di Renato Costanzo Gatti - Socialismo Italiano 1892.

La Corte Costituzionale tedesca accusa la Bundesbank e il governo tedesco di non aver contrastato le decisioni della BCE che, in contrasto con il principio di proporzionalità, potrebbero aver causato effetti economici sproporzionali danneggiando così i conti finanziari della Germania. L’accusa fatta alla Bundesbank e al governo tedesco si estende in una accusa, non tanto velatamente indiretta, sia alla corte di giustizia europea, che aveva giudicato legittimo il Quantitative easing, sia alla BCE ovvero a Mario Draghi.

Occorre premettere che il Quantitative easing prevede una parte privata e una parte pubblica, quest’ultima ovvero il PSPP (Public Sector Purchase Programme) è quello su cui la Corte si è pronunciata. Con il PSPP la BCE stabilisce un piano di acquisti che per il 12% riguardano Istituzioni europee sovranazionali, e per il restante 88% acquisto di titoli di stato emessi da paesi membri. All’interno di questo 88%, l’8% rappresenta acquisti diretti della BCE mutualizzando i rischi e per il restante 80% acquisti effettuati dalle banche centrali dei singoli stati membri che si assumono il rischio finanziario.

Lo scopo della BCE è quello di perseguire l’obiettivo fissato dal suo statuto di mantenere (o produrre) il tasso di inflazione vicino al 2%. Ed ecco la prima accusa della Corte: “Perseguendo incondizionatamente l’obiettivo di politica monetaria del PSPP al fine di raggiungere un tasso di inflazione vicino al 2% ma ignorando gli effetti economici di tale politica, la BCE manifestamente infrange il principio di proporzionalità.” La Corte considerato che  non è accertabile se la BCE abbia stimato, proiettandoli, gli effetti economici derivanti dal suo programma al fine di testarne la proporzionalità né preventivamente né al momento del lancio né in qualsiasi momento durante la sua attuazione conclude che “a meno che la BCE fornisca documentazione dimostrante che tali proiezioni furono fatte, ed in quale forma, non è possibile esprimere un giudizio effettivo se la BCE abbia o meno rispettato il suo mandato”. Quindi prosegue intimando alla Bundesbank e al governo tedesco di non attuare le indicazioni della BCE “a meno che il Consiglio gestore della BCE stessa adotti una nuova decisione che dimostri in modo comprensibile e con modalità sostanziali che gli obiettivi monetari perseguiti dal PSPP non sono sproporzionati nei loro effetti economici e fiscali risultanti dall’attuazione del programma”. Insomma una sfida.

Il PSPP, simile a quello effettuato dalla FED, è sostanzialmente diverso da quello proprio perché il programma statunitense mutualizza al 100% i rischi dei vari stati (ma l’Europa, ci ricorda la Corte, non è uno stato federale), mentre il PSPP, come abbiamo detto, mutualizza solo l’8% del suo programma, restando l’80% a gravare sulle banche centrali dei singoli stati membri. Inoltre i vari stati hanno programmi di acquisti proporzionati alla loro partecipazione al capitale della BCE, il famoso principio del Capital key. C’è da ritenere che la BCE sia molto accorta nell’aver impostato il programma, conscia com’è della pignoleria tedesca ossessionata dal terrore di regalare soldi ai paesi periferici.

Ma la Corte segnala che il PSPP produce effetti anche sulle banche commerciali indotte ad acquistare grossi quantitativi di titoli di stato ad alto rischio, ed inoltre fa incorrere perdite notevoli ai risparmiatori privati (a causa della diminuzione dei tassi di interesse).

Ma la Corte non fa alcun cenno al fatto che gli interessi che la BCE incassa grazie al possesso dei titoli di Stato acquistati sono poi dalla BCE distribuiti agli stati secondo la Capital key, con la Germania che incassa “paradossalmente la fetta più grossa” ma avendo pagato interessi più bassi grazie al buon standing dei suoi titoli pubblici.

La Corte ignora pure che grazie al PSPP che con la sua domanda ha incrementato sostanzialmente il prezzo dei titoli acquistati, ha permesso alle banche private tedesche che detenevano titoli di stati periferici di realizzare “capital gains” calcolabili, nei soli primi mesi del PSPP, in quasi 4 miliardi di euro.

Naturalmente la Corte ignora alla grande la politica imperialistico-mercantilistica della Germania che pervicacemente supera il limite del 6% ammesso, generosamente (lo scopo di una unione dovrebbe essere il pareggio), per il saldo della bilancia commerciale.

Bella sfida, ma il risultato è già sin d’ora il blocco dell’azione della BCE unica istituzione che può fornire all’Europa una stabilizzazione internazionale.

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