di Stefano Vinti 

Il problema di un un Pil che cresce in maniera impercettibile (+ 0,5%) e l'aumento dell' occupazione è inedito e interessante. 
Sul sito di 'Sbilanciamoci', Alessandro Bellocchi e Giuseppe Travaglini della università di Urbino hanno sostenuto che l'anomalo aumento della occupazione (847 mila nuovi occupati, in maggioranza lavoratori dipendenti e in parte autonomi in due anni), al netto della ripresa post-Covid e dalla spinta data dal Bonus 110% all'edilizia, è il segnale della avvenuta transizione da una economia deindustrializzata a una economia basata su servizi poveri come il 'food delinvery' o 'l' over-tourism' che devasta le città.
Questo è il risultato del mancato investimento sul 'terziario avanzato': informatica, intelligenza artificiale, tecnologie green, servizi finanziari.
Un modello assunto negli anni '80 del secolo passato, innervato dalla decisione di contenere i salari (diminuiti del 3% negli ultimi 30 anni), usare il debito pubblico come compensazione da far pagare ai soggetti sociali più deboli e dal collocamento dell'Italia nel fondo classifica della catena del valore del capitalismo globale finanziarizzato. 
L' Osservatorio INPS sul mercato del lavoro ha confermato: l' occupazione è cresciuta nei settori a bassa produttività e a bassi salari dove è più intenso lo sfruttamento del lavoro povero. Il governo Meloni raccoglie i risultati della politica italiana, a cominciare dagli accordi sulla moderazione salariale del luglio del '92 e del '93 e poi dal "centro-sinistra" degli anni Novanta, passando da Berlusconi e dai governi 'tecnici'.
È questa l'illusione del boom della occupazione di Meloni.

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