Augusto, l’imperatore che riscrisse il tempo.
di Maria Pellegrini.
Non è difficile immaginare che il nome “Agosto”, dato all’ottavo mese del nostro calendario, derivi dall’appellativo Augustus, titolo onorifico attribuito nel 27 a.,C. dal senato romano a Ottaviano, figlio adottivo di Giulio Cesare. Augustus è innanzitutto la traduzione latina dell’aggettivo greco σεβαστός, che significa “venerabile”, utilizzato in Oriente per indicare le divinità, o i sovrani più importanti, venerati come dei dopo la morte. A Roma questo epiteto forniva esclusivamente prestigio politico e collocava Ottaviano al di sopra di tutti gli altri cittadini. Il termine Augustus, inoltre, deriva del verbo latino augere, che ha il significato di “accrescere”: dunque Augustus è colui che accresce la ricchezza, il benessere, la floridezza dello Stato, grazie al potere che riveste.
Poiché era il Pontefice Massimo la figura preposta alla gestione del calendario, Augusto, Pontifex Maximus dal 12 a. C., poté procedere alla sua riforma. Nel Museo Nazionale romano è esposta la famosa statua dell’imperatore in veste di pontefice massimo e si possono vedere le lastre marmoree del calendario prenestino di età augustea. L’ottavo mese prese il suo nome e s’introdussero nuovi riti e festività in suo onore che andavano a sommarsi alle precedenti feste (tutte connesse alle divinità), facendo così del calendario anche uno strumento di propaganda. Ma la riforma riguardò anche la correzione di alcuni errori esistenti nel calendario giuliano, quello che Giulio Cesare aveva introdotto nel 46 a. C. Ma è utile fare una breve storia dell’organizzazione del tempo a Roma prima di Cesare e di Augusto.
L’antico calendario romano, risalente agli anni della monarchia, prevedeva solo dieci mesi e cominciava con il mese di Martius (Marzo, sacro a Marte dio della guerra); seguivano Aprilis (Aprile, dal latino aperire cioè aprire, e si riferisce alle gemme che sbocciano); Maius, (Maggio, sacro a Maia, dea della vegetazione e della fertilità: in questo mese si praticava un rituale mirato alla fertilità dei campi); Iunius (Giugno, sacro a Giunone, dea della prosperità). Traccia di questo primordiale calendario di dieci mesi rimane tuttora nei nomi che vanno da Luglio a Dicembre che si chiamavano, prima della riforma di Giulio Cesare (partendo da Marzo come primo mese): Quintilis (Quintile, quinto mese dell’anno da quinque, cinque), Sextilis (Sestile, il sesto da sex, sei), September (Settembre, il settimo da septem, sette), October (Ottobre, l’ottavo da octo, otto), November (Novembre, il nono da novem, nove) e December (Dicembre, il decimo mese da decem, dieci). È chiaro che con dieci mesi era impossibile armonizzarsi con le stagioni. I dieci mesi dell’anno erano computati in modo irrazionale: alcuni risultavano di 20 giorni, altri di 35, altri di più ancora. Non si aveva cognizione della differenza tra anno solare e anno lunare. Ogni anno era più vicino al ciclo lunare. (L’anno solare è il tempo di rivoluzione della terra intorno al sole e corrisponde all’intervallo di tempo tra due successivi passaggi del sole all’equinozio di primavera. L’anno lunare ha come base il moto della luna attorno alla terra e il mese è l’intervallo tra due noviluni).
Il numero dei mesi fu portato da 10 a 12 (in data ancora incerta, ma risalente al tempo dei re o dei primi anni della repubblica) con l’aggiunta all’inizio dell’anno dei mesi Ianuarius (Gennaio, sacro a Giano, dio bifronte, che segnava simbolicamente il passaggio dall’anno precedente a quello successivo) e Februarius (Febbraio, mese dei februa, le purificazioni che in questo mese si praticavano nei campi prima che venissero coltivati).
Al tempo di Giulio Cesare i mesi non corrispondevano più alle stagioni effettive: quando il calendario segnava marzo, il grano era già maturo ed era ora di mietere. Solo i sacerdoti conoscevano la durata esatta dell’anno e usavano - per correggere le sfasature delle stagioni - aggiungere all’improvviso il cosiddetto mese intercalare, chiamato “mercedonio”.
