Di Ciuenlai - Che quella cosa che chiamavamo sinistra, perlomeno in forma organizzata, non esiste più è un fatto acclarato, certificato e autenticato con tanto di “Green pass” politico. Negli ultimi decenni, con una operazione di grande efficacia, il suo significato è stato  così sfumato, distorto e taroccato, da farlo diventare una cosa astratta, antica e, certe volte, anche ridicola.

E’ potuto quindi accadere che in questa cornice tutto e tutti potessero dichiararsi di sinistra, nascondendosi dietro ad alcune paroline magiche come moderna, del terzo millennio, progressismo e (falso) riformismo . In pratica  la messa in campo della politica senza categorie. Quella per la quale destra e sinistra sono logotipi superati perché non esistono. Una bugia per nascondere la verità e cioè che  nè esiste uno solo la destra.

Si è creato così un sistema nel quale la sedicente sinistra fa la sua parte di destra incominciando, tanto per fare un esempio, con la sostituzione delle battaglie per i diritti sociali e collettivi,  con quelle, naturalmente altrettanto giuste, dei diritti civili ed individuali , con l’adozione dell’interclassismo e via” borghesizzando”. Insomma in Parlamento si approvano i tagli alla sanità, l’eliminazione della giusta causa nei licenziamenti, leggi capestro per la regolamentazione del mercato del lavoro, si tollerano le stragi sul lavoro , ma si va in piazza, a brutto muso, solo per il Ddl Zan. Ai Parioli ringraziano alla Garbatella si incazzano.   

Questa cosa è ormai chiara a livello planetario, continentale e nazionale, tanto è vero che dopo la caduta del muro di Berlino i principali carnefici del welfare sono stati i Governi di “sinistra” guidati da Gonzales, Schroeder, Renzi (un po' anche Prodi dai!), Blair e “progressisti” vari.Una cosa che diventa più chiara e palpabile , man mano che si scende a livello del territorio.

Porterò ad esempio quello che è successo in una cittadina dell’Umbria, Città di Castello, una delle roccaforti della sinistra, mai amministrata da partiti moderati e di destra storici e recenti. Poche settimane fa ci sono state le elezioni comunali e il sedicente centrosinistra ha stravinto, anzi straripato portando due candidati della stessa area al ballottaggio. Il problema è che quando si va a leggere chi sono i protagonisti, da dove vengono , le idee e i valori  di riferimento,  chi hanno sostenuto e chi ancora sostengono, ci si accorge chiaramente che non parliamo più di sinistra ma solo della parte , diciamo così” più buona della destra. Il Sindaco si chiama Gianluca Secondi. Niente da dire sulla persona. Serio, con una discreta preparazione e che ha , cosa rara di questi tempi, anche una buona esperienza amministrativa, fatta in diversi enti locali.

Il problema è che la sua storia non ha niente a che vedere con la sinistra. Viene da ambienti cattolici moderati e nel Pd era considerato uno dei punti di riferimento dell’ex Presidente della Provincia Marco Vinicio Guasticchi proveniente da esperienze berlusconiane. Una scelta lo ha portato inevitabilmente  ad essere, assieme ad Anna Ascani, uno degli elementi di forza del renzismo dell’Alto Tevere. La Giunta da lui varata non poteva quindi che essere  affine ai suoi principi moderati e filodemocristiani. Il Vice Sindaco. Giuseppe Stefano Bernicchi, è stato Presidente del Rotary club di Città di Castello e  membro del Cda della Fondazione Cassa di Risparmio di Città di Castello cioè di  una delle banche costruite e gestite da gente proveniente dal mondo della “Balena Bianca”. Il più “bolscevico” dell’esecutivo sembra  Rodolfo Braccalenti  che è, sempre di area cattolica, ma  coordinatore di una delle sue voci considerate più progressiste : le Acli. Benedetta Calagreti  ha un solido passato in Scelta Civica di Monti, e ho detto tutto.  Letizia Guerri è così di sinistra da essere stata data fino all’ultimo come possibile responsabile del nucleo fondatore di Italia Viva del suo territorio. Poi come L’Ascani e Secondi è rimasta nel Pd senza rinnegare l’esperienza precedente, dopo la dipartita del Rignanese. Infine Mauro Marinangeli che viene dalla Margherita è definito, dai più  “Un democristiano doc”. Per questo e per coerenza con gli indirizzi dei democratici locali è stato anche eletto segretario del circolo del “Tiferno”.  Insomma , quello che non era capitato negli anni 60 è accaduto oggi. Castello è governata da una Giunta Dc – Psi.  Tutto questo è successo in un luogo dove il Pci ha sfiorato la maggioranza assoluta, dove i  Ds hanno raggiunto quote vicine al 40% , la sinistra senza “scorie” Dc quasi il 60% e dove i moderati, quelli che adesso comandano, erano, nella coalizione appena  il 5%.

Domanda : Dove è finito tutto quel rosso? La risposta è semplice : è rimasto o è stato mandato a casa politicamente e fisicamente. Basta guardare i dati dell’affluenza per capire che gli elettori di sinistra ormai se ne stanno a casa perché non percepiscono più anche una minima differenza tra le parti e tra i concorrenti in lizza. Se votano lo fanno solo per amicizia o per convenienza, non per convinzione politica. I cosiddetti dirigenti del dopo Pci sono invece stati mandati a casa e i gli eredi nominati sono stati messi dietro le quinte. E la ragione è semplice. Abbandonati i principi fondatori dell’ideologia e dei valori irrinunciabili dei partiti che si sedevano alla sinistra di tutti i consessi elettivi, i dominatori di un tempo  hanno provato a trasformarsi in dorotei “progressiti”. E’andata bene fino ai Ds, fino a quando la cultura del “Comitato Centrale” è stata prevalente . Poi col Pd sono entrati in una cosa e in un sistema che non conoscevano, scoprendo troppo tardi che i loro  presunti “amici” popolari o “margheriti” , invece, lo sapevano maneggiare alla perfezione, perché venivano dall’Università del correntismo. E come prevedeva il loro maestro , l’ex sottosegretario Giampiero Bocci, con pazienza, scegliendo le giuste alleanze, dividendoli in fazioni sempre più piccole e sempre più ininfluenti, li hanno “fatti fuori” tutti.

Ma Castello non è una eccezione è quello che è capitato in tutta la Regione che persi i punti di riferimento valoriali storici e politici si è consegnata alla destra, ma a quella vera, rofiutando il suo surrogato . Ed è quello che è successo anche da altre parti ‘Italia. Basta guardare la vicina Toscana con un Renziano a capo della Regione e due ex renziani (ma sono veramente ex?) che comandano a Firenze (Nardella) e la segreteria regionale (la Bonafè). Ed è quello che è andato in onda anche a Roma dove il segretario e i maggiori esponenti (Letta, Gentiloni, Franceschini, prodiani,  la corrente renziana e chi più democristiani ha più ne metta) sono di area e di storia conservatrice. Insomma non c’è niente da ricostruire, perché tutto questo è da buttare. La parola d’ordine, per quelli che vogliono riaprire una prospettiva di sinistra,  è ormai  una sola : ricominciare.

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