da AngeloDorsi.wordpress.com.

A proposito di “emergenza”, rimane, a mio avviso, al primo posto l’informazione, in questo Paese. O meglio la disinformazione, dei media, a cui si aggiunge quella dei social, troppo sovente, anche se, nello stesso tempo,contraddittoriamente, le reti sociali sono uno straordinario messo di controinformazione gratuito e diffuso. Questo vale per il “Covid” (o Coronavirus), autentico festival della disinformazione, in cui politici nazionali, amministratori locali, spesso secondati da specialisti in cerca di notorietà, stanno imbottendo il cranio del popolo italiano di mezze verità ossia di mezze menzogne, con l’effetto-panico che è sotto i nostri occhi.

Ma l’emergenza informazione concerne ogni ambito: ma specialmente la politica internazionale: America Latina, Medio Oriente, Russia, per citare solo tre aree geopolitiche, sono terreni sui quali la costruzione del nemico va di pari passo con l’occultamento della verità e con narrazioni di comodo, prive di qualsivoglia fondamento nella realtà dei fatti e nella loro base storica.

Leggevo la cronaca di un corrispondente da Londra del quotidiano “la Repubblica”, che con la direzione di Carlo Verdelli è riuscito a peggiorare rispetto al mediocre risultato della precedente direzione di Mario Calabresi. Tanto quella era sotto tono, tanto questa è sovra-tono, con titoli gridati che vorrebbero scimmiottare forse “Il Manifesto” e le sue mitiche prime pagine, ma risultano soltanto ridicoli. Per il resto si tratta ormai di un giornale quasi di gossip, non così diversamente peraltro dai suoi (falsi) concorrenti.

Il surriferito corrispondente, tale Antonello Guerrera, raccontava un paio di giorni fa dell’inizio dell’infame processo a Julian Assange, per l’eventuale estradizione negli USA, dove lo aspettano condanne (probabilmente già decise in caso di estradizione) a circa due secoli di prigione. Per quale colpa? Aver detto la verità, ossia quello che i non sanno fare, o meglio non vogliono fare, i sedicenti giornalisti de “la Repubblica”, nella loro ampia parte, come delle altre testate padronali, che sono espressione di gruppi finanziari che possiedono ormai i 4/5 della carta stampata.

Dunque il corrispondente da Londra, si diletta nella descrizione ambientale, nel quadretto di colore, soffermandosi sulle “mise” delle signore, sul “maglioncino platino” dell’imputato Assange, e così via, con un tono faceto, quasi come se tutto fosse una festicciola per esperti di pettegolezzo modaiolo.

E invece no. Qui si tratta della vita di un individuo, che non esito a definire un autentico eroe dei nostri tempi, Julian Assange, che ha subito da anni una persecuzione che va oltre ogni limite, e che sta rischiando ora di peggio. E, ripeto, la sua colpa è avere svelato ai popoli di che lagrime e di che sangue grondi il potere, specialmente quello che si raggruma nella grassocce ma tutt’altro che innocenti mani del presidente degli USA.

Con ambigua “prudenza” il giornalista conclude: “Assange, criminale o martire della libertà?”

Un interrogativo non solo squalificante per una persona pagata per accertare la verità e raccontarla (il giornalista), ma che suona come un dubbio infamante, nei riguardi di una persona che ha fatto tutto ciò che ha fatto, e ha subito tutto ciò che ha subito, proprio in nome della verità, ossia della trasparenza del potere, che come insegnava il mio maestro Bobbio, è il primo requisito della democrazia.

Ci stiamo battendo troppo poco per Assange, un vero angelo della democrazia, come è stato appellato. Siamo pronti a scendere in piazza, a fare striscioni, sit-in, flash mob, e quant’altro per chiunque o quasi, ma di Assange sembra non fregarci nulla. Perché?

Nel video si può trovare una rapida, efficace sintesi della vicenda Assange, una vicenda che grida vendetta e che dovrebbe chiamarci tutti alla mobilitazione.

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