di Salvatore Pagano.

«La rovinosa ritirata di Attila attraverso il Reno conferì a Flavio Ezio l'ultima grande vittoria ottenuta in nome dell'Impero Romano d'Occidente.»
(Edward Gibbon)

A differenza del suo predecessore Teodosio II, il nuovo Imperatore Romano d'Oriente Marciano, salito al trono nel 450, decise di non rinnovare gli imbarazzanti tributi che Attila l'Unno era abituato a ricevere in cambio dell'astensione dall'attaccare Costantinopoli.
In quello stesso anno, l'Imperatore Romano d'Occidente, Valentiniano III, giustiziò un custode che aveva una relazione con sua sorella Onoria e obbligò la ragazza a fidanzarsi con il senatore Flavio Basso Ercolano. Onoria decise di inviare proprio ad Attila Re degli Unni una richiesta d'aiuto, insieme al proprio anello, per sottrarsi a questo matrimonio: la sua non era una proposta di matrimonio, ma Attila interpretò il messaggio in questo senso, ed accettò pretendendo in dote metà dell'Impero d'Occidente.
Valentiniano disconobbe la validità della lettera, ma Attila conscio dell'impossibilità di prendere Costantinopoli, decise di rivolgersi verso l'Impero Romano d'Occidente, molto più debole e facile da razziare, ridotto ormai ad essere l'ombra di sé stesso.
Attila mosse quindi verso la Gallia, il ventre molle di quest'Impero decadente, poché divisa da popoli promossi al rango di "foederati" dove i Franchi occupavano la Gallia del nord (tra il Reno e la Marna), i Visigoti si stabilirono in Aquitania e i Burgundi presso le Alpi.
Nella primavera del 451, Attila e il suo imponente esercito attraversarono il Reno saccheggiando Divodurum (Metz) e giungendo ad Aurelianum (Orléans) in giugno.
Il generale Flavio si affrettò a rafforzare il suo esercito, ma in Occidente vi erano ormai pochissime truppe ausiliarie e nessun soldato regolare, così fu costretto a rinforzarsi con i Visigoti di Teodorico e un buon numero di altri popoli Germani presenti nella Gallia romana che erano disposti a difenderla dall'assalto unno, riuscendo a racimolare ben 140.000 uomini, a fronte dei 170.000 di Attila.
Quando oramai Aurelianum stava ormai per cedere all'assalto unno, l'arrivo delle truppe di Ezio convinsero Attila ad interrompere la conquista della città, e decise di ripiegare presso la piana dei Campi Catalaunici, nella speranza di trovare un terreno più favorevole allo scontro.
Flavio Ezio dispose il suo esercito dirigendo personalmente l'ala sinistra del suo schieramento, su quella destra vi era Teodorico re dei Visigoti e al centro dispose gli Alani di Re Sangibano, sulla cui fedeltà si nutrivano seri dubbi (poiché prima che Attila si ritirasse gli stavano aprendo volontariamente le porte della città di Aurelianum) e occupando la parte centrale potevano essere tenuti meglio sotto controllo.
Gli indovini unni predissero ad Attila che il disastro incombeva di lui, ma che d'altro canto uno dei capi dei loro nemici sarebbe caduto nella battaglia. Interpretando ciò come un auspicio della morte del suo acerrimo nemico, Flavio Ezio, Attila decise di affrontare il rischio di una sconfitta pur di vederlo morto e si dispose in battaglia nel pomeriggio, in modo che il tramonto imminente limitasse i danni in caso di sconfitta.
Quando i due eserciti iniziarono a fronteggiarsi ferocemente, ci si rese presto conto, che sulla piana catalauna si levava una collina dai versanti piuttosto ripidi, punto strategicamente fondamentale da controllare, per cui durante lo scontro gli Unni tentarono di salire dal lato destro della collina, i Romani fecero lo stesso dal lato sinistro, ma quando gli Unni riuscirono a guadagnare la sommità del rilievo, trovarono che i Romani l'avevano occupata prima di loro, e ne furono sonoramente respinti, provocando il collasso dell'intero schieramento unno.
Ezio aveva avuto la meglio, e Attila, anche se conscio della sconfitta interpretò male la predizione poiché Ezio non era morto sul campo di battaglia, giacché tale sorte spettò a Teodorico I, re dei Visigoti e alleato di Ezio, che si sacrificò mentre guidava i suoi uomini all'assalto dei nemici in rotta, mentre Attila, ormai ferito, si barricò disperatamente nel suo accampamento dove aveva già fatto erigere una pira funeraria con selle di cavalli.
Il figlio di Teodorico, Torismundo, si accinse ad assaltare l'inerme campo unno, ma ne fu dissuaso da Ezio che lo convinse a rientrare rapidamente a Tolosa per far valere i suoi diritti di successione al trono prima che lo facessero i suoi fratelli. Ezio usò l'identico stratagemma per allontanare anche gli alleati Franchi e lasciò che l'esercito nemico potesse ritirarsi indisturbatamente, poiché la fine della minaccia unna avrebbe portato una maggiore instabilità in Gallia tra i diversi regni romano-barbarici che la ospitavano.
Il mancato colpo di grazia inferto agli unni, in ogni caso, fu utilizzato come pretesto dall'Imperatore Valentiniano III per liberarsi di Flavio Ezio, un grande generale che per il debole sovrano era visto solo come un'ingombrante figura che minacciava la sua autorità.

«Hai tagliato la tua mano destra con la sinistra» fu il giudizio che la corte diede all'Imperatore Valentiniano III sul gesto appena compiuto nel liberarsi di un generale tanto valente; d'altronde, non ci volle poi molto a far sì che venisse vendicato, giacché poco dopo, lo stesso Valentiniano III verrà assassinato, per ironia della sorte, da Optila e Traustila, due allievi di Ezio Flavio di origine unna.

Fonti:
-Edward Gibbon: Declino e caduta dell'Impero Romano;
-Giorgio Ravegnani: "Ezio";
-Emilio Paterna: Flavio Ezio, L'ultimo volo dell'aquila;
-Edward A. Thompson: Storia di Attila e degli Unni.

Immagine: possibile ritratto di Ezio, foto di Tataryn - Opera propria, CC BY-SA 4.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=36731261
 

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