PERUGIA - La strada per uscire dalla crisi passa per l'equità e la difesa del lavoro. È questo il messaggio che la Cgil manda al nuovo governo e all'Italia in occasione della sua assemblea dei delegati, che ha riunito circa 15mila persone nel Palalottomatica di Roma. La confederazione mette sul tavolo 9 proposte per rilanciare il paese. E Susanna Camusso costruisce, nel suo intervento conclusivo, la bussola per orientarsi nella tempesta che aggredisce l'Italia. Una mappa di navigazione, di confronto, ma anche di lotta. Cucita attorno ad alcuni punti fermi come la “cura del lavoro”, l'articolo 18 (“numero magico”), il diritto ad andare in pensione dopo aver lavorato 40 anni, l'obbligo etico prima ancora che economico di praticare l'equità nell'ennesima manovra che sta per essere varata: tassando i patrimoni e colpendo l'evasione fiscale.

Susanna Camusso chiede esplicitamente al nuovo governo guidato da Mario Monti: “Non ci rovini la festa”. Ma sull'incontro per l'illustrazione delle misure anticrisi i toni usati dal segretario generale della Cgil sono di preoccupazione, assai più che di fiducia. “La convocazione delle parti sociali – dice Camusso - è un segno positivo, anche se la convocazione è ampia e il tempo è molto poco. C'è il rischio che si tratti solo di un informazione e non vorremmo che l'urgenza prevalesse sulla qualità delle scelte". "Noi - ha continuato - abbiamo già detto quali sono le scelte che consideriamo eque, scelte che si devono fare perché la discontinuità rispetto alle politiche del governo precedente diventi evidente, scelte che diano prospettive ai redditi da lavoro e da pensione. Noi consideriamo equo guardare ora a chi non ha ancora dato".

"In Italia c'è una straordinaria attesa dopo la caduta del governo precedente, già la civiltà dei comportamenti è un bel passo avanti in questo paese, e noi vogliamo cogliere questo spirito positivo. Per questo abbiamo deciso di non correre dietro alle notizie che sono uscite nelle ultime ore e aspettare dall'incontro di domani una serie di risposte che diano il segno del cambiamento. Al governo diciamo che la Cgil non si è rassegnata per tre anni, e non si rassegna neanche oggi. Le nostre proposte sono evidenti e restano le nostre bandiere. Nell'incontro di domani valuteremo cosa il governo ha da dirci. Le scelte giuste le accoglieremo, ma si sappia che siamo determinati a contrastare quelle che riterremo sbagliate".

Curare il lavoro
"Abbiamo voluto riportare al centro il lavoro”, ricorda Camusso, “perché curare il lavoro vuol dire curare l'Italia e, in questi tempi un po' strani, anche l'Europa”. “Curare – afferma la Camusso - è una parola che si usa per le persone, e allora curare il lavoro vuol dire avere cura delle persone, saper pensare che così si crea ricchezza. Perché il liberismo di questi anni ha voluto le persone diseguali e sole, ed è da lì che bisogna ripartire, dal lavoro. Anche per questo il governo precedente ci ha sprofondato nella crisi, perché non ha difeso il lavoro".

Sulle pensioni non si fa cassa
"Come si fa a dare ai giovani una prospettiva pensionistica? - si è chiesta il segretario -. E' la questione su cui siamo pronti a discutere, ma ci devono essere dei simboli riconoscibili. Quello che si vuole fare non è una riforma, ma fare cassa sulle pensioni. Noi non lo permetteremo. Siamo pronti a ragionare, ma sulle pensioni non si fa cassa".

Non si tocchi l'articolo 18
Monito sui diritti 'intangibili': "L'articolo 18 non si tocca, perché i licenziamenti discriminatori sono un tema su cui si misura la civiltà di un paese e l'Italia è un paese civile. L'articolo 18 – ricorda Camusso - sancisce la libertà dei lavoratori, ma questa libertà è l'altra faccia della libertà di impresa tanto invocata. Se non si capisce questo ci sarebbe un rovesciamento dei valori. Noi non siamo disponibili a discriminazioni".

Camusso lancia invece una proposta al governo: "Forse l'articolo 19 dello statuto dei lavoratori va preso con attenzione, altrimenti c'e' il rischio che diventi una regola per i sindacati di comodo'. La norma dovrebbe essere 'integrata con le liberta' sindacali', ha spiegato. L'art. 19 viene preso, ha evidenziato Camusso, come riferimento normativo dallla Fiat per escludere dalla rappresentanza delle fabbriche le organizzazioni che non firmano gli accordi.

La redistribuzione
"Dopo tanti anni – prosegue Camusso - ci dicono che i salari non recuperano neanche la metà dell'inflazione, ed è uno scandalo. Ma c'è uno scandalo in più, e bisogna proprio chiamarlo così: le retribuzioni dei manager e dei banchieri, che sono enormi. Non se ne può più: ci sono persone che guadagnano milioni di euro sulla pelle dei lavoratori". La vicenda Finmeccanica ne è un esempio". "Invece di pensare al rilancio è stata data una extraliquidazione a chi ha rovinato l'immagine dell'azienda in Italia e nel mondo', con riferimento all'ex numero uno dell'azienda di piazza Monte Grappa, Pier Francesco Guarguaglini.

