di Pasquale Cucchiara - Esseblog

La rivoluzione d’ottobre compie 100 anni. È passato un secolo da quando Lenin, Trockij e compagni la notte tra il 25 e il 26 ottobre formarono un governo rivoluzionario che si estese per tutta la Russia e cambiò la storia del mondo.
L’URSS divenne in poco tempo lo spauracchio d’Europa: comunista, rigidamente marxista e, incredibilmente, industrializzata. Il suo mito ebbe un fascino tanto contagioso da incutere panico a tutti i modelli di società a vocazione capitalistica. Anche in Sicilia, lo spettro del comunismo fu talmente temuto, da indurre preti e democristiani vari a fare terrorismo psicologico sulla povera gente alimentando voci sulla distruzione delle chiese in caso di vittoria del comunismo o accusandoli di “mangiare bambini”.
Le paure dei borghesi erano fondatissime dato che, per circa 70 anni il modello socialista sovietico rappresentò, di fatto, l’alternativa politica al capitalismo americano anche per i suoi successi sul campo scientifico, tecnologico, aerospaziale, culturale e militare.
Per i corti di memoria ricordiamo che molti scienziati sovietici furono insigniti del premio Nobel; nel 1957 misero in orbita il primo satellite artificiale nella storia dell’umanità (lo Sputnik 1); nel 1961 il sovietico Jurij Gagarin fu il primo uomo nello spazio; negli anni ottanta misero in orbita la MIR, ovvero la prima vera e propria stazione spaziale a lunga durata; nel 1957 venne messa a punto la prima nave di superficie a propulsione atomica e, infine, l’Armata Rossa fu il primo esercito a marciare vittoriosamente a Berlino e mostrò al mondo il massacro degli ebrei nei lager tedeschi.
Il prezzo da pagare per sostenere questi sforzi economici e politici fu altissimo. Infatti, le condizioni economiche del popolo erano appena sufficienti, i livelli di democrazia lasciarono a desiderare e gli oppositori politici furono perseguitati e internati nei Gulag siberiani.
Ma la rivoluzione sovietica sapeva anche criticarsi e rinnovarsi come fece coraggiosamente Nikita Chruscev quando nel 1956 quando denunciò il culto della personalità di Stalin e i crimini commessi durante la Grande Purga o come quando Michail Gorbačëv, nel 1986, introdusse la Glasnost’ (trasparenza politica) e la perestrojka (complesso di riforme economiche). Ad ogni modo, il sogno di accentrare tutti gli strumenti di produzione nelle mani dello stato per moltiplicare le forze produttive e democratiche si raggiunse a metà.
Inoltre, le invasioni militari, come quella in Afganistan e le repressioni militari come quella di Praga contribuirono ad allontanare gli altri partiti comunisti da Mosca.
Anche per questi motivi non tutti i comunisti si allinearono con l’Unione Sovietica come la Cuba rivoluzionaria di Fidel Castro e la Jugoslavia del Maresciallo Tito. Addirittura, questi due paesi si allontanarono dall’orbita sovietica per immaginare un Terzo Mondo alternativo al capitalismo americano e al comunismo di stampo sovietico. I comunisti europei, invece, con in testa il PCI di Enrico Berlinguer, inaugurarono la stagione dell’eurocomunismo e la stessa Cina mostrò sempre una certa indipendenza da Mosca. La caduta della rivoluzione era oramai alle porte. Si presagiva. Infatti,il famoso poeta Evtusenko scrisse: “Facevo parte di coloro che spingevano la Russia come un camion impantanatosi nel fango, ma quando ci riuscì di smuovere la storia,essa ci sfuggì di mano, e, superandoci, impetuosamente e in modo terribile, fu come se precipitasse da una montagna.”
Tuttavia, quell’esperienza rivoluzionaria funse d’argine per il capitale e per il neoliberismo che oggi strozzano nella precarietà e nell’incertezza le nostre vite. Oggi, infatti, il capitale percorrere indisturbato tutto il globo terrestre: dappertutto deve annidarsi, dappertutto deve costruire le sue basi, dappertutto deve creare relazioni.
Un’ultima, amara e, se volete, un po’ nostalgica considerazione: la rivoluzione d’ottobre si è infranta nella speranza di un socialismo dal volto umano e non si conosce ancora se il nostro capitalismo avrà mai un volto umano.

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