Appello dell'associazione "Medicina Democratica".
Alle Associazioni,
Ai Comitati,
ai Movimenti
ai Sindacati
ai Partiti
al mondo scientifico e della formazione
ai Sindaci
Appello e proposta di discussione e iniziativa: Diritto alla Salute, Sanità Pubblica universale, gratuita e partecipata - Per un Coordinamento Nazionale:
la salute non è una merce, la sanità non è una azienda
CHIEDIAMO A TUTTE LE REALTA’ E AI SINGOLI CHE CONDIVIDONO LE CONSIDERAZIONI E GLI OBIETTIVI BASILARI QUI ESPRESSI di riunirsi in un Coordinamento nel quale, mantenendo le proprie peculiarità e scopi, tutti possano contribuire ad approfondire e orientare iniziative per costruire assieme una vertenza nazionale condivisa nei confronti delle istituzioni, a partire dal Governo, fondata sulla affermazione di un sistema sanitario pubblico, universale, partecipato e gratuito (pagato dalla fiscalità generale).
Solo con la forza di una mobilitazione estesa sul territorio e di massa si potrà invertire la tendenza e ripartire su nuove basi, dopo la pandemia, affinchè “nulla sia più come prima” perché le condizioni della “normalità” previgente costituivano la vera malattia sociale e ambientale.
La pandemia da COVID-19 (SARS-CoV-2) che ha particolarmente colpito il nostro paese, soprattutto le regioni del Nord, ha fatto emergere i limiti del sistema sanitario: quello pubblico, falcidiato negli anni passati dai tagli in finanziamenti e operatori, dalla disgregazione e dalla frammentazione; quello privato attento esclusivamente alla corsa all’utilizzo della malattia e dei servizi sanitari e farmaceutici a scopo di profitto. La conduzione dell’emergenza ha reso evidente che solo un sistema pubblico organizzato e preparato può dare una risposta idonea alla crisi sanitaria che un’epidemia di grandi dimensioni determina.
Siamo convinte e convinti che nelle associazioni, nei comitati, nei movimenti, nei sindacati (vecchi e nuovi) che perseguono l’attuazione e la salvaguardia del diritto alla salute garantito dall’articolo 32 della Costituzione e dalla legge istitutiva del Servizio Sanitario Nazionale (SSN) (L. 833/1978), come pure nella popolazione, vi sia una rinnovata convinzione e coscienza della assoluta necessità della Sanità Pubblica.
“...La rinnovata consapevolezza della differenza che può fare un'istituzione di sanità pubblica universale e libera, è vividamente presente nei paesi più colpiti oggi. Iniziative come quelle spagnole per mettere tutti gli ospedali privati sotto il controllo statale indefinitamente - dovrebbero diffondersi a livello internazionale come il virus e generare un forte consenso globale su una visione basata sui diritti dei sistemi e dei servizi sanitari, che va al di là delle questioni relative alle risorse finanziarie. Lo considero il punto di non ritorno politico dell'attuale crisi virale. In realtà, questo è il “coronavirtù” che dobbiamo cogliere e preservare, se prendiamo sul serio la copertura sanitaria universale e lo sviluppo sostenibile per tutti.” (Nicoletta Dentico)
Su queste premesse proponiamo ai destinatari e agli interessati di costituire un Coordinamento nazionale in grado di aprire una vertenza per modificare quelle scelte politiche e conseguenti pratiche sanitarie, che hanno portato all’attuale disastro. I punti nodali che riteniamo possano essere oggetto di discussione e condivisi sono i seguenti:
1. La storia che ha portato alla nascita della Riforma Sanitaria del 1978 e alla sua prima attuazione è caratterizzata da un forte impegno per la prevenzione1. E’ una storia che inizia con la Resistenza (proposta del CLN Alta Italia, 1944) ed ha percorso il movimento operaio e sociale degli anni ’70. E’ la storia della nascita di fondamentali servizi e strutture determinanti per la salute dei cittadini: i servizi di prevenzione nei luoghi di lavoro, per la salute della donna, per l’igiene pubblica e ambientale, per la salute mentale, per le tossicodipendenze, per la medicina in età scolastica.
