di Maria Pellegrini.

Il tradizionale modello della matrona romana, che risale alle origini della repubblica, era quello di una donna dal comportamento integerrimo, dedita esclusivamente alla gestione della casa e all’educazione dei figli. Al tramonto della repubblica romana, nella seconda metà del I sec. a. C., l’evoluzione della realtà politica, sociale, giuridica ed economica aveva portato le donne a ottenere una sempre maggiore visibilità e a occupare un ruolo pubblico, tuttavia anche quelle più emancipate, pur rimanendo sempre sotto il controllo degli uomini, furono descritte dagli storici antichi come creature avide di potere e sessualmente disinibite.

Fulvia, nota soprattutto per essere stata la prima moglie del triumviro Marco Antonio, è una delle figure femminili che più rappresentano la trasformazione in atto negli ultimi decenni del I secolo a.C. per quanto riguarda il comportamento delle matrone romane. Discendente di Scipione l’Africano, imparentata con i Gracchi, Fulvia è stata descritta dagli storici come una donna trasgressiva che non amava occuparsi della casa e delle tipiche faccende femminili preferendo piuttosto interessarsi alla politica, attivamente e in prima persona. Il suo ritratto, trasmesso dalle fonti letterarie, fu elaborato facendo sempre riferimento alle figure maschili cui era legata. I suoi intrighi politici a favore dei vari mariti avevano lo scopo di favorirli, ma le sue ambizioni personali le attirarono molto odio anche se le critiche dei suoi detrattori erano in gran parte motivate dall’avere occupato uno spazio politico, tradizionalmente chiuso alle donne romane.

Il giudizio negativo che le fonti ci hanno dato su di lei riflette l’ostilità degli storici nei confronti dei tre mariti che Fulvia ebbe. Il primo, Clodio, il famoso o famigerato tribuno della plebe, agitatore instancabile e spesso demagogico, nemico giurato di Cicerone, era addirittura passato dall’ordine aristocratico della sua famiglia a quello plebeo, mutando il proprio nome Claudio nel plebeo Clodio, per far parte dei populares, schieramento politico che potremmo definire democratico, in opposizione a quello degli optimates cioè degli aristocratici, ma pagò con la vita la sua scelta: in uno scontro di bande armate delle due opposte fazioni, fu ucciso da Milone, capo d’una squadraccia di parte aristocratica. Lo storico Valerio Massimo, attestando l’influenza della donna su Clodio, scrive che era “soggetto al potere di una donna” e che ottenne il favore della plebe “attaccato alle gonne di Fulvia”. Fin dal suo primo matrimonio è dunque attestato il suo ruolo di donna emancipata che si occupa di politica ed è sempre accanto al suo uomo influenzandone le decisioni. Ma Fulvia mostrò, dopo la morte di Clodio, il suo attaccamento al marito difendendone la memoria. Infatti andò a prendersi il cadavere, lo riportò in città e lo fece deporre nella Curia. In seguito presenziò al processo contro Milone la cui difesa era stata affidata a Cicerone. Si era presentata vestita a lutto e accompagnata dalla madre. Di fronte alle sue lacrime, i presenti e la giuria si commossero: il difensore non se la sentì neanche di parlare e Milone fu condannato.

Tuttavia, nonostante il dispiacere per la perdita del marito, Fulvia prese a vedersi con Curione, giovane del clan di Clodio, ottimo oratore, che dopo una fase di adesione al partito degli optimates, era passato al partito cesariano. Terminati i dieci mesi di lutto, Fulvia lo sposò. A gennaio del 49 a. C. Cesare varcò in armi il Rubicone, scatenando la guerra civile e convinto delle doti militari di Curione, lo spedì in Sicilia contro i seguaci di Pompeo e poi in Africa, dove fu ucciso, fedele quindi al suo capo democratico. Era la metà di agosto del 49 a.C., Fulvia restava vedova per la seconda volta.

Sebbene non sia possibile valutarlo con esattezza, si è supposta una influenza di Fulvia anche nelle scelte politiche di Curione, ma quel che è sicuro è il suo coinvolgimento nella vita politica del tempo. Schierata per tradizione familiare e personale dalla parte dei populares, aveva infatti sposato due uomini della sua stessa parte politica, tutti e due purtroppo periti di morte violenta. Il matrimonio con Curione fu breve e non sappiamo quasi nulla in proposito. Dopo un breve lutto divenne amante di Marco Antonio che sposò nel 44 a.C. Malignamente Cicerone disse che sarebbe stata fatale anche al terzo marito come lo era stato per i primi due.

Plutarco a proposito di questo matrimonio scrive: “Antonio prese in moglie Fulvia, donna che non badava a filare la lana e alle faccende domestiche né si accontentava di dominare un privato cittadino, ma voleva governare un governante, comandare un comandante. Per cui Cleopatra fu in debito a Fulvia di aver insegnato ad Antonio il predominio femminile, ricevendolo fin dall’inizio del tutto mansueto e ammaestrato a obbedire alle donne”. La cattiva fama che circondava Fulvia prima del suo matrimonio con Antonio, quella di donna impudica, cambiò repentinamente: Fulvia si dedicò interamente alla carriera politica del marito per fare in modo che raggiungesse il potere per poterlo poi condividere a pieno titolo.

