La libertà di licenziamento non è un diritto costituzionale.
di Arturo Scotto.
Leggo da diversi giorni articoli strabilianti dei principali quotidiani italiani. Ovviamente tutti scritti da professori con tanto di dottorato in economia, cattedra universitaria e innumerevoli pubblicazioni. La tesi è semplice: se vogliamo far ripartire l’economia bisogna togliere il blocco dei licenziamenti. Così finalmente si potranno fare le ristrutturazioni aziendali e poi ricominciare ad assumere. E’ un po’ come dire: per andare da Roma a Genova passo prima da Napoli.
Non so in quale manuale di economia questa tesi abbia mai trovato qualche fondamento, ma stento a capire come si faccia più occupazione licenziando qualche decina di migliaia di lavoratori in pieno stato di emergenza. Confindustria chiede questo dal primo giorno del Covid: mano libera sul lavoro e sgravi fiscali generalizzati. Non uno straccio di idea su come far ripartire gli investimenti e programmare le risorse del recovery fund.
Stessa musica da alcune parti della maggioranza di Governo che si candidano ad essere sempre e comunque i megafoni della voce del padrone.
Io la penso come Landini: bisogna difendere il lavoro che c’è oggi se vuoi crearne altro. Ci aspettano mesi troppo complicati e non possono pagare sempre gli anelli più deboli della catena.
La libertà di licenziamento non è un diritto costituzionale.
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