di Osvaldo Fressoia

Non stiamo parlando dei palestinesi, questa volta. Per fortuna si tratta di tutt’altra fuga, meno – molto, molto meno – drammatica: è l’Agenas a dirlo, ovvero l’Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali, che ha diffuso pochi giorni or sono i dati 2022 sulla mobilità sanitaria, ovvero il fenomeno per cui i cittadini di una regione preferiscono rivolgersi altrove per curarsi. C’è da dire che già ad aprile anche la Corte dei Conti, in un suo report aveva evidenziato come l’ Umbria nel decennio di riferimento 2012-2021 era passata da una forte attrattività in entrata – che permetteva anche a cittadini di altre regioni di ricevere cure di eccellenza nella nostra Regione – ad una crescente passività che ha visto il suo culmine negativo negli anni 2020 e 2021. Il 2017 è stato il primo anno a registrare passività (- 2.21), per poi salire progressivamente: -5.29 nel 2018, – 6.71 nel 2019, – 10.12 nel 2020, -14.70 nel 2021 e -18.07 nel 2022. Il saldo tra chi arriva nelle strutture sanitarie umbre e chi va altrove, è negativo sia per quanto riguarda le prestazioni ospedaliere che per quelle ambulatoriali, con notevoli perdite in termini economici.  La “fuga” degli umbri risulta particolarmente rilevante soprattutto per quanto riguarda i ricoveri, pari al 21%, contro la media nazionale del 10%, con un costo per la sanità umbra di 54, a fronte di circa 36 milioni incassati da chi si è rivolto ai servizi sanitari umbri provenendo da fuori, con un saldo negativo di 18 milioni. Anche per le prestazioni ambulatoriali (visite ed esami) in altre regioni la sanità umbra avrebbe speso 14 milioni di euro, con un saldo negativo di circa 3 milioni e 200mila euro. Le mete prescelte dai pazienti umbri, riguardanti soprattutto le strutture private accreditate, sono l’Emilia Romagna, la Toscana e la Lombardia, regioni che in ambito ospedaliero presentano un saldo positivo tra arrivi e fughe insieme a Veneto, Piemonte. Che dire? Quanto meno che l’offerta sanitaria regionale non è ritenuta affatto soddisfacente, nonostante gli enormi sforzi di tutto il personale sanitario sempre più insufficiente e sempre più costretto a orari e condizioni di lavoro sempre più pesanti, fino all’inaccettabile. Insomma anche questo è uno dei tanti indicatori della progressiva distruzione del sistema pubblico universale anche nella nostra regione. Da non dimenticare, inoltre, e non è cosa di poco conto, che nel frattempo il buco di bilancio sanitario aumenta sempre di più (oggi è di circa 230 milioni di euro), soldi che saranno i cittadini umbri a pagare in prima persona con l’aumento delle tasse e/o con la diminuzione delle prestazioni pubbliche gratuite. Insomma, un bel risultato della coppia Tesei-Coletto: meno offerta sanitaria e più deficit.

Tratto da Micropolis (https://www.micropolisumbria.it/anche-gli-umbri-fuggono-dalla-sanita-regionale/)

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