Ho letto il libro di Cremaschi, esponente di primo piano di Potere al Popolo: "Liberalfascismo". Il titolo ha un suono un po' sinistro (in più sensi) perché rimanda alla teoria del socialfascismo che fu sostenuta dal Comintern tra la fine degli anni '20 e l'inizio degli anni '30. Ebbe esiti piuttosto infelici e fu poi sostituita dalla strategia dei fronti popolari.
Il testo di Cremaschi, più un pamphlet polemico che un lavoro analitico, su molti punti anche piuttosto superficiale, presenta quattro concetti fondamentali.
1) la critica agli sviluppi del capitalismo è prevalente di tipo morale. Gli effetti negativi del capitalismo sono fatti risalire ai comportamenti soggettivi delle classi dominanti interessate a mantenere potere e denaro. Questo è indubbiamente vero, ma è assente l'idea che le classi dominanti reagiscano (differenziandosi al proprio interno) a contraddizioni strutturali del capitalismo stesso. In questo senso è una critica che può essere considerata pre o post-marxista.
2) la dimensione globale dell'evoluzione del capitalismo è letta attraverso le categorie geopolitiche. L'Occidente da un lato che declina e le nuove potenze ascendenti che aspirano al multipolarismo. I soggetti protagonisti della scena mondiale (tendenzialmente semplificata in due fronti) sono gli Stati più che i soggetti sociali.
3) tutti i paesi occidentali (qui non è chiaro che cosa succeda nell'altro campo "multipolarista") tendono a "fascistizzarsi". Ci sono i fascisti veri e propri, che vanno combattuti (qui è la differenza con i cosiddetti "rossobruni"), e poi ci sono i "liberali". In questa vasta categoria ricadono tutti coloro che si trovano fra i fascisti e Cremaschi. I liberali, anche se si dichiarano antifascisti, sono i veri responsabili della "fascistizzazione", sia perché con le loro politiche spingono settori popolari a rivolgersi ai fascisti veri, sia perché essi stessi perseguendo la guerra e giustificandola con il razzismo, assumono i contenuti del fascismo. Chi è per la guerra è tendenzialmente fascista. Non è chiaro se anche Melenchon che sostiene l'invio di armi all'Ucraina debba considerarsi in via di fascistizzazione. Ovviamente da questa analisi deriva che non si giustifica un'alleanza con i "liberali" per battere i fascisti.
4) non si può dire che da queste analisi derivi una vera e propria strategia politica, se non quella del mai allearsi coi "liberali" (che sono poi quasi tutti) per le ragioni dette sopra. Intendo per "strategia politica" qualcosa che Gramsci definiva così: "ogni analisi concreta dei rapporti di forza acquista un significato solo se serve a giustificare una attività pratica, una iniziativa di volontà...a mostrare i punti di minore resistenza, dove la forza della volontà può essere applicata più fruttuosamente, suggerire le operazioni tattiche immediate, come meglio impostare una campagna di agitazione politica, quale linguaggio sarà meglio compreso dalle moltitudini... l'elemento decisivo di ogni situazione è la forza permanentemente organizzata". Prevale invece l'attesa dei "movimenti" e delle "ribellioni" che dovrebbero miracolosamente sbloccare la situazione e modificare i rapporti di forza.
Detto questo, a mio parere, il libro non vale granché ma è comunque interessante perché è la base teorica (anche se forse la definizione è eccessiva) di una progettata ristrutturazione dell'estrema sinistra basata sulla convergenza tra Potere il Popolo e una parte di Rifondazione Comunista.
 

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