Gentilissimo Victor Fadlun

In un'intervista al Foglio, Lei mi attacca per il mio intervento alla Marcia della pace di Assisi di sabato scorso, con accuse gravi e ingiustificate. In nessun modo le mie affermazioni possono essere intese come dirette a trasferire le precise responsabilità del governo Netanyahu sul popolo israeliano o sulle comunità ebraiche. Lei sostiene che "Israele sta conducendo una guerra di difesa" e "difende valori fondamentali: la libertà, l'umanità, la civiltà dei diritti". 

Nella sua intervista non leggo parole di condanna per la criminale strategia che il governo Netanyahu sta perseguendo e che ha sin qui prodotto la carneficina di oltre 41 mila civili a Gaza, di cui 17 mila bambini. Ci rendiamo conto che l'orribile attacco di Hamas - che io ho subito qualificato come terroristico e condannato fermamente-non può giustificare tutto questo? Che carattere "difensivo" possiamo attribuire a una strategia militare così indiscriminatamente distruttiva? 

Non siamo di fronte a qualche estemporaneo "effetto collaterale", frutto di qualche isolato errore nell'ambito di un pur cruento conflitto bellico. Sono vite umane! Vite che - per chi avverte forte il senso di umanità - non possono pesare meno delle vittime del 7 ottobre, pure innocenti. 

Nella sostanza, il governo israeliano ha disposto unilateralmente la sospensione del diritto internazionale umanitario. Questa "licenza" di agire in palese violazione di qualsiasi regola di diritto internazionale non può essere riconosciuta a nessuno stato. Se passasse il principio che, di fronte a un pur orribile attacco, la reazione possa essere quaranta volte più sanguinosa, estendendosi anche a civili inermi, la legalità internazionale semplicemente non esisterebbe più e torneremmo all'antica legge del più forte. 

È per queste ragioni che non posso tacere mentre si scrivono pagine rossosangue di questa nuova barbarie. Presidente Fadlun, io non ho nulla da dimostrare in materia di antisemitismo. I fatti parlano per me. Lei non era ancora presidente della comunità ebraica di Roma quando da premier ho fatto adottare, nel 2020, la definizione operativa di antisemitismo dell'Ihra e, per la prima volta, ho istituito a Chigi il ruolo di Coordinatore nazionale per la lotta contro l'antisemitismo. Lei invece era presente quando, a pochi giorni dal terribile attacco terroristico di Hamas contro Israele, sono venuto in sinagoga, a Roma, per portare la solidarietà mia e del Movimento 5 stelle alla comunità ebraica, sconvolta dalla vile crudeltà dei terroristi di Hamas e straziata dal dolore per questa brutale violenza. 

In quella occasione, con trasparenza e chiarezza, anticipai che se la giusta reazione di Israele si fosse trasformata in una rappresaglia contraria al diritto umanitario internazionale, non avrei esitato a pronunciare parole di condanna. L'auspicio che portai in quell'incontro - e che oggi rinnovo - è di unire i nostri comuni sforzi per continuare a costruire un cammino di pace e sicurezza per Israele e per la popolazione palestinese. Lei era altresì presente quando, lo scorso dicembre, siamo scesi senza esitazioni in piazza del Popolo per condannare, insieme a voi, antisemitismo e terrorismo. Presidente Fadlun, la visione unilaterale che lei ha riassunto nell'intervista non aiuta la "causa" di Israele. 

Sembra sottovalutare che il terreno più fertile per l'antisemitismo che si sta diffondendo nel mondo è nell'odio e nella disperazione generati dalla disumana reazione del governo estremista di Israele. Chi vuole combattere l'antisemitismo presente e futuro oggi deve alzare la voce e condannare senza mezzi termini la folle strategia del governo Netanyahu. Non ho mai messo in discussione il diritto di Israele di esistere e di difendere i propri confini. Ma questi confini non possono essere estesi di continuo con occupazioni abusive e aggressioni violente come sta avvenendo in Cisgiordania. Né tanto meno è accettabile il progetto del ministro dell'Istruzione israeliano Kisch, che vuole ridefinire i confini del Libano e ha appena dichiarato: "Il Libano sarà annientato. Il Libano come lo conosciamo cesserà di esistere". A Israele non mancano mezzi e tecnologie per proteggere il suo popolo. 

Se però vogliamo preservare le regole del diritto internazionale e il principio di umanità, dobbiamo dire forte e chiaro che non può essere consentito, a chi possiede la più avanzata tecnologia informatica, di far esplodere, contemporaneamente, dispositivi elettronici intestati a presunti nemici, a prescindere da dove e con chi si trovino in quel momento: al bar o in famiglia, can bambini e altre persone innocenti o con altri miliziani. Se non fissiamo una linea rossa può ben immaginare quali sviluppi potrebbero avere attacchi di questo tipo, in futuro, da parte di attori incontrollabili che fanno esplodere reti info-telematiche e dispositivi elettronici che ci portiamo addosso e che utilizziamo tutti, in casa, in ufficio, in automobile. E' per questa ragione che ci sentirà, anche in futuro, chiedere can fermezza: la condanna di Netanyahu e dei suoi ministri ultra-radicali e l'assunzione di sanzioni nei loro confronti; l'embargo assoluto di armi verso Israele; il ritiro del nostro ambasciatore. È per questo che ci vedrà, anche in futuro, lavorare tenacemente per la prospettiva di due popoli per due stati: Israele e Palestina.

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