2. Alla affermazione iniziale del SSN ha fatto seguito un suo lento declino fino agli ultimi anni con una progressiva destrutturazione e riduzione di ruolo e servizi. Dai servizi territoriali si è passati alla centralità degli ospedali, a loro volta, con il taglio dei finanziamenti, ridotti nel numero e nei posti letto (terapie intensive incluse). Si è investito in “sanità residenziale” con nuovi ospedali in nome dell’eccellenza o della razionalizzazione attivando speculazioni edilizie il cui peso economico è stato spostato sul futuro (project financing).
3. L’organizzazione complessiva del SSN determinata dalle leggi di riordino a partire dal decreto legislativo 502/92 va rivista a partire dai seguenti nodi: i) Ritorno al decentramento con i sindaci quali garanti della salute dei cittadini in luogo di ideologie aziendaliste – con direttori generali aventi “poteri assoluti” su territori troppo ampi per poter tenere conto delle loro peculiarità e problemi, condizione che incide negativamente su tutti i determinanti di salute. ii) Ristabilire i modi di partecipazione e controllo da parte dei cittadini. iii) Garantire un finanziamento congruo passando da un sistema che paga la malattia ad un sistema che paga i risultati in termini di salute. iv) Mantenere correlati e non separati gli interventi di carattere sociale e assistenziale; per esempio le Residenze Sanitarie Assistenziali (RSA) devono essere a pieno titolo nel SSN.
4. Il finanziamento di un SSN universale e gratuito che possa tutelare tutta la popolazione in modo solidale è ottenibile solo attraverso la fiscalità generale e progressiva e dal riconoscimento che la difesa della salute non è un costo ma un investimento da sostenere, a partire dall’eliminazione dell’evasione fiscale. I veri sprechi sono la spesa militare e il finanziamento delle fonti fossili per la produzione di energia (nonché il malaffare e la corruzione con effetti disastrosi sulla salute come la vicenda della Clinica Santa Rita di Milano ha posto all’attenzione di tutti). In questo modo è possibile rilanciare l’impegno per la prevenzione, alla base della Legge 833/1978.
5. Occorre ristabilire la subordinazione del settore privato a quello pubblico quale attuazione del diritto costituzionale alla salute. La crescita del settore privato ha drenato fondi pubblici mediante le convenzioni e gli accreditamenti, in particolare per le prestazioni profittevoli (inducendo
1 “La legge 833 nonostante i limiti e le contraddizioni, può permettere la creazione di un sistema basato sull’approccio preventivo, anche per quanto riguarda la cura e la riabilitazione, capace di autoregolarsi rispetto alla ricerca, alla conoscenza, al controllo, alla eliminazione dei rischi e dei danni più gravi e più diffusi che interessano i lavoratori e la popolazione. Per avviare questo processo di progressiva sostituzione del vecchio assetto sanitario basato sull’approccio individuale e privatizzato della malattia, fatto di domande di intervento sparpagliate ed incontrollabili, sia per quanto riguarda l’efficacia degli interventi stessi, sia per quanto riguarda la spesa, con un sistema basato sulla programmazione, la prevenzione e la partecipazione, occorre una grande mobilitazione ed una grande iniziativa di popolare e di massa… La Federazione CGIL-CISL-UIL assuma e colmi il vuoto legislativo di strutture partecipative, avviando a soluzione il problema scientifico della individuazione, del controllo e della eliminazione partecipata dei rischi e dei danni, tramite la costituzione di comitati di partecipazione come prima aggregazione nel territorio della USL di tutti coloro che hanno esperienza dei luoghi di vita e di lavoro nella lotta contro la nocività…” (Federazione nazionale CGIL-CISL-UIL - Convegno di Ariccia 27/28 febbraio 1979).
sempre più in questa logica anche i dirigenti pubblici messi in “concorrenza” col privato). In Lombardia, ad esempio, le strutture private costituiscono il 40% del sistema sanitario (oltre il 45 % in termini di fatturato). Il ruolo secondario e tardivo delle strutture private durante la pandemia Covid-19 e il rifiuto di ricorrere alla requisizione di tutte le strutture private, come avvenuto in altri paesi europei, che potevano essere utilizzate per rispondere all’attuale emergenza, confermano l’avvenuto rovesciamento dei ruoli e la subalternità tra pubblico e privato.
