di Antonello Taccini

Giovanni Dozzini – QUI DOVEVO STARE – Fandango libri

Luca Bregolisse, detto il Brego, è un normale cittadino che vive la sua quotidianità in una costante lotta nella “giungla” della vita, con un atteggiamento di perenne e quasi nevrotica insoddisfazione per come gli vanno le cose. Le frustrazioni, le rabbie, le paure e preoccupazioni quotidiane puntellano la sua giornata di imbianchino e di uomo di famiglia che non riesce a trovare intorno a lui i motivi ma soprattutto i valori nei quali in parte credeva: quelli frutto del retaggio familiare, politico e culturale del suo passato fatto di Feste dell’Unità da bambino insieme al padre comunista, di Case del Popolo e di Centri Sociali da giovane studente perugino. Il Luca uomo attuale, invece, si muove in uno scenario di provincia, quella umbra, come tante, e qui snoda la sua quotidianità in un lasso di tempo di sedici giorni dove si racconta in prima persona, in un costante e ripetitivo monologo interiore che costringe sempre più il lettore ad “entrare” dentro la sua testa ed i suoi pensieri.
Luca, il “Brego”, vive la quotidianità di un lavoro con un operaio marocchino, Nabil, verso il quale nutre sentimenti contrastanti tra intolleranza e solidarietà. Con Nabil condivide parte del suo tempo e spesso i problemi di quest’ultimo e di un figlio, Mohammed, capace di infilarsi nei guai e che crea solo grattacapi. Luca vorrebbe una società più “giusta”, con maggiore giustizia, equità, sicurezza senza furti e pericoli, una migliore condizione per sé e la sua famiglia. Ed in tal senso, si sente tradito nei suoi valori d’origine da quei referenti culturali e politici che avevano formato la testa di suo padre, per riflesso di sé stesso e la coscienza di tanta gente che credeva in una precisa sinistra politica. Ed ecco che ad un certo punto, piano piano, Luca entra in un vortice di sentimenti negativi e di insoddisfazioni che lo portano a cercare una risposta alternativa a questa personale condizione umana e psicologica, attraverso un ultima e disperata occasione per cambiare qualcosa del suo vivere. E lo fa scegliendo un’altra via politica, un’altra strada, un altro luogo lontano e nuovo, magari sacrificando la sua presenza al funerale del suo migliore amico per la completa adesione al nuovo candidato politico che vuole divenire per “cambiare le cose”.
Con questo libro, lo scrittore perugino Giovanni Dozzini ritorna con un romanzo, vero, crudo e attuale che, attraverso le vicende del suo protagonista, ci rimanda lo spaccato di una provincia italiana tra le tante, di come culturalmente e politicamente sia cambiata nel tempo, nella deriva populista, comune in gran parte al resto dell’Italia. In tal senso il personaggio che Dozzini mette in scena, incarna l’italiano simile a tanti altri; in parte xenofobo, intollerante, farcito di stereotipi e luoghi comuni, ma soprattutto senza più quei riferimenti politici e culturali che, a sua detta, lo hanno tradito e che non danno più risposta alle sue rabbie, frustrazioni ed insoddisfazioni. Da qui il “salto del fosso” verso riferimenti ad una cultura e politica di destra che il Brego sposa, seppur anche di questa cosciente dei suoi reali scopi ed ipocrisie, ma che vede come ultimo e disperato salvagente per svoltare la sua esistenza.
Intorno a il “Brego”, di fatto, si muove una società di provincia molto attuale ed è per questo che il libro può definirsi a tutti gli effetti anche un romanzo storico, dove le vicende del singolo si muovono in un preciso momento temporale, in definito sfondo socio - culturale e politico. Un romanzo che è un opera anche di riflessione per il lettore, soprattutto per chi ha vissuto la realtà umbra dell’ultimo mezzo secolo e oltre, con le trasformazioni che l’hanno investita, come, del resto, gran parte del Paese; frutto spesso di errori, di precise scelte e molto di più di “valori traditi” e mai del tutto attuati in una moderna società ed un nuova coscienza civile fatta, come cita la frase inserita di quarta in copertina, di meno “dolore e paura”.

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