di Nicola Torrini -  AVInews.

Perugia, 7 dic. – “Il turbinoso progredire dell’automazione e dell’intelligenza artificiale sta cambiando radicalmente il modo di produrre, i poteri, le scienze, la ricerca e la vita dei cittadini in genere. Noi vogliamo fare in modo che i sindacati e le forze politiche che difendono gli interessi del lavoro siano in grado di affrontare e padroneggiare questo cambiamento”. Questo, nelle parole di Stefano Vinti dell’associazione culturale Umbrialeft, l’obiettivo dell’incontro ‘Lavoro, automazione, intelligenza artificiale’ organizzato a Perugia, venerdì 6 dicembre, nella sede della Cgil Umbria. L’iniziativa, in occasione della presentazione del numero 55 della rivista Alternative sul socialismo, è stato introdotto da Alfonso Gianni, condirettore della rivista, e presentato e coordinato da Stefano Vinti. A intervenire sono stati Mario Bravi, presidente dell’Istituto di ricerche economiche e sociali (Ires) della Cgil Umbria, Paolo Brutti, esponente della sinistra umbra, Luca Ferrucci, professore di economia e gestione delle imprese dell’Università degli studi di Perugia, e Simone Pampanelli, segretario della Fiom Perugia.

Lavorare meno. “Le più recenti ricerche – ha reso noto Vinti – ci indicano che il 47 per cento dei lavori nelle società a capitalismo avanzato possono essere oggetto di automazione. Ciò comporterà una radicale trasformazione nel mondo del lavoro, anche in quello cognitivo”. Si è quindi entrati nel vivo della discussione. “La robotizzazione e l’introduzione dell’intelligenza artificiale nei processi lavorativi – ha commentato Gianni –, ha come conseguenza la diminuzione dell’occupazione. Si pone, perciò, storicamente il tema della diminuzione dell’orario di lavoro. Già Keynes negli anni Trenta sosteneva che bastavano 15 ore alla settimana di lavoro per tenere in vita un sistema produttivo in una società sviluppata. La riduzione dell’orario di lavoro diventa uno dei mezzi per tamponare la diminuzione di occupazione che deriva dalla disoccupazione tecnologica”. Riflessioni queste proposte anche dal professor Ferrucci. “La tecnologia – ha detto Ferrucci – è stato un braccio funzionale al progresso dell’umanità, ma da diversi decenni sta collidendo con il tema del benessere stesso. La tecnologia, ovviamente, non si può fermare, ma non basta spingere su di essa per innalzare la produttività se questa non si traduce in una maggiore potere di acquisto dei salariati. Per evitare quelle crisi di sovrapproduzioni strutturali che già Keynes denunciava all’epoca è necessario riflettere molto sulle conseguenze che la tecnologia genera nel mondo di oggi”.

Reddito di cittadinanza. L’altra soluzione prospettata per far fronte a questo problema è quella del reddito di cittadinanza. “Il lavoro che svolgono le macchine al posto degli uomini – ha affermato ancora Gianni – deriva dal saper fare ingegneristico, operaio e impiegatizio delle generazioni precedenti. È quindi giusto che la ricchezza prodotta attraverso un sistema che si basa sull’automazione divida i risultati di ciò che ottiene anche con chi non lavora. Il reddito di cittadinanza diventa un dividendo sociale motivato storicamente e possibile concretamente. La lotta è ancora lunga ma l’obiettivo è sicuramente quello”.

La situazione in Umbria. Il presidente dell’Ires Mario Bravi ha quindi fatto una panoramica della situazione umbra. “La nostra – ha spiegato Bravi – è una regione che ha bisogno di innovazione. Un’innovazione che va contrattata e che necessita di un sindacato più forte e incisivo per fare in modo che questa non sia indirizzata solo ai processi ma anche ai prodotti, il che significa allargare e qualificare il sistema produttivo. C’è anche l’aspetto di una parte del sistema, soprattutto alcune cooperative della logistica, che preferisce continuare a sfruttare il lavoro umano piuttosto che innovare”.

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