di Fabrizio Marcucci (www.ribalta.info)

La modifica del regolamento di assegnazione delle case popolari che ispira il bando appena varato dal Comune di Perugia è razzista. Non si trova un aggettivo più congruo per descrivere una norma che regola l'erogazione di un servizio che dovrebbe essere universale privilegiando invece chi risiede nel comune da dieci o più anni, cosa che penalizza la gran parte di stranieri che fanno domanda per quel servizio. Il fatto è che chi ha pensato e varato quella modifica e chi oggi ne gioisce, non è minimamente sfiorato dal dubbio che possa avere a che fare col razzismo. Il razzismo per loro è solo bruciare i negri come faceva il ku klux klan o gasare gli ebrei come facevano i nazisti. Tutto il resto è lecito. E questo pulisce le loro coscienze. Non si rendono conto che la discriminazione ha in sé il germe del razzismo come il baco la farfalla. E quella norma è discriminatoria e razzista. Lo è nell'ispirazione di fondo. Lo è per il veleno che inocula nel corpo sociale e da cui è al tempo stesso ispirata. E lo è nel momento in cui i suoi fautori la descrivono come una “risposta” alla discriminazione di cui sarebbero fatti oggetto gli italiani inibiti nell'accesso alle case popolari. Niente di più falso: l'80 per cento del patrimonio di edilizia popolare in Umbria è appannaggio di italiani.

Se i fautori e i plaudenti della norma fossero ancora appena in grado di ascoltare, gli si potrebbe segnalare tra l'altro che una popolazione straniera integrata è la migliore assicurazione anche per loro stessi, per la sicurezza di cui denunciano la mancanza un giorno sì e l'altro pure, spesso anche a sproposito. Gli si potrebbe far notare che in tempi di crisi occorrerebbe rilanciare un serio piano di edilizia popolare per fare in modo di includere chi rimane fuori, più che varare regole escludenti. Ma niente: contro le ideologie distorte, contro le demagogie degli acchiappavoti che raschiano il fondo del barile alimentando il senso di insicurezza invece di sanarlo; contro gli slogan che negano la realtà, è difficile ragionare.

Ma la vicenda della modifica del regolamento di assegnazione delle case popolari a Perugia, è istruttiva anche per un altro verso. Al di là di piccole schermaglie procedurali, nella seduta che il 20 aprile 2015 varò la modifica, la norma passò con 22 voti a favore (quelli della maggioranza di destra). L'opposizione si divise tra quanti si astennero (i 5 Stelle) e quanti non parteciparono al voto (il Pd). Ciò significa che nel consiglio comunale di Perugia è mancata la voce, minoritaria quanto si vuole ma pur sempre presente in città, di quanti considerano quella norma una ferita alla civiltà. Tanto che su quella vicenda non c'è stato dibattito in città, principalmente perché l'istituzione nella quale è stata varata l'ha digerita come un bicchiere d'acqua.

In tempi in cui si discute di riforme costituzionali che puntano a velocizzare, modernizzare, rendere smart il governo, laddove tutto questo significa “più poteri a chi decide”, si dovrebbe forse tornare a parlare di rappresentanza. Perché nella rappresentanza c'è un buco grande così. E la vicenda della modifica di ispirazione razzista del regolamento di assegnazione delle case popolari ne è la riprova. È una questione di democrazia, sempre che la cosa, in tempi di slogan slegati dalla realtà, possa interessare ancora qualcuno.

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