6. La discussione deve aver al centro il rilancio dei servizi territoriali a partire dal ruolo dei medici di base che va sostenuto, reso agevole e garantito anche in termini di sicurezza degli operatori. Occorre riprendere il filo del discorso di una prevenzione che parta dal territorio quale sistema unitario e olistico di ambiente salubre, luoghi di lavoro sicuri e idonee condizioni di vita ovunque. La riapertura delle aziende deve coincidere con l’adozione di una organizzazione del lavoro, a partire dalla riduzione degli orari, tali da perseguire il benessere dei lavoratori.
7. Per quanto sopra riteniamo che altri punti di discussione, anche se non esaustivi, sono:
- l’abolizione della libera professione intramoenia;
- l’eliminazione della “sanità integrativa” o la sua limitazione a settori marginali, si fa riferimento anche a quella contrattata nell’ambito del “welfare aziendale”: tutti devono poter avere lo stesso accesso con gli stessi tempi e le stesse modalità ai servizi sanitari;
- il riconoscimento delle malattie professionali e degli infortuni sul lavoro deve essere sottratto allo stesso ente che ne è l’assicuratore, INAIL, e passare (come già previsto dalla legge 833/1978) a carico delle ASL (chiamandole di nuovo USSL per rimarcarne l’impostazione socio-sanitaria e locale);
- la rimozione di ogni ipotesi di regionalismo differenziato, puntando invece a garantire nel concreto in modo uniforme in tutto il paese i Livelli Essenziali di Assistenza (LEA) e, in caso di emergenze, un approccio unitario e un intervento uniforme e coordinato;
- ricondurre a unità l’intervento pubblico di tutela di salute e ambiente (One Health) in quanto le condizioni ambientali come quelle nei luoghi di lavoro sono determinanti di salute, come confermato anche dalla attuale emergenza pandemica;
- tenere conto della salute animale: gli allevamenti intensivi favoriscono il passaggio di specie dei virus e sono alla base della promozione di consumi e abitudini alimentari non salutari.
8. Un discorso a parte merita la situazione della Regione Lombardia per il ruolo in prima fila, svolto dagli anni ’90, nella “apertura” della sanità al privato a scapito del pubblico, con la retorica dell’eccellenza dell’intervento di cura a scapito però della prevenzione, il cui risultato è oggi il primato nel rapporto tra casi identificati di COVID-19 e deceduti a livello nazionale e mondiale. Con il corollario della mortalità (il 50 %) nelle RSA trasformate in lazzaretti, che ha indotto la Procura della Repubblica del Tribunale di Milano ad avviare una rigorosa indagine. Le forze politiche hanno dimostrato di essere inconcludenti e incompetenti, assumendo decisioni contraddittorie e tardive, anteponendo gli interessi di partito a quelli della salute.
La richiesta di commissariamento dell’amministrazione regionale lombarda sottoscritte da oltre 50.000 cittadini sono sicuramente giustificate. Per parte nostra non mancheremo di studiare e attuare ogni iniziativa utile per la salute della popolazione con rigorose ed efficaci azioni legali per contribuire, anche a livello giudiziario, a svelare i comportamenti che negli ultimi 20 anni hanno prodotto l’attuale sfacelo, individuando anche le responsabilità personali.
Per un Coordinamento Nazionale:
la salute non è una merce, la sanità non è una azienda.
Milano, 20 aprile 2020
Il Consiglio Direttivo di Medicina Democratica Movimento di Lotta per la Salute Onlus
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