Quando ci fu il secondo triumvirato (43 a.C.) tra Ottaviano, Antonio e Lepido, Fulvia prese parte alle proscrizioni, anzi secondo lo storico Cassio Dione (dell’inizio del III sec. d. C.) fu personalmente responsabile della morte di un gran numero di proscritti che fece giustiziare sia per inimicizia che per impossessarsi dei loro beni. Lo storico si dilunga, più diffusamente di altre fonti, sulla crudeltà di Fulvia quando ebbe dinanzi agli occhi la testa mozzata di Cicerone, che venne fatto uccidere su incarico di Marco Antonio il 7 dicembre del 43 a. C. nella sua villa di Formia. È comprensibile l’odio di Fulvia per Cicerone che aveva mandato in esilio il suo primo marito Clodio, nelle Filippiche aveva parlato con astiosa bile di lei, delle sue ingerenze nella vita politica e amministrativa, e inveito contro il suo terzo marito Antonio, ma la sua crudeltà, secondo il racconto di Cassio Dione, raggiunse aspetti raccapriccianti. Fulvia avrebbe posto la testa decapitata dell’oratore sulle ginocchia, le avrebbe sputato sopra in evidente segno di disprezzo, e rivolgendo al morto una serie di insulti volgari ne avrebbe aperto la bocca e strappato la lingua, e con grande sadismo avrebbe utilizzato le forcine da capelli per trafiggere la lingua dell’oratore che in tante occasioni aveva parlato contro Antonio. Nessuno di questi particolari orribili si trova nello storico Appiano che si serve di una fonte più favorevole ad Antonio e ai suoi, anche se fa ricadere su Fulvia la responsabilità della morte di Rufo, perché in passato si era rifiutato di aderire alla richiesta di acquistare la sua casa sul Palatino dove ora lei fece esporre proprio la testa di Rufo che Antonio le aveva fatto recapitare. Appiano segnala anche la durezza di Fulvia nei confronti delle donne dei proscritti. Dalle fonti quindi - a parte qualche esagerazione - c’è la testimonianza di un carattere altero, passionale e temerario.

L’attività politica di Fulvia in sostegno del marito diventò frenetica nelle vicende che precedettero e accompagnarono la guerra di Perugia combattuta dal fratello di Antonio, Lucio, affiancato da Fulvia che seguiva gli interessi di Antonio contro Ottaviano. Cassio Dione e Appiano la ritraggono “cinta di spada” al comando di schiere di soldati intenta a disporre arruolamenti di truppe, ad arringare soldati, ad operare scelte strategiche impartendo disposizioni operative, ed entrando in relazione da superiore con gli altri comandanti sul campo. L’interferenza di Fulvia in ambito militare fu ciò che in gran parte determinò la condanna della sua memoria. Fu definita intrigante, arrogante, avida di potere, astuta, tutti aspetti che si riconoscevano positivi se appartenessero a uomini, negativi per le donne che le si voleva sempre docili e sottomesse.

Di lí a poco questa donna appassionata, veemente, crudelmente determinata, morí in Grecia, dove si era rifugiata dopo la sconfitta nella quale la coalizione contro Ottaviano risultò sconfitta (40 a.C.). Incontrando Antonio che di passaggio tornava in Italia, fu ferita dai suoi rimproveri: l’accusava di aver causato la guerra di Perugia e di aver minato la sua alleanza con Ottaviano con il quale, tornato in Italia, si affrettava a far la pace, gettando su Fulvia tutte le colpe.

La propaganda ostile a Fulvia raggiunse il suo vertice più di un secolo dopo la sua morte, con Marziale che in un epigramma sferrò un violento attacco contro Fulvia sotto forma di dialogo attribuito dall’autore ad Augusto stesso: Fulvia venuta a conoscenza dei tradimenti di Antonio, per vendicarsi si offrì ad Augusto per un rapporto amoroso. Avutone uno sdegnoso e irridente rifiuto, la donna placò l’offesa provocando una rottura tra Augusto e Antonio, scatenando la guerra di Perugia. L’epigramma è audacemente osceno, e si conclude con la decisione di Augusto di combattere contro Fulvia piuttosto che cedere ai suoi giochi amorosi.

L’epigramma mira ad attribuire la responsabilità della guerra di Perugia alla lussuria e al desiderio di vendetta di una donna. L’atteggiamento di Fulvia, che prende l’iniziativa in campo sessuale, è messo alla berlina dal poeta e denota la sua mentalità misogina, ma anche quella dei suoi contemporanei che ritenevano disdicevole in una donna ciò che era legittimo per gli uomini, prigionieri della tradizione che condannava qualsiasi tipo di intromissione femminile nel campo esclusivamente maschile.

Molti romanzi storici, con una compiaciuta fantasia erotica, hanno rappresentato Fulvia amante di personaggi influenti o plebei, ai quali, assetata di sesso si offriva, noi invece vogliamo ricordarla descrivendo il ritratto che appare sulle monete del tempo: un collo snello, sul quale si leva una testa altera: naso affilato, fronte un poco inclinata indietro, labbra sottili, gran massa di capelli artisticamente acconciati alla moda del tempo; un ritratto di donna ambiziosa e sicura di sé.

Immagine: Stampa del 1553 di Fulvia (Tusculum, 77 a.C. – Sicione, 40 a.C.) , moglie del triumviro della Repubblica romana Marco Antonio.

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