di G.Battista Frontera

Con la delibera 14 del 20/3/2017, il Consiglio Comunale di Assisi, ha approvato il “Regolamento comunale per la concessione in uso delle infrastrutture (cavidotti, pozzetti chiusini, etc.) atti ad ospitare cavi di fibra ottica” da parte di maggioranza più M5S.

Astenuti compagine Lunghi (amministrazione comunale precedente) più il consigliere Bartolini.

La cosa che salta all’occhio, leggendo le trascrizioni degli interventi, nelle motivazioni dell’opposizione astenutasi dal voto, amenità del tipo “Italia connessa di TIM” e “carrozzoni pubblici” e “guardare i bilanci” riferito ad Umbria digitale in risposta alle affermazioni dell’Assessore Pettirossi, che parla dell’interconnessione degli uffici comunali di S.Maria degli Angeli e con essi il sistema informativo comunale, scuole e potenzialmente edifici privati, rispetto al tracciato della precedente amministrazione che prevedeva l’interconnessione attraverso un tracciato nel mezzo di terreni agricoli al Lirick, che senza sminuire l’importanza dello stabile teatrale, dimostrava semplicemente la totale assenza di visione e conoscenza delle problematiche legate all’esigenza della PA comunale e della cittadinanza.

Eppure, i contenuti per incalzare la maggioranza ce ne sarebbero stati, perché, per quel che ne so io, lo “ABC” del consigliere di opposizione è l’essere informati sulle leggi vigenti in merito all’argomento, per segnalare eventuali omissioni. Ovvero, anche per i non addetti ai lavori, doveva saltare all’occhio che i riferimenti di legge del presente regolamento datano a quasi 10 anni fa. Il regolamento omette il recepimento della legge regionale 31/2013, che oltre ad individuare la connessione internet come diritto individuale ulteriore assai prima della “Carta dei diritti internet” approvata dal Parlamento (qui l’articolo di Repubblica del 3/11/2015), obbliga le amministrazioni comunali al censimento delle risorse del sottosuolo utilizzabili per la posa di cavi in fibra ottica, e, definitivo e cogente, il regolamento del SINFI, Catasto nazionale delle infrastrutture, con decreto legislativo 11/5/2016 (qui il collegamento all’articolo del portale del MISE sull’argomento), che obbliga PA ed operatori a conferire le informazioni delle proprie reti di telecomunicazioni e risorse del sotto e sopra suolo utilizzabili per la creazione di reti di telecomunicazioni.

Certo, per quel che l’attuale opposizione capeggiata da Lunghi, sarebbe stata un’ammissione di inadeguatezza, vista la figura non edificante in merito al famigerato “piano antenne” vigente, frutto dell’amministrazione Ricci-Lunghi, assolutamente inadeguato e tecnicamente con grosse falle.

Quindi l’attuale regolamento tutto da rifare?

Certamente no (un piccolo appunto sul regolamento: da non giurista, ma per quel che so d’esperienza, la manleva da parte del Comune per gli eventuali propri danni nei confronti dei cavi degli operatori, dinnanzi ad un giudice, avrebbe vita breve, con l’aggravio di spese legali per il Comune) ma sicuramente insufficiente, considerando che leggi e regolamenti vigenti, regionali e nazionali, come già detto, obbligano ad integrare le informazione e di conferirle in ambito nazionale. Ma l’integrazione ed il recepimento va fatto al più presto, in quanto l’amministrazione comunale potrebbe essere soggetta a sanzioni amministrative, che poi pagheremmo tutti, cittadini di Assisi.

Per altro, le prebende positive per Assisi dal recepimento delle predette legge e regolamento, sarebbero superiori dal non farlo.

Per esempio, la mappatura dei cavidotti di illuminazione urbana, consentirebbero, nell’ordine:

  • un maggior reddito per il Comune, che non li darebbe in utilizzo gratuito;
  • un minore impatto ambientale consentendo di evitare, dove non necessario, ulteriori scavi, con relativi disagi per i cittadini ed il rispetto per l’ambiente;
  • un incentivo ulteriore per gli operatori di telecomunicazioni, che per portare la banda ultralarga, nelle zone già dotate di tali cavidotti, avrebbero costi inferiori e di solo affitto, affrancati da quasi il 90% dei costi notevoli iniziali dovuti ad edilizia e scavi.

Nel resto della regione tutto a posto? Non credo, con, ahimè, il silenzio assordante delle istituzioni regionali, che dovrebbero “aiutare” nel trasferimento delle nuove competenze i vari Comuni. Al di là del lavoro della partecipata pubblica Umbria Digitale S.p.A., che ha una grossa rete (ultimata avrà oltre i mille km di fibra posata), ma che dovrebbe diventare un operatore di telecomunicazioni a tutti gli effetti, con tanto di rete “accesa” e gestita all’interno, e non con gare d’appalto nei confronti degli operatori.

Condividi