CUBA DOPO FIDEL
Cuba, dopo Fidel, è rimasta uguale a se stessa. La statura del personaggio che è scomparso può farti pensare chi sa che e, invece, per chi frequenta e conosce l’isola e la sua capitale, sono le immagini “fisiche” de l’Avana, dei suoi luoghi e della sua vita a lasciare intendere che tutto, nella realtà, scorre come prima. Il Malecon (il lungomare) accecante di luce di giorno e struggente al tramonto, Il traffico automobilistico scarso in rapporto a quello che siamo abituati a vedere noi, ma comunque caotico e puzzolente, le auto d’epoca scoperte piene di turisti e quelle dei “botero” (taxi collettivi), il chiasso e la musica per le strade della città vecchia brulicanti di persone, l’allegria della gente, il persistere di un’atmosfera di tranquilla serenità, che ti porta lontano dai tempi competitivi e brucianti delle parti nostre, sono una specie di nuova foto che si sovrappone a quella di sempre e che suggerisce l’idea di una situazione immutata. Che sarebbe dovuto succedere? Morto Fidel, crolla il comunismo. Certo i tempi sono brevi, ma l’idea di un qualcosa di immediato che sarebbe dovuto succedere alla scomparsa del leader della Revolution, era probabilmente presente in molti opinionisti o semplici cittadini e turisti occidentali. Anche il sistema politico è immutato. I Partito comunista rimane saldamente al comando, i suoi leader, a cominciare dall’anziano Raoul, i suoi riti e le modalità del suo modo di essere rimangono quelle di sempre.
Cambieranno in futuro? Su questo si può aprire una discussione. Ma ne parliamo successivamente. Intanto c’è da segnalare la sobrietà con la quale i media e le istituzioni cubane si riferiscono alla figura del grande capo che è morto e che, probabile record della storia politica, è rimasto al potere cinquantanni. Castro ha lasciato detto e scritto che il suo nome non dovrà essere utilizzato per denominare vie, piazze, edifici e quantaltro e che non dovranno essere eretti, in qualsiasi luogo, monumenti in sua memoria. Il Parlamento cubano ha approvato una legge in proposito, una legge che vieta anche l’uso per scopi come la riproduzione su bandiere, bandierine, indumenti di vario genere, della sua effige. Per uno che è stato per anni additato come colpevole di culto della personalità è, non c’è che dire, una bella smentita.
L’unico cambiamento apprezzabile a Cuba è un significativo aumento dei prezzi. Effetto di una crisi economica, principalmente indotta dal calo delle esportazioni (oltre che naturalmente dal persiste blocco economico americano, che impedisce all’isola affari e transazioni internazionali) che ha provocato, lo scorso anno un calo dello 0,9 del Prodotto interno lordo. Una crisi degna del “Periodo expecial” che fece seguito al crollo dell’Unione Sovietica e delle sue sovvenzioni. Ora la musica, per fortuna, pare cambiata. Il Parlamento cubano riunito in queste settimana ha assunto nuove misure che, si stima, dovrebbe produrre un vero e proprio salto nell’economia, portando il Pil di quest’anno al più due per cento. Quanto ai rapporti con l’America, Il nuovo Presidente Usa Trump fa molte minacce, ma è probabile che la politica di distensione a apertura tra i due Paesi continuerà ad andare avanti, con beneficio, così sperano i cubani, degli investimenti dal Paese più potente del mondo. Per ora l’aeroporto de L’Avana è molto frequentato da voli di varie compagnie provenienti da molte città americane.
Ma torniamo alla domanda: reggerà il comunismo cubano? I funerali di Fidel sono stati una cosa straordinaria. Milioni e milioni di persone (sostanzialmente tutti i cubani, tranne pochi ultras di una opposizione ininfluente) hanno partecipato alle esequie del Comandante in capo. Chi non è comunista, a Cuba, è Fidelista cioè riconosce nella Rivoluzione lo strumento che ha garantito la indipendenza e la dignità di un Paese che prima era semplicemente schiavo e che schiavo non vuol tornare. Per questo il crollo del comunismo cubano è più improbabile che no.
Leonardo Caponi
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