di Fosco Taccini

Le lavoratrici e i lavoratori, in questa pandemia da Covid-19, stanno sentendo in modo più intenso il senso di solitudine e gli effetti negativi di una crisi sanitaria che si evolve – giorno, dopo giorno – in crisi economica e sociale. Oltre gli annunci, elargiti con una certa frequenza, sembra che poco sia stato fatto. Proprio per questo, effettueremo una serie di interviste per focalizzare l’attenzione sul mondo del lavoro e di tutti gli aspetti connessi. Abbiamo raggiunto Mario Bravi, Segretario provinciale SPI CGIL Perugia, per una prima serie di domande sul questo tema fondamentale.

Ciao Mario, grazie per la disponibilità. Personalmente come stai vivendo questa fase dell’emergenza sanitaria da nuovo Coronavirus?

"Il Coronavirus ha imposto delle restrizioni, anche se personalmente non ho mai praticamente interrotto la mia attività di sindacalista. Anche se svolgere un attività sociale come quella del sindacalista in regime di distanziamento sociale rischia di essere una contraddizione in termine. Il sindacato ha bisogno di relazioni e di rapporti diretti, e per quanto il web sia una risorsa importante non sostituisce e non sostituirà mai il contatto diretto. Svolgendo tra l'altro, in questo momento, la funzione di segretario provinciale dello SPI CGIL di Perugia questa difficoltà nel rapporto con i nostri iscritti la sento in maniera forte".

Un aspetto che ti ha colpito particolarmente durante la fase di maggiori restrizioni?

"Un elemento di riflessione che traggo da questo momento e dall'esperienza che sto vivendo è inoltre il fatto che il ‘digital divide’ rischia di essere un ulteriore momento di esclusione e di allargamento delle diseguaglianze. Un aspetto che mi ha colpito in questa fase, in un contesto di reazione positiva e responsabile dei cittadini alle giuste misure restrittive del Governo, è l'accentuarsi del fenomeno paura, che ha portato alcuni a diventare delatori di altri, rischiando con ciò di vedere ‘l'altro’ solo come problema e soggetto da tenere lontano. Questo aspetto va affrontato per evitare che il Covid-19 ci lasci lacerazioni profonde che rischiano di aumentare solitudini e varchi di incomunicabilità tra le persone. Io non posso dimenticare, soprattutto in questa fase che ‘sindacato’ ha alle spalle 2 radici ‘sin’ e ‘dike’ che significano insieme per la giustizia e ‘insieme’ costituisce la ‘conditio sine qua non’ per affermare principi e concretezze di ‘giustizia’ in un mondo sempre più diseguale. Diseguaglianze sociali che sono un tema sempre più moderno e attuale come dimostra il lavoro dell'economista francese Thomas Piketty".

Passiamo ad analizzare la situazione della nostra regione. Qual è la situazione attuale?

"L'Umbria da questo punto di vista ne è un esempio lampante. Nella crisi del 2008 e che ha colpito la nostra regione più di altre sono emersi 3 temi: un crollo del PIL (Prodotto Interno Lordo) di oltre il 16% con una crisi industriale devastante, l'indebolimento della coesione sociale e del welfare e infine il raddoppio della povertà relativa assoluta".

A tuo avviso quali sono le maggiori criticità presenti nel mondo del lavoro?

"Tra le cause di questa situazione pre Covid vedo l'applicazione, da parte dell'ultima Giunta di centro sinistra dell'Umbria, delle logiche devastanti del Jobs act che ha puntato tutto sulla precarizzazione del lavoro. I dati reali dell'Umbria dimostrano che aver tagliato i diritti del lavoro non solo è una ricetta iniqua ma anche del tutto inefficace. Infatti la nostra regione, con salari più bassi della media nazionale, ha subito i colpi della crisi in maniera ancora più pesante del resto d'Italia".

Il Covid-19 oltre a incidere sull’economia sta incidendo in modo profondo anche sugli aspetti sociali.

"Ora la situazione conseguente al Coronavirus accentuerà queste difficoltà con una Giunta Tesei che ha in testa solo l'idea guida devastante della privatizzazione del sistema sanitario pubblico. Se ne può uscire solo attraverso un nuovo ruolo pubblico in economia. Come ha sottolineato più volte Mariana Mazzuccato, il ‘pubblico’ deve assumere un ruolo di guida e di orientamento nelle nuove politiche economiche necessarie ad uscire da questa situazione pesante e drammatica. In questo senso va sconfitta la logica ‘dell'assalto alla diligenza’ che caratterizza l'azione del nuovo presidente di Confindustria Bonomi. Servono politiche economiche nuove basate sul rispetto dell'ambiente e dei diritti fondamentali dei lavoratori e non la ripetizione delle vecchie logiche. Anche su questo l'Umbria è chiamata a svolgere un ruolo. Se questo non fosse verrebbe, meno la funzione di un ruolo, quella della Regione Umbria che ha senso se promuove sviluppo, lavoro e crescita culturale. Questa, credo, sia la sfida dei prossimi anni".

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