La temporanea “sospensione” del patto di stabilità europeo non è la fine del Fiscal Compact e dei suoi folli parametri. Agli Stati membri, soprattutto quelli più esposti economicamente e finanziariamente, è concessa solo una maggiore flessibilità di bilancio per far fronte all’emergenza. Troppo tardi, troppo poco. Anche perché c’è il rischio che passata la pandemia alcuni di questi Paesi, come l’Italia, si troveranno senza garanzie esplicite di fronte ad un debito nel frattempo divenuto insostenibile e con l’incombenza dei vincoli di finanza pubblica di nuovo riattivati.

Nessuna decisione è stata assunta sulla condivisione di questo nuovo debito. Per adesso l’emissione di titoli europei (Eurobond) o la garanzia illimitata sulle emissioni eccezionali dei singoli Paesi sono solo materia di discussione sui giornali e tra i cosiddetti “esperti”. Il presidente della Bce Christine Lagarde, per adesso, si limita a parlare di “esplorazione” di coronabonds a “tempo determinato”. Pesa il condizionamento dei Paesi nordici, che ripropongono la loro contrarietà a qualsiasi forme di mutualizzazione o condivisione dei rischi legati all’emissione di titoli che servirebbero oggi a contrastare l’emergenza, domani a rimettere in piedi l’economia e dare risposte ai ceti più deboli, quelli che, anche in questo caso, saranno i primi a pagare la crisi. E come se non bastasse, aleggia lo spettro del Mes per eventuali prestiti agli Stati in difficoltà alla condizione che gli stessi applichino rigidi protocolli di rigore per rientrare dall’indebitamento.

L’Europa sta mostrando anche questa volta la sua inanità e la sua irresponsabilità, mentre i grandi Paesi del mondo stanno uscendo senza problemi fuori dall’ordinarietà delle politiche economiche, finanziarie e monetarie. Da Hong Kong agli Usa non fa più scandalo il trasferimento diretto di denaro sui conti dei cittadini, mentre la Federal Reserve non solo annuncia che la liquidità disponibile sarà teoricamente illimitata, ma si appresta a comprare titoli direttamente dal Tesoro americano per finanziare investimenti e politiche di sostegno al reddito. Cade uno dei tabù più potenti del neoliberismo monetarista.

Ma la situazione eccezionale non richiede solo misure eccezionali. Questa crisi, che sarà più dura e duratura di quelle del passato, richiede un ripensamento di tutta l’architettura dell’Unione e dell’euro. Il fiscal compact va cancellato e va riscritta la missione della Banca centrale europea, il cui obiettivo non può essere più soltanto il contenimento dell’inflazione. Bisogna aprire ad una forma di finanziamento monetario a lungo termine dei deficit di bilancio, senza creare nuovo debito. Oggi per fronteggiare l’emergenza sanitaria e dare risposte immediate ai settori produttivi più colpiti, a chi perde il lavoro e a chi in queste condizioni nemmeno può cercarselo, nei prossimi mesi per dare gambe e risorse ad investimenti pubblici in settori strategici e interventi di riconversione ecologica dell’economia, per ricostruire un sistema di welfare universalistico nel quale la sanità pubblica, l’istruzione e la ricerca, la protezione dei lavoratori e il reddito, riacquistino centralità e sostanza.

E’ l’ultima chiamata per l’Europa. Senza un cambiamento di paradigma, la rabbia di larghi strati della popolazione andrà a gonfiare le vele del populismo di destra e delle forze più retrive che negli ultimi anni hanno rialzato la testa. Crescerà sempre più la consapevolezza che in questa Europa non c’è futuro, che i benefici del mercato unico non valgono la sicurezza sociale e il benessere di milioni di cittadini.

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L’associazione Per la Sinistra, per un’altra Europa, anche in vista dei prossimi importantissimi appuntamenti istituzionali, a partire dal vertice europeo di domani, sottolinea quindi la necessità:

-che si eviti in ogni modo l’attivazione di strumenti come il Mes che, a Statuto vigente, andrebbero ad aggravare esponenzialmente la situazione dei singoli paesi, per le condizioni che si troverebbero a dover affrontare per rientrare dall’indebitamento;

– che l’intervento messo in campo dalla BCE venga considerato solo come punto di partenza e che la BCE dichiari la propria disponibilità ad interventi illimitati, con l’obiettivo di arrivare ad una modifica strutturale dello suo Statuto;

– che l’attuale sospensione del Patto di Stabilità si traduca nell’abrogazione del Fiscal Compact e nel definitivo superamento dei parametri del 3 e del 60 per cento su deficit e debito;

– che si mettano in campo strumenti come gli Eurobond indispensabili per la mutualizzazione del rischio, e per un piano di interventi immediati e di medio-lungo termine che agiscano sia sul versante della domanda che dell’offerta;

E’ per noi evidente la necessità di un vero e proprio cambio di paradigma: con l’introduzione di strumenti come il reddito di base, capace di contrastare l’aggravarsi delle condizioni di disagio e povertà già cresciute in questi anni, con il rafforzamento dei sistemi di welfare, gravemente compromessi dalle politiche neoliberiste e di austerità, con un nuovo ruolo pubblico nella riconversione ecologica delle produzioni.

Ass. Per Sinistra per un'Altra Europa

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