Per rimediare ai molti inconvenienti riscontrati nel calendario in uso, Giulio Cesare nel 46 a. C dietro suggerimento dell’astronomo alessandrino Sosigene, e probabilmente di vari filosofi e matematici riformò il calendario. L’anno, calcolato su base solare, divenne di 365 giorni e ¼ di giorno; ogni quattro anni si aggiunse all’anno in corso un giorno per recuperare quel quarto di giorno - non computato - di ognuno di quei quattro anni. Pertanto l’anno al quale si aggiungeva un giorno, risultò di 366 giorni ed era chiamato bisestile perché il giorno non era aggiunto come avviene attualmente dopo il 28 Febbraio, ma dopo il 24 (che per i Romani si definiva così: ante diem BIS SEXTUM Kalendas Martias, cioè sei giorni prima delle Calende di Marzo (Kalendae indicava il primo giorno di ogni mese seguito dall’aggettivo del mese al quale si riferiva). Ogni quattro anni, l’anno era detto, come succede ancora oggi, bisestile da quel giorno BIS SEXTUM aggiunto al mese di Febbraio.
La riforma del calendario voluta da Giulio Cesare ebbe un avvio piuttosto travagliato. Nel 44 a. C. dopo l’assassinio di Cesare il mese Quintilis (Quintile) fu in suo onore ribattezzato Iulius (Giulio, divenuto poi Luglio).
Durante il periodo augusteo fu scoperto un errore dei sacerdoti che avevano intercalato l’anno bisestile ogni tre anni invece che ogni quattro, fraintendendo le istruzioni di Sosigene (come scrive Plinio nella Naturalis Historia, 1, XVIII, c.25). Con l’occasione il mese Sextilis (Sestile) fu ribattezzato Augustus (Augusto, divenuto poi Agosto) in onore dell’imperatore con una legge: lex pacuvia de mense augusto. Così scrive Svetonio:
“Augusto riportò alla cadenza originale il calendario che il Divo Giulio aveva riformato, ma che era poi stato turbato e confuso per negligenza; e in questo riordino ribattezzò il mese Sestile con il suo cognome, preferendolo a Settembre che era il suo mese natale, poiché in tale mese si erano verificati sia il suo primo consolato sia importanti vittorie” (Le vite dei dodici Cesare, Augusto, 31).
Per rimediare all’errore che aveva già provocato uno sfasamento di 3 giorni Augusto ordinò che fosse sospesa l’intercalazione del giorno bisestile fino all’anno 8, che risulta quindi essere il primo anno bisestile dell’era cristiana.
Nomi e lunghezze dei mesi sono ancora oggi quelle stabilite da Cesare e da Augusto. Sulla base di diversi documenti oggi prevale l'ipotesi che le lunghezze dei mesi fossero quelle odierne già nel 46 a. C. In effetti nessun autore antico parla di questo cambiamento di lunghezza dei mesi, e un papiro ritrovato nel 1999 sul calendario dell’anno 24 a.C. dà già le lunghezze attuali dei mesi.
Augusto modificò l’organizzazione del tempo. Rispetto al precedente uso di riportare esclusivamente feste legate alle divinità, i Fasti (termine con cui si indicano i calendari dalla parola “fasto”, giorno in cui non esisteva nessuna controindicazione religiosa per la trattazione degli affari) diventarono con Augusto uno strumento di propaganda della figura del Princeps. Il cambiamento portò con sé l’introduzione di nuovi riti influendo anche nella riorganizzazione della città con inedite cerimonie in spazi civici e monumenti pubblici. Fu istituito anche il nuovo culto dei Lares Augusti, figure protettrici della casa dell’imperatore.
Ad Augusto dobbiamo far risalire anche l’istituzione del nostro Ferragosto il cui nome deriva dalla locuzione latina feriae Augusti indicante un periodo di riposo e di festività istituite dall’imperatore nel 18 a.C. in aggiunta alle esistenti e antichissime feste cadenti nello stesso mese per celebrare i raccolti e la fine dei principali lavori agricoli.
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