La crisi del Pd, i sondaggi negativi, il renzismo e la paura dei parlamentari
Giuseppe Castellini
Ad oggi, secondo una proiezione che sta girando nelle redazioni in base al sondaggio commissionato da Repubblica che assegna al Pd il 26%, alla Camera il Pd avrebbe 163 seggi rispetto agli attuali 297. Una perdita di 134 seggi, che crea una grande fibrillazione perché tanti deputati dem temono di restare a casa e, a parte i 100 capilista che saranno nominati dalla segreteria del partito, ossia da Renzi, a disposizione per gli altri che se la batteranno con le preferenze se i dati sono questi ci sono solo 67 posti. Il Pd, stando al sondaggio, oggi è tornato più o meno sul dato ottenuto da Bersani nelle elezioni del 2013, solo che allora, con il Porcellum poi dichiarato incostituzionale, alla Camera c’era un forte premio di maggioranza che oggi non c'è, a meno di non raggiungere il 40%, cosa che appare fuori dalla portata di tutti e in particolare del Pd.
Ora, i sondaggi vanno presi con le molle ma il consenso intorno al Pd renziano, dopo due elezioni amministrative perse in modo disastroso e la secca sconfitta nel referendum di dicembre, appare effettivamente in picchiata. Da qui la paura di tanti parlamentari che si stanno agitando. Nessuno lo dice apertamente, ma quello che molti pensano è chiaro: se davvero Renzi pensa solo a incassare i 100 deputati nominati, con il Pd che nel frattempo va a rotoli, prima che lui mandi a casa noi, noi mandiamo a casa lui. Provate a leggere, nei prossimi mesi, l’evoluzione delle cose da questo punto di vista, molto pratico e rozzo, ma forse vero. Perché in tanti parlano di valori e ideali, ma intanto pensano al portafoglio dei propri interessi concreti. A cominciare, e questo smodato amore per il potere è stata la sua rovina, da Matteo Renzi, il cui ciclo politico si è rivelato una meteora.
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