Credo che la mia generazione non abbia mai vissuto un periodo storico così difficile. Giornate come queste lo mandano a dire. Urla di guerra dal Parlamento Europeo. Decreto “sicurezza” del governo italiano che ricorda codici Rocco, Scelba, Tambroni. Per altro le “nostre forze” sono ai minimi termini per numeri e idee. Non c’è il pensiero organizzato del ‘900. Anzi. Dire “noi” è diventato molto difficile. E “loro” sono con tante facce e fanno anche cose diverse. Magari sono contro i decreti repressivi ma per la guerra. O viceversa. Che fare? Parlo per me. Cerco di evitare di mettere tutti loro insieme. Cerco di trovare le contraddizioni. Cerco di chiarirmi le idee. Cerco di ragionare per avere più forza. Penso che non sono i “proclami” a costruirla ma la ricostruzione di quel movimento reale che è la differenza tra fare la Storia o farsene distruggere. È dura.

Ma si possono fare cose importanti.

Job Act, autonomia differenziata, ora la cittadinanza. Tre grandi temi di civiltà che trovano una dimensione di massa grazie a chi ci ha creduto ma poi alla convergenza di tante forze sociali e anche politiche. I referendum sono pronti ed ora occorre vincerli. La politica deve cercare di essere di massa e di guardare al bene delle persone. Serve ora farlo anche sulla pace e contro la guerra. E contro le leggi repressive.

In momenti come questi cerco di attingere all’esperienza che, purtroppo perché il tempo è corso via, ho fatto e ha contribuito a formare la mia cultura politica.

Quando sono entrato al PCI a fare il responsabile nazionale ambiente mi sono accorto ad esempio di una differenza sostanziale con l’esperienza precedente. Quando facevo qualcosa succedeva qualcosa. Ma non per me o per pochi ma  per chi era coinvolto nelle cose di cui mi occupavo. Una differenza che non ho mai dimenticato e per cui ho imparato che meno conta ciò che fai più presumi di essere il centro del mondo. Poi basta accompagnare questo con una visione messianica e tutto torna.

Questo non significa certo adeguarsi o omologarsi o rassegnarsi al meno peggio.

Sono convinto dai tempi dello “scambio” caduta di Berlusconi riforma Dini delle pensioni, che si stesse creando una cesura profonda tra rappresentanza sociale e politica. Resa strutturale in Italia dallo scioglimento del PCI e dalla immediata corrispondenza tra adesione a Maastricht ed accordi concertativi che toglievano scala mobile ed autonomia rivendicativa. I record negativi sul salario che si registrano in Italia sono una triste conferma. Nella prima fase ci fu un’opposizione sociale ma anche politica di massa che vide un confronto conflittuale tra centrosinistra e sinistra che teneva conto delle destre che si riorganizzavano e di questo dato strutturale. La sconfitta subita non ha trovato risposte adeguate. Mi pare che si oscilli tra due impostazioni che entrambe personalmente non mi convincono. L’accettazione del meno peggio. Oppure il sono tutti uguali ed anzi più sono uguali meglio è perché così prima o poi le masse capiscono. Entrambe le impostazioni mi sembrano precisamente prive di rapporti di massa anche se la prima ha spazio elettorale e la seconda non lo trova. A dire la verità si sono anche cercate strade non schiacciate su questa divaricazione. Ma adesso mi sembra pericolosamente preminente. Io ne soffro proprio per come è la mia cultura, radicale ma tesa a trovare e se possibile creare differenze negli “altri” ed ad avere la capacità di agire battaglie di massa cercando strade per vincerle. Senza di questa attitudine la mia esperienza dice che non c’è politica ma neanche lotta sociale.

Sono molto colpito ed addolorato dall’ennesimo terribile voto del Parlamento Europeo sulla guerra. È stato il mio Parlamento e non era così solo pochi anni fa. Certo ce ne erano le premesse. Oltre ad essere arrabbiato, da tempo, con transform, ci interroghiamo sui perché di questa deriva di un Parlamento che è diventato peggio degli Stati dove c’è più dialettica. Abbiamo cominciato a farlo più a fondo ai tempi della risoluzione che cambiava la Storia della seconda guerra mondiale e equiparava fascismo e comunismo. Cose che ai miei tempi erano impensabili. Cosa era successo? Che il processo di costruzione della UE, basato su funzionalismo e intergovernativismo, con gli allargamenti legati all’adesione al neoliberismo di Maastricht, ha portato ad un peso degli Stati nuovi entrati cui è stato delegato il revisionismo storico che serviva anche alla svolta neo atlantica e di militarismo europeo. Questo fuori da ogni vera discussione di popolo, di partecipazione intellettuale. L’Europa reale si fa e non si discute. False contrapposizioni tra europeisti reali e sovranisti in realtà alleati in questo processo di snaturamento profondo che rovescia le ragioni fondative. Dalla Pace alla Guerra. Come sempre quando tutto è in mano ai dominanti e le persone sono dominate.

Per me questa dimensione, quella europea, è determinante. Qui la politica di massa, da sinistra, non c’è. Spirito di scissione, avanguardia naturalmente servono. Ma se non si ha la dimensione di massa il rischio oggi più che essere il nemico che marcia alla tua testa è che sei tu che volti le spalle alla Storia.

Roberto Musacchio

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