Quello di Riccardo Cucchi non è soltanto un libro di calcio, possiamo dire che da esso, ma più in generale dallo sport, si parla del mondo, dei suoi affanni, delle sue contraddizioni sociali, ambientali, economiche. Ed in queste contraddizioni embrioni di speranze, che partono da piccole realtà come il “Fussball-Club St Pauli” di Amburgo”, una società nata nel 1899 e fondata dagli operai del porto della stessa città, la cui principale attività è quella dell’inclusione sociale, in un quartiere dove esplode l’emarginazione, il degrado sociale, un rigurgito neonazista; o come l’Athletic Brighela, un formazione della terza categoria del campionato dilettante bergamasco che, all’indomani della tragedia di Cutro, dove morirono decine e decine di immigrati, durante una partita di calcio stesero uno striscione “mai più morti nel Mediterraneo” per affermare che il calcio è fatto di valori umani, di sensibilità, che la competizione
sportiva non è estranea a quella che è la comunità, il senso del vivere comune, la Possiamo dire, quindi, che è un libro politico a tutto tondo, perché un altro calcio è la metafora di un altro mondo. L’autore comincia con un ricordo: l’oratorio di Don Vincenzo. È lì che è nata la sua passione per il calcio, ed il parroco “aveva le chiavi del Paradiso”, quando apriva il cancello e si spalancava quel campetto di terra che le corse ed il pallone alzavano la
polvere. Ma è l’oratorio che ha formato campioni leggendari, da Rivera a Gigi Riva, da Boninsegna a Burnich. Quel mondo non esiste più, le scuole calcio hanno sostituito quelle realtà ricche di sogni visionari, che a volte diventavano realtà. 
Si parla anche di mondiali, della storia dei campionati mondiali di calcio, manifestazione nata dalla fantasia di Jules Rimet, dalla sua prima edizione del 1930 in Uruguay fino all’ultima in Quatar, dove la finanza, l’interesse e la tecnologia hanno prevalso sullo sport, producendo una serie di danni sociali ed ambientali. Migliaia e migliaia di lavoratori costretti a lavori forzati e a vivere in baracche di latta a temperature che raggiungevano i 50 gradi, con paghe miserevoli. Molti di essi sono deceduti non riuscendo a resistere a tanta disumana fatica. L'informazione non sempre è stata trasparente. Le prese di posizione del Bayern Monaco sono state seguite da critiche severe, i giocatori dell'Iran che protestano per la mancanza di democrazia nel loro Paese non ha trovato a livello internazionale un'eco abbastanza forte che potesse sostenere quella loro sacrosanta battaglia per la democrazia.
lo stesso concetto viene espresso nel parallelo fra calcio e totalitarismi, come esso sia stato trasformato da questi regimi in propaganda, come è successo nell'Italia fascista del 1934 e del 1938, in una retorica piegata ai messaggi della demagogia del potere. Quindi anche un libro antifascista.
Ma si continua a parlare di modiali di calcio: Italia 90. L'ultimo campionato del mondo al quale partecipò la Jugoslavia. Faruk Hadzibegic, capitano di quella nazionale sbagliò il rigore decisivo che permise agli argentini di accedere alla semifinale, nel giro di pochi mesi quella nazione esplose in un conflitto tragico, violento e drammatico. Lo sterminio razziale, praticato in modo consapevole e pianificato fu di nuovo protagonista in Europa. Senza dubbio l'estremismo del nazionalismo Serbo ebbe una responsabilità gigantesca, che la storia ha già condannato, ma le atrocità, in quella guerra dei Balcani", non furono solo di matrice serba, la Croazia non fu estranea alla violenza più feroce. Ma il capitano jugoslavo si domanda ancora se quel tiro avesse
preso una traiettoria diversa e fosse finito in rete, forse anche la storia avrebbe potuto prendere una via diversa.
il libro è pieno di calcio, di quella passione che il calcio spontaneamente fa nascere.,  su questa passione, la passione che nasce spontaneamente nell'animo di miliardi di persone, una speranza perché il calcio possa tornare ad essere sé stesso: un'impresa che produce emozioni da vivere collettivamente, si ride di gioia per una vittoria, si piange per una sconfitta, ci si meraviglia per un gesto tecnico di un campione, e non si è mai soli, perchè siamo insieme a miliardi di persone e queste emozioni travalicano ogni muro, perché non possono essere trattenute.
Ed è dal continente più povero che il calcio può tornare ad essere quello sport nobile, dove il talento viene esaltato, dove l'etica viene rispettata, dove i tifosi corrono per acclamare la propria squadra, dove la gioia esplode per una vittoria così come la tristezza per una sconfitta. e si vive di questi momenti, sapendo, consapevolmente, che fanno parte della complessa vita umana, e sapendo che l'arroganza del più forte   può mettere in pericolo questa sincera e spontanea passione.
Attilio Gambacorta
 

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