grandi elettori in Conclave, Papa Alessandro VI unì in matrimonio la figliola appena tredicenne con Giovanni Sforza, Signore di Pesaro.
Purtroppo però in un anno di cose ne possono succedere tante, anche che il papa si penta della propria scelta e, fiutando il vento che cambia, preferisca riavvicinarsi alla filo-spagnola Casa d'Aragona-Napoli a discapito dei filo-francesi Sforza, per contrastare la crescente influenza dei Transalpini sul bel Paese.
Ecco allora che l’incolpevole Giovanni, già padre di una figlia naturale, fu accusato d'impotenza ed invitato a provare la propria virilità "coram populo”, fra lazzi e battute scurrili, mentre Lucrezia, dopo una compiacente visita ginecologica, fu dichiarata "virgo intacta", così consentendo l’annullamento di quel matrimonio.
Lucrezia fu opportunamente fatta sparire per un po' di tempo nel convento romano di San Sisto, dove trovò consolazione nel giovane Perotto, servitore di suo padre, rimanendo così in dolce attesa per la collera del fratello Cesare, che già stava pianificando un secondo vantaggioso matrimonio per lei.
Per vendetta, quest’ultimo non esitò a pugnalare il malcapitato proprio ai piedi del papa, la cui tonaca bianca fu macchiata dagli schizzi di sangue del morente.
Nel marzo successivo Lucrezia partorì nella più assoluta discrezione il suo primogenito, subito toltole dalle braccia per lasciarla libera di convolare a nozze con Alfonso d'Aragona, duca di Bisceglie e figlio naturale di re Alfonso II di Napoli.
La giovane s’innamorò subito del bel marito, ma purtroppo per i due novelli sposi le cose iniziarono presto a girare per il verso storto, perché col matrimonio di Cesare con la francese Charlotte d'Albret fu subito chiaro che gli interessi di famiglia stavano nuovamente indirizzandosi verso la Francia, proprio quando Lucrezia dava alla luce Rodrigo, il suo primogenito ufficiale.
Cesare infatti, volendo assicurarsi il sostegno francese per consolidare i suoi domini in Romagna, iniziò a considerare il cognato come un rivale e nel luglio del 1500 organizzò ai suoi danni un primo attentato andato fallito, per poi concludere l'opera un mese più tardi per mano di un altro sicario che strangolò il convalescente Alfonso nella stanza in cui si stava riprendendo dalle ferite.
Per Lucrezia fu un punto di svolta perché per la prima volta lei, così attaccata alle sorti del clan familiare, capì che era venuto il momento di staccarsene.
Accettò di risposarsi per la terza ed ultima volta col principe Alfonso d'Este, figlio del Duca di Ferrara, solo per allontanarsi da Roma e dai suoi ricordi.
A inizio del 1502 Lucrezia fece il suo ingresso ufficiale nella città di cui, alla morte del suocero Ercole, sarebbe diventata la degnissima duchessa, iniziando una vita nuova e finalmente normale nei panni di moglie premurosa e madre affettuosa di ben sei figli.
Con la cognata Isabella d’Este avrebbe formato la formidabile coppia delle “Signore” del Rinascimento italiano, brillando finalmente di luce propria non solo come reggente dello Stato durante le frequenti assenze del marito, ma anche come protettrice di artisti e benefattrice dei suoi sudditi.
Alla sua morte, universalmente compianta, fu inumata in abiti da penitente nella Cappella del Monastero del Corpus Domini di Ferrara, dove ancora oggi la suorina di guardia, se richiesta, da dietro alle sbarre della clausura indica ai visitatori la sua lastra tombale.

Immagine: “Presunto ritratto di Lucrezia Borgia”, particolare della “Disputa di Santa Caterina”, affresco del Pinturicchio, 1492-1494, Appartamento Borgia, Musei Vaticani.
 

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