Cl e il Meeting, la nuova svolta e i suoi limiti e contraddizioni
di Sandro Roazzi
“Cosa permette di non perdere la passione in quel che si fa”, domanda una partecipante al Meeting di Cl. Ed il relatore risponde: “Assumendosi la responsabilità delle sconfitte...”. Scorrendo i resoconti delle giornate di lavoro al meeting di Cl si coglie questo costante riferimento alla responsabilitaà personale. Anzi, dalle discussioni che riguardano la nuova società tecnologica, che sta diventando tout court la nostra società, il richiamo al primato della persona è continuo, insistito. Così come è forte il richiamo al dialogo fra religioni in tempi di terrorismo e di massacri, non solo di cristiani ma anche di mussulmani.
Epure si avverte lʼassenza di uno sforzo culturale e poi anche ‘politico’ ad individuare almeno le premesse di una strategia di rinascita collettiva, che contenga progetti, indicazioni di comportamenti, un’etica visibilmente collegata all’esigenza di rimuovere corruzione e malcostume. Indicando con chiarezza gli esempi negativi da rifiutare, ce ne sono molti in giro in questo periodo. Tutto invece è accennato come se fosse lo sfondo di uno scenario che però manca.
Detto questo, va pure osservato che molte delle considerazioni proposte dai sintetici aggiornamenti sui lavori, ripercorrono strade per lo più note, sono un assemblaggio di convinzioni provenienti da vari mondi culturali, ma senza la possibilità di arrivare a sintesi, se non nella rappresentazione di un mondo edificante, cui sembrano mancare però gli strumenti per vivere sul serio nella realtà assai meno edificante dei nostri tempi.
Eppure questa disamina ‘orizzontale’ dell’attuale esistenza del nostro mondo appare più ricca di quanto riesca a mettere in campo oggi la cultura laica e di sinistra. Anche per il semplice fatto che alcuni dei rappresentanti di essa preferiscono la tribuna...di Cl, dove ricevono applausi, che altri terreni più litigiosi e meno ospitali.
È il caso dellʼapplauditissimo Bertinotti, che riceve il gradimento dei ciellini in virtù non solo delle sue capacità di affabulatore, ma anche perché agita davanti ai loro occhi il panno rosso di un po’ di utopia. Applausi al comunista che rivendica questo status e lo colloca in un dialogo con quella religiosità che sa contraddire i poteri attuali. Non è il primo comunista in realtà a fare questo. Aldo Brandirali, leader di Servire il popolo negli anni della contestazione sessantottina (Stalin, Mao, Brandirali...) si avvicinò a Don Giussani fino a collaborare con convinzione alla realizzazione di Cl. Ma non è neppure molto originale, Bertinotti, quando accusa la sinistra di “essersi disfatta della storia” quando purtroppo pare invece che la sinistra sia in buona parte diventata succube della storia, dal liberismo alle alle manifestazioni del potere. In questo richiamo c’è la ricorrente ricerca di un ‘luogo’ dove poter esercitare la propria professione di utopia, disancorata però dalla ben pi faticosa azione in grado di produrre cambiamenti, di ricreare superiorità per diritti come il lavoro e la dignità degli ultimi, di immaginare e poi costruire proposte e programmi in grado di superare diseguaglianze e dare nuovo credito ad una convincente pratica democratica che oggi latita.
In realtà il terreno di incontro fra l’analisi di Bertinotti ed il mondo di Cl sta in una sorta di rigetto delle attuali forme della politica e del sociale, quando - a parte la tentazione istintiva di concordare… - sarebbe più che mai necessario battersi per ricostruirne di nuove e diverse anche nei gruppi dirigenti.
Cl, si eʼ scritto, si libera di sudditanze politiche. Sarà, ma anche fosse ciòʼ avverrebbe 48 anni dopo uno sforzo ben maggiore delle Acli, quando era ancora in piedi un poderoso sistema di partiti a cominciare dalla Dc. I resti delle formazioni in campo sono di una debolezza e di una fragilità etica che non costituiscono certo un ostacolo insormontabile a chi voglia rivendicare la propria autonomia. Ma in quale direzione utilizzare questa libertà? Per ora non è dato saperlo. Cl, inoltre, ha perso anche molto del suo integralismo delle origini. Non solo per le vicende politiche note, ma anche per aver scelto di ‘reggere’ con lʼimmersione nella vita economica, con realizzazioni interessanti, ma anche con le modalità proprie dei compromessi economici...E questa direzione di marcia rende la sua ...liberazione costantemente legata ai processi statali ed economici in atto.
Può allora essere una incubatrice di una nuova stagione di impegno dei cattolici, rivitalizzando tradizioni nobili ma un po’ decadute e agganciando mondi sociali, come quello sindacale, orfani di collegamenti organici con la realtà dei partiti, vista la loro crisi?
Francamente c’è da nutrire forti dubbi. In termini di rinnovamento di classe dirigente il passato non fornisce lezioni esaltanti, basti pensare ai percorsi dei Formigoni e dei Buttiglione, solo per fare due nomi. Per quanto riguarda una visione di società appare oggi ben più profonda, chiara, ruvida previa nel non concedere sconti e radicata nelle necessità dellʼumanità di oggi la ‘pastorale’ di Papa Francesco, pur se suscita dissensi nella stessa cristianità.
È innegabile che dal ...sincretismo ciellino in materia di indagine delle caratteristiche della nostra società possa nascere qualche ‘vocazione’ al cambiamento di cui cʼè bisogno. Ma, come in altri casi, non sembra che da questo movimento possa rinascere una pluralità di fermenti in grado di smuovere il fatalismo culturale e politico nel quale siamo immersi. Anche se sarebbe davvero un intrigante nuovo inizio.
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