di Gian Filippo Della Croce

PERUGIA - Stiamo vivendo nell’inquietante scenario della politica italiana a tutti i livelli, un incredibile periodo di metamorfosi. Trasformazioni, cambiamenti, mutamenti radicali, in un crescendo parossistico come mai nella storia politica della nostra Repubblica si era mai visto.

La metamorfosi è la cifra di lettura di quella che già qualcuno definisce “terza Repubblica” e siamone certi, niente sarà più come prima, perché la metamorfosi è veramente un cambiamento di stato delle cose irreversibile come ne parla un illustre vocabolario della lingua italiana che la definisce “cambiamento di forma, trasformazione di persona o cosa in altra di diversa natura.” Una lenta, ma inequivocabile metamorfosi è quella che sta accadendo al nuovo governo dei “professori”, che si sta trasformando sempre più in un governo politico a tutto tondo, a cominciare dal nuovo ministro dello sviluppo economico, che non è un professore ma un banchiere da 6 milioni di euro annui di stipendio quando era alla guida di Banca Intesa, di cui ancora possiede un bel gruzzolo di azioni, delle quali ha però tenuto a sottolineare, intervistato da Fazio nel suo programma televisivo, si libererà quanto prima in quanto intende trasformarsi in un politico perché ha dichiarato “il lavoro per il bene comune è di quanto più bello si possa fare” che detto da un banchiere è veramente incredibile, una bella metamorfosi , che sarebbe anche interessante conoscere sul versante del suo stipendio.

Segue Elsa Fornero, piccolo (di statura) ministro del welfare che da fragile professoressa commossa nell’annunciare i tagli ai pensionati, si è trasformata in un falco all’attacco dell’ultimo baluardo dei diritti dei lavoratori: l’articolo 18, da lei dichiarato “non più intoccabile” e sul quale ha promesso di andare avanti come un treno per il suo superamento senza nessun confronto con le parti sociali. Segue anche il sottosegretario Catricalà, che da accomodante responsabile della commissione antitrust si è trasformato in accanito avversario delle corporazioni che pervadono la nostra società. Questi alcuni degli esempi più eclatanti di metamorfosi in atto, ma come abbiamo detto la metamorfosi sta interessando tutto l’aspetto del governo Monti , che ormai a corto di argomenti “professorali” , ovvero di risultati concreti da mettere a disposizione della crescita del Paese, è sempre più politico quando propone soltanto tagli, tasse e affini, all’insegna della più palese iniquità.

Perché siamo in presenza anche di una metamorfosi culturale, dove “iniquità” diventa “equità”, dove “urgenza” diventa “arroganza”, dove l’agire senza concertazione con le parti sociali diventa un virtuoso modo di governare, come quello di chiedere ai più deboli ciò che deve essere chiesto ai più forti. Una metamorfosi culturale che sta interessando lo stesso modo di far politica, un “modello Monti”, cioè un modello sganciato da qualsiasi obbligo di alleanze, di confronti, di intese, un modello senza pregiudiziali, che viene spacciato come innovativo e non è altro che la classica negazione di uno dei valori sui quali è basata la nostra democrazia parlamentare, quello della rappresentanza. Attenti alle tentazioni, dal momento che se ne sente parlare anche dalle nostre parti, dove qualcuno comincia ad avere voglia di metamorfosi.
 

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