di Roberto Bertoni.

Non posso fare altrettanto con Di Maio, per il semplice motivo che egli mi dà l'impressione di essere finito in un gioco più grande di lui e di non sapere da che parte andare, dato che, se dovesse concludersi anzitempo questo governo, probabilmente potrebbe dirsi conclusa anche la sua esperienza politica. Di Battista e Fico non aspettano altro, Casaleggio non perdona e di tutti gli esponenti di punta del Movimento, lui è forse il meno amato.
E non ce l'ho nemmeno con i suoi parlamentari, trasformatisi qualche giornata in ultras da curva, con tanto di bandiere e cori sotto il balcone di Palazzo Chigi, mentre il capo ostentava sicurezza e inscenava un festeggiamento tanto smodato quanto ridicolo, poiché stava festeggiando sulle macerie del Paese e in vista di un disastro di proporzioni bibliche, se Mattarella, Tria e il cosiddetto Partito del buonsenso non riusciranno ad arginare le ubbie del duo populista e demagogico che ci sgoverna da mesi.
Non ce l'ho nemmeno con loro perché è chiaro che sono inconsapevoli di essere l'effetto e non la causa: hanno vissuto il loro quarto d'ora di celebrità, rilasciato due interviste di cui nessuno si occuperà mai più e dato vita ad una farsa che servirà unicamente a dimostrare, se ancora ce ne fosse bisogno, che ormai il Parlamento ha smarrito la propria centralità, che si è ridotto non tanfo ad un bivacco di manipoli quanto ad un insieme di followers, senza nemmeno la tragicità di un vero regime bensì nel contesto spettrale di una classe dirigente da social network che non smentisce mai di essere tale.
Luigi Di Maio ha rinverdito la stagione del balcone, salvo che in questo caso, ribadisco, non c'è da consegnare la dichiarazione di guerra agli ambasciatori di Francia e Gran Bretagna ma da prendere atto del trionfo delle promesse pericolose, in un falò delle vanità che somiglia più a un'orgia di miliardi destinati ad essere sperperati che ad un vero momento di pathos e tensione collettiva.
E vedendoli a me non è venuto in mente Mussolini bensì l'Antonio La Trippa di Totò: un'esilarante commedia che, tuttavia, in questo caso non si è potuta nemmeno avvalere del genio dell'istrione napoletano, con i rappresentanti del popolo che, in realtà, non rappresentano più neanche se stessi, in grottesco simulacro del dibattito politico che fu.
D'altronde, si sa che la politica in questo Paese, e forse nel mondo, è morta da tempo, al punto che oggi non sappiamo più se prendercela con la maggioranza o con l'opposizione, dato che la prima spesso ci irrita e la seconda ci lascia intendere, ogni volta che apre bocca, perché questa sia tale e loro non contino più nulla. Non è un fenomeno solo italiano: accade pressoché ovunque, eccetto poche nazioni che ancora ci consentono di sperare e di credere nel futuro dell'umanità.
Al che, mi permetto di dare un consiglio ai miei coetanei: lasciate perdere i domenicali della politica, quelli che sognano una sorta di spartachismo generazionale, coloro che vi spiegano che la ragione di tutti i mali è la pensione di nonno e che, tagliata o ricalcolata quella, voi navigheresre nell'oro.
Al tempo stesso, continuate ad amare e a considerare l'Europa il vostro orizzonte di senso ma lasciate perdere gli ayatollah dell'europeismo stucchevole, quelli di Santa Fornero vergine e martire intangibile, quelli che sognano la Troika e hanno come motto "Forza Spread", non avendo mai avuto un'idea che sia una in vita loro: lasciateli perdere perché sono una delle cause principali del disastro contemporaneo.
Se avete idee, scrivetele, ditele, osate, fate chiasso, agitatevi, non abbiate paura, visto e considerato che ormai quasi nessuno ha più nulla da perdere, tanto meno la nostra generazione.
Lanciate proposte, inondate la rete di elaborazioni culturali, sfruttate il modello di società che si è creato, volgetelo a vostro favore, mettete a frutto le poche risorse che avete, partecipate, uscite di casa, battetevi perché nessuno vi regalerà niente e a nulla serve stare sui social a rilanciare le sparate di furbissimi giornalisti che, dopo decenni trascorsi a riverire l'establishment, provano a rifarsi una verginità strumentalizzando il vostro malessere o di personaggi in cerca d'autore che smerciano invidia sociale a buon mercato.
Siate voi stessi, parlate in prima persona, tenendo sempre presente la collettività, siate un io forte nel contesto di un noi altrettanto forte, costruite, appassionatevi, sognate e non vi lasciate spaventare dal rischio di una delusione o del disincanto. Arriveranno, ma è giusto che prima ci sia stata l'illusione, altrimenti diventerete di un cinismo insostenibile e soprattutto sarete morti dentro senza aver mai neanche provato a vivere.
Quanto agli attuali inquilini di Palazzo Chigi, state tranquilli perché passeranno anch'essi. Dureranno un po' di più, un po' di meno, combineranno molti altri danni ma passeranno anche loro, e allora stara a voi, a noi provare a rimettere in sesto questa sgangherata Nazione e quest'Europa sull'orlo dell'abisso.
Non pensateci adesso, ma pensate che questo momento arriverà assai prima di quanto non crediate e mettetevi a lavorare, a studiare, a programmare, senza starvi troppo a preoccupare di chi si trovava su quel balcone e della folla vociante sotto.
Scriveva Alberto Salustri, in arte Trilussa: "Vedi quela gran folla aridunata / davanti a quer tribbuno che se sfiata? / È un comizzio, lo so, ma da lontano / so' quattro gatti intorno a un ciarlatano".
 

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