La vicenda giudiziaria che coinvolge Gesenu pone alla società umbra e alla politica problemi tra loro collegati, che però è utile individuare con chiarezza e distinguere. C'è infatti un problema che riguarda la gestione del ciclo dei rifiuti, e impone in tempi brevi una revisione critica del Piano regionale approvato lo scorso anno: una questione della massima importanza, che dovrà essere oggetto del dibattito politico e dell'attività del Consiglio regionale e non potrà non tener conto di osservazioni e proposte che da tempo provengono da associazioni e comitati attivi sul territorio e
delle acquisizioni di una matura cultura ambientalista, concretizzando l'obiettivo “rifiuti zero” attraverso la generalizzazione della raccolta differenziata e di pratiche di riciclo. E c'è, al tempo stesso, la necessità di ripensare il modello di gestione attraverso società miste pubblico-privato che, alla prova dei fatti, sembrano mettere insieme il peggio dell'una e dell'altra componente: occupazione partitocratica di spazi e via libera ad interessi leciti e illeciti, a spese dei cittadini e sulla loro pelle.
Ma il problema senz'altro più inquietante riguarda la penetrazione di interessi e poteri malavitosi in Umbria. Fino a ieri, grazie anche all'impegno di Libera e agli esiti della indagine della Commissione regionale antimafia, sapevamo di una presenza mafiosa che coinvolge interessi privati e attività criminose, se così si può dire, “ordinarie”: droga, usura, gioco d'azzardo, investimenti immobiliari. Le recenti iniziative della magistratura configurano però una possibile penetrazione nel campo, delicatissimo, delle società multiservizi a partecipazione pubblica. Sarebbe, se l'ipotesi investigativa fosse confermata, un drammatico salto di qualità, una ferita oscena al tessuto civile della regione. Il primo obiettivo dei cittadini umbri deve quindi essere quello di conoscere la verità: se questa infiltrazione c'è stata, quali canali ha utilizzato, quali reti di interessi ha messo in atto. Per questo occorre guardare con fiducia al lavoro della magistratura, ed occorre anche che la Commissione di indagine istituita dal Consiglio regionale abbia un mandato chiaro e lavori in tempi certi, con ampi poteri e con la necessaria autorevolezza. Il che implica che le diverse forze presenti nel Consiglio Regionale siano pienamente impegnate nella stessa e rappresentate al massimo livello, e non diano l'impressione di sottovalutarne l'importanza. Per quanto ci riguarda, riponiamo piena fiducia nel contributo che Giuseppe Biancarelli saprà dare ai lavori della Commissione, ai fini di un pieno accertamento dei fatti.

Il coordinamento regionale di Umbria più uguale

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