Tassare patrimoni e rendite
Perciò "Bisogna intervenire sui grandi patrimoni e le rendite, e combattere l'evasione fiscale". E' una parte della ricetta per uscire dalla crisi. "Non ci si venga a dire che il governo precedente ha fatto molto contro l'evasione, perché non è vero - ha continuato – allora perché non si pensa a fare un accordo con la Svizzera per controllare i patrimoni esportati. Lo hanno fatto altri grandi paesi, perché non possiamo farlo anche noi?"

Confindustria non ci faccia lezioni
“I lavoratori e i pensionati di questo paese i sacrifici hanno già cominciato a farli da qualche anno, e non hanno bisogno di lezioni da nessuno”. Così Camusso replica al presidente di Confindustria, Emma Marcegaglia, che nei giorni scorsi aveva dichiarato che non è tempo di veti ma di sacrifici. “Ci piacerebbe sapere qual è il veto – afferma il segretario generale della Cgil - nel dire che i lavoratori hanno diritto alla mobilità, o che dopo aver lavorato 40 anni hanno diritto di andare in pensione”. Esiste un diritto al lavoro e un diritto al riposo, spiega Camusso. Il diritto a una fase della vita in cui riposarsi, con una pensione dignitosa. “Ci sono tanti pensionati che insieme a noi vogliono difendere le loro pensioni, cittadini di questo paese che non vogliono essere lasciati soli”. Se la Confindustria pensa “che 70 anni è l'età minima per le pensioni, noi pensiamo tutt'altro. E chiediamo – aggiunge Camusso -: che cosa pensano le loro imprese che ci chiamano per aprire le procedure di mobilità? Non ci sono due mondi. Uno solo ce n'è, di mondo. E noi vorremmo che ci sia la ragionevolezza”.

Sul palco romano la Cgil ha portato il lavoro, nelle parole e nelle storie di 13 delegati. Come quella di Simona Petracca, dipendente della Safab, un'azienda edile di Roma in crisi perché si è vista rifiutare il rilascio di certificazioni antimafia. Simona racconta dal palco del Palalottomatica la sua esperienza. "Man mano abbiamo visto i nostri colleghi andare via, senza che ci venisse spiegato esattamente perché. Poi ci siamo rivolti, forse troppo tardi, alla Fillea Cgil, e abbbbiamo capito cosa stava succedendo". Poi, citando una canzone del gruppo musicale Cccp afferma: "Non ci faremo travolgere dalla logica del 'nasci, produci, crepa'. Resisteremo, non vogliamo crepare". Oppure la storia di Martina Bedin, lavoratrice della coop sociale “Codess”, che si occupa di anziani a Padova: "Lavoro in una casa di riposo di Padova, sono un'operatrice sociosanitaria che si occupa del benessere delle persone anziane - afferma - amo il mio lavoro , per il rapporto umano che mi permette di avere con i pazienti, ma questo aspetto fa sempre più fatica ad emergere. I tempi sono stretti e le attività tante, così la frustrazione per non avere una relazione umana cresce".

Ma l'intervento più applaudito (una vera e propria ovazione) è senza dubbio quello di Yvan Jean Pierre Sagnet (qui l'audio), studente a Torino e bracciante in Puglia, una delle anime dello sciopero dei migranti di questa estate a Nardò. "In Puglia sono arrivato per guadagnare i soldi per la retta universitaria – racconta Sagnet – e ho scoperto il caporalato, non sapevo cosa fosse. Vivevamo in condizioni terribili, nella masseria, io ho dormito per terra. Il caporale ci ha requisito i documenti, poi è iniziato il lavoro. Il caporale ci costringe a pagare per essere trasportato nei campi e per un panino". "Nel campo è dura – continua - il lavoro consiste nel caricare cassoni di pomodori da trecento chili, pagati pochissimo a cottimo, con 40 gradi, sotto il sole, senza guanti e senza scarpe. Questo sistema va al di là dello sfruttamento è riduzione allo schiavismo. Ecco perché abbiamo deciso di scioperare. E' stato difficile, ma lo abbiamo fatto".

Le 9 proposte
In sintesi la Cgil avanza la sua ricetta. 1. Una nuova e strategica politica industriale contro la crisi riaffermando la centralità manifatturiera del nostro sistema; 2. Ridurre drasticamente le 46 diverse forme contrattuali esistenti a poche unità “senza pensare ad improbabili ulteriori riforme”; 3. Riformare gli ammortizzatori sociali per garantire a tutti, specie ai giovani precari, tutele dignitose; 4. Attuare nella Pa politiche del lavoro che non penalizzino le nuove generazioni e favoriscano la qualità e l'universalità dei servizi; 5. Giovani non più precari, le nuove generazioni non devono essere ricattate: servono contratti veri, con pieni diritti e tutele; 6. Più donne al lavoro attraverso un piano straordinario per l'occupazione femminile e con la reintroduzione della legge contro le dimissioni in bianco; 7. Combattere e reprimere il lavoro nero recuperando le ingenti risorse economiche per estendere legalità e diritti; 8. Mettere al centro il Mezzogiorno attraverso piani strategici di sviluppo e occupazione; 9. Lotta senza quartiere all'economia mafiosa che sottrae ogni anno 330 miliardi di euro al Paese.  

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