di Silvana Sonno

Ci siamo. Il 15 dicembre il presidente della Provincia di Perugia “incoronerà”, come madrina dei 150 anni dell'Istituzione, Francesca Testasecca, miss Italia 2010, e qualche giorno dopo, allo scoprimento del busto di Vittorio Emanuele II, incontrerà il principino Emanuele Filiberto di Savoia.

In virtù di che cosa queste scelte eccellenti? La prima, senza tema di smentita, deriva dallo scoprimento di qualche chilo di carne fresca - filiera corta: folignate - , variamente tatuata e esibita sulla passerella di una delle trasmissioni che più avviliscono la presenza e il ruolo delle donne nella nostra società, dove la politica diffusamente le chiama a fare da ornamento e contorno alle scenografie del potere, quando non nelle private stanze dei potenti.

La seconda, specularmente alla prima, porta alla ribalta provinciale (e mi si consenta di giocare sulla polisemia dell'aggettivo), un personaggio il cui nome, unito al basso profilo, gli ha consentito di diventare una macchietta televisiva, buona per essere spesa in molte occasioni.

Essendo il principotto, oltre che un mediocre ballerino e un pessimo cantante, anche il degno rampollo di un casato che certo non ha fatto il bene dell'Italia, a cui ha legato il suo nome per quelle imprevedibili emergenze della Storia che fanno virare le scelte e le opportunità - sostenute da personaggi ben più degni di stima e riconoscenza - verso figure che loro malgrado si trovano a diventarne protagonisti.

Così l'avo del gommoso Emanuele Filiberto: il re Vittorio Emanuele, che non volle rinunciare a dirsi secondo (II) dei Savoia con quel nome, piuttosto che intitolarsi come primo (I) dei re dell'Italia unita. E già questo basti a delineare la statura del personaggio, i cui discendenti di statura (in tutti i sensi) hanno continuato a dimostrarne ben poca, fino agli epigoni odierni, coinvolti se non travolti in scandali e meschinerie che farebbero forse traballare la regale corona, se ancora ce ne fosse una non barattata con un piatto di lenticchie.

Ma la Provincia di Perugia si merita tali mascotte? E i cittadini e le cittadine che ogni 20 giugno celebrano l'orgoglio perugino, dentro una storia che è costata lacrime e sangue, ma anche trionfi di coscienze non asservite a troni e altari, come possono sentirsi rappresentati/e da una celebrazione che riduce la storia e i/le protagonisti/e delle vicende di cui ricorrono i centocinquanta anni a una delle tante fiction che le televisioni ci propinano, per la perfetta contiguità di volti, sorrisi e scenari di celluloide?

E mentre il tricolore svilisce garrulo tra lustrini e cotillon, anche il grifo, ricondotto a razzolare tra altri pennuti di cortile, si sottomette alla minaccia di diventare il protagonista del gran bollito di Natale.
 

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