Non ve lo ricorderete, ma quattro anni fa, di questi tempi, la Regione Umbria nominava Guido Bertolaso commissario all'emergenza Covid. La giunta Tesei aveva trascorso le settimane precedenti negando che potesse mai esistere un'emergenza Covid e i mesi precedenti fingendo, in pratica, che il Covid non esistesse più.
A inizio estate aveva coniato lo slogan 'Umbria, bella e sicura', facendo di tutto per attirare caterve di turisti e nulla per prepararsi alla recrudescenza pandemica autunnale. Di più: l'Umbria era stata risparmiata quasi del tutto dalla prima ondata, e aveva quindi un vantaggio strategico su una buona parte del resto del Paese. Poteva organizzarsi allestendo un piano per affrontare l'inevitabile ritorno del virus, che da noi aveva, e questo era invece lo svantaggio, praterie da ardere. La giunta avrebbe dovuto rafforzare gli ospedali, la medicina territoriale, la sorveglianza, prevedendo percorsi ad hoc per contenere la fiammata. Non ha fatto niente di tutto ciò. E non l'ha fatto per un paio di motivi ben precisi.
Il primo è la greve voracità con cui ha aggredito da subito il ricchissimo banchetto della spesa sanitaria. Troppa smania di indebolire la sanità pubblica e ingrassare quella privata, e troppa smania di piazzare in Asl e ospedali la propria classe dirigente al posto di quella ereditata dalla lunga stagione politica appena tramontata. Dirigenti esperti, con grande conoscenza del territorio e del funzionamento della macchina sanitaria, sostituiti da gente non di rado catapultata da altrove, sulla scorta della catapulta maxima che aveva consegnato a un leghista veneto l'assessorato alla Sanità. Uno spoils system fatto nel pieno della crisi Covid, a dispetto di ogni logica: hanno preferito soddisfare la propria fame di potere anziché tutelare la salute e la sicurezza della comunità. Lo hanno fatto con dolo, con colpa e, ecco il secondo motivo, per pochezza.
Una stampa locale troppo pigra, in quei mesi, ha a sua volta preferito raccontare aderendo ai toni trionfalistici della giunta l'expolit del turismo anziché vigilare e incalzare i governanti sulle politiche sanitarie. Io mi occupavo di cultura, ma una volta, in una conferenza stampa estiva, riuscii a chiedere conto alla Tesei: nella risposta stizzita avevo potuto apprezzarne limpidamente, e non per la prima né per l'ultima volta, l'inadeguatezza al ruolo. Il problema Covid non esisteva, il problema di gestire le ricadute dell'invasione turistica non esisteva, il problema della tenuta sanitaria in vista dell'autunno non esisteva. Le mie, in sostanza, erano provocazioni. Poi, tra ottobre e novembre, il disastro. Gli ospedali al collasso, i malati di Covid morti senza essere curati, in totale solitudine. Come cani. E a dicembre, a gennaio, a febbraio un disastro al quadrato, con elementi di farsa come la cooptazione di Bertolaso e l'indimenticabile vicenda dell'ospedale da campo. E le assunzioni di medici e infermieri promesse e mai compiute, sperando che l'emergenza finisse prima del temuto, perché di investire soldi nella sanità pubblica la giunta Tesei non aveva alcuna intenzione.
Ciò che alla sanità pubblica umbra è successo dopo è sotto gli occhi di tutti. Tutti c'abbiamo sbattuto il muso, in questi anni. Ecco la ragione principale per cui l'Umbria non può permettersi di rimanere nelle mani di una classe dirigente come questa, che pensa agli interessi di pochi o pochissimi, e si disinteressa di quelli dei molti.
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