Kohl, un gigante politico. I conti della lezione tedesca e di quella italiana
di Sandro Roazzi
Che Helmut Kohl abbia avuto un gran coraggio da politico di razza nel riunificare la Germania è ormai storia indiscutibile. Scavalcò le ansie dei leader europei come un panzer, superando anche i dubbi di Gorbaciov, leader di quella Unione Sovietica che faceva scaldare i carri armati per molto meno. Non fu però... un cavaliere solitario. Faremmo torto alla storia se non ricordassimo che in quello stesso periodo una altra grande figura di Papa, Giovanni Paolo II, il pontefice polacco, sparigliò il tavolo con la sua carismatica azione e lʼapporto non meno coraggioso ed audace di Solidarnosc. Entrambi, Kohl ed il Papa, erano europeisti convinti. In un libro del 2000 un sindacalista vissuto a lungo in Germania, Nestore di Meola, ricordava la complessa vicenda del rapporto fra le due Germanie, ricca di accordi sottobanco e di rapporti degni di una spy story. E rammenta anche che quella Germania unita viveva una difficile evoluzione fatta di due società divise, forse troppo frettolosamente unificate.
Quel libro, “Berlino, quel muro cʼè ancora”, mai smentito, ripercorrerà anche i...modi con i quali si faceva politica in Germania con finanziamenti occulti che persero lo stesso Kohl, senza però fargli perdere il rispetto dei tedeschi. Finanziamenti che probabilmente, sostiene il libro, arrivavano da industriali e finanzieri raccolti attorno al cosiddetto circolo di Hosel e che puntavano non solo verso la Cdu, ma anche verso la Csu di Strass, i liberali e lambivano perfino la Spd. Insomma...tutta Europa era paese. Caso curioso è che fra gli intermediari, secondo le fonti del libro, cʼera un personaggio noto della...Stasi della Germania dellʼest.
Verosimili o meno quelle congetture, nella sua Germania Kohl, e non solo lui, faceva politica come (forse peggio) altri politici europei. Come Craxi, tanto per fare un nome familiare. Ebbe discredito lo statista tedesco, ma non certo monetine e girotondi. Fu accantonato, ma il sistema politico tedesco non crollò, né ci fu un Di Pietro tedesco che mise i piedi nel piatto. Anzi la politica tedesca conservò il suo primato, mentre le scelte caparbiamente volute da Kohl non furono messe in discussione ed aprirono scenari nuovi, anche se ancora non stabili, nellʼest europeo. Lo stesso cambio un marco contro un marco imposto da Kohl, bestialità economica, fece invece in modo che la Germania non solo superasse le distanze fra aree, peraltro ancora non del tutto colmate, ma riuscì con la successiva forza economica ed i surplus conseguenti a far pagare un pezzo di quel costo pure agli altri europei. La solidità politica e sociale permise tutto questo, ovvero la Germania che è oggi pilastro scomodo ma reale di una Europa che cerca di...fare da sola. Con un colpo di spada il discusso Kohl tagliò il nodo gordiano delle due Germanie. E sarà ricordato per questo. Dopo di lui la tenuta politica del sistema produsse la Merkel, Schauble, ed altri esponenti politici, tutti di spessore. Da noi, tanto per segnalare una differenza, intanto muoveva i suoi passi la seconda Repubblica rissosa, inconcludente, con una classe dirigente non certo allʼaltezza di quella tedesca, con ampi spazi di impunità nel campo della corruzione, come poi si è visto. Cʼè da meditare.
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