Elezioni politiche n. 1
di Luca Ferrucci.
Ci sono molti modi per maturare una scelta elettorale. Ci sono coloro che si fanno “guidare” dall’appartenenza storica ad un “campo” etico-politico oppure coloro che analizzano i vari programmi sino a coloro che osservano il valore e i demeriti dei candidati. Altri ancora che ritengono, data la legge elettorale pessima, di doversi esprimere in modo condizionato da essa. Non intendo soffermarmi sulle ragioni e sui limiti di tali opzioni. Mi interessa, nel modo più sintetico possibile, provare a identificare sei grandi “attrattori” valoriali all’interno dei quali (o in intersezione) tendono a posizionarsi gli attuali partiti politici.
Nel campo della destra politica, si possono identificare tre “attrattori” valoriali: 1. La destra sovranista; 2. La destra conservatrice; 3. La destra liberale.
La destra sovranista tende ad idealizzare il valore della patria, a sottolineare che vengono “prima gli italiani”, a confliggere con un’idea federalista di Europa, ad introdurre provvedimenti protezionistici nel commercio internazionale del nostro paese e a demonizzare gli immigrati. Tra i limiti di questa impostazione vi è il mancato riconoscimento della profonda interdipendenza con gli altri paesi europei (e non solo) ai fini della forza e della competitività del nostro paese nel prossimo decennio. Recidere questi legami o anche solo innalzare barriere commerciali significa generare l’impoverimento del nostro paese.
La destra conservatrice evidenza il valore della famiglia tradizionale, si oppone a nuovi diritti civili come le coppie omosessuali, combatte politicamente la sfida di nuovi diritti etici come l’eutanasia, lo ius soli (o simili) e la liberalizzazione di droghe leggere. E’ un’impostazione che “cristallizza” i diritti a favore di coloro che li possiedono e tende ad escludere una parte della società, con il rischio, in futuro, di generare nuove fonti di conflitto sociale.
La destra liberale idealizza lo Stato “minimo” nell’economia, mettendo al centro il ruolo propulsivo delle imprese private, anche in contesti di quasi monopolio, cercando di minimizzare, specularmente, la spesa pubblica (anche nei servizi pubblici come la sanità e la scuola) e conseguentemente le entrate fiscali (con la proposta della flat tax, più o meno rimodulata in modo incrementale o simili). Nel nostro paese, questo tipo di destra è politicamente quasi scomparsa (o forse non è mai esistita), visto che l’ambizione dei politici è sempre stata quella di uno Stato “espansivo” per poter corporativamente avere nuovi “spazi” di potere da gestire e da allocare ai propri “fedeli”.
La Sinistra ha, al suo interno, tre differenti “attrattori” valoriali: 1. La sinistra redistributiva; 2. La sinistra statalista; 3. La sinistra liberal-democratica.
La sinistra redistributiva è quella che ritiene di dover mitigare la concentrazione della ricchezza economica e finanziaria detenuta da una piccola parte della popolazione, intervenendo sul lato del welfare (con provvedimenti come la Naspi o il reddito di cittadinanza, pur con le dovute differenziazioni e rimodulazioni), sul lato del mercato del lavoro (cercando di limitare la precarietà dei contratti) e su quello delle entrate fiscali (per esempio, con la proposta di una mini-patrimoniale sopra alcune soglie particolarmente elevate). Da molti anni, nonostante la crescente concentrazione della ricchezza che posiziona l’Italia, nell’ambito dei paesi OCSE, tra quelli con la maggiore diseguaglianza economica, questo tipo di sinistra è largamente minoritaria. E tutto ciò nonostante che “l’ascensore sociale” in Italia si sia fermato e che, se sei figlio di “nessuno”, tale molto probabilmente resterai (a partire dagli studi che farai sino alle opportunità di lavoro che troverai). Anzi, l’idea che nel nostro paese, negli ultimi anni, tra crisi economica e Covid si sia fatto un largo ricorso ai bonus e a misure varie di sostegno del reddito, magari in un contesto in cui i controlli pubblici non sono stati particolarmente efficaci, ha fatto maturare, nell’opinione pubblica, una certa avversione per questa sinistra redistributiva.
La sinistra statalista è quella che ritiene di far svolgere un ruolo fondamentale allo Stato nell’economia, con un potenziamento delle imprese pubbliche (anche con nuove nazionalizzazioni in alcuni settori strategici come le autostrade o l’energia), sacrificando, se necessario, alcune dosi di concorrenza all’interno dei mercati. Questa sinistra ha operato essenzialmente nel secolo scorso mentre, da circa trenta anni, la sinistra, quando ha governato ha promosso privatizzazioni e liberalizzazioni, in una logica neo-liberista, in contraddizione con questa impostazione. Oggi, questa sinistra statalista è fortemente minoritaria, e comunque si muove all’interno di una regolamentazione europea che inibisce talune forme di intervento strutturale dello Stato nell’economia.
La sinistra liberal-democratica è quella che si prefigge di potenziare il mercato concorrenziale con dosi di regolamentazione pubblica e opportuni incentivi finanziari, di valorizzare una meritocrazia individuale nell’ambito del lavoro e delle professioni con una specifica attenzione alla pubblica amministrazione (anche introducendo opportune riforme istituzionali radicali), nonché di operare in modo cooperativo all’interno di politiche europee sia in campo economico e sociale ed, infine, promuovere nuovi diritti politici, civili ed economici, come lo ius soli o simili, nuove concezioni di famiglia e il diritto all’eutanasia. E’ una sinistra che ritiene di dover fronteggiare il problema della concentrazione della ricchezza essenzialmente con la crescita dei “migliori”, sia individui che imprese, piuttosto che con l’assistenzialismo generalizzato.
Riepilogando. Fratelli d’Italia si posiziona nel solco della destra sovranista. Lega tende a “giocare” tra destra sovranista e destra conservatrice. Forza Italia mira a stare, senza grande credibilità, in un moderatismo su questi temi, oltre ad enfatizzare la destra liberale (anche se quando ha guidato i governi nazionali non ha mai dato prova di potenziare tali dimensioni).
Azione, Italia Viva e +Europa, con le loro differenziazioni, tendono ad evidenziare una sinistra liberal-democratica. Sinistra Italiana e 5 Stelle, pur con talune differenze, appaiono collocati nella sinistra redistributiva e, in qualche misura, statalista. Il PD sta a “cavallo” tra la dimensione liberal-democratica e quella redistributiva (ma quest’ultima assai meno credibile dell’altra).
Credo che questa “bussola” possa aiutare, sebbene nella sintesi, ad esprimere il posizionamento dei partiti e a mostrare le loro differenziazioni etico-valoriali, che in parte si riflettono anche sui programmi politici. Per il momento non aggiungo altro, se non che la centralità ecologica e della sostenibilità ambientale è divenuta una chimera.
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