Le agenzie nel gorgo del milleproroghe : sopire, troncare, rinviare....
di Vincenzo Vita.
Un interessante documento dello scorso 7 ottobre curato dal dipartimento per l’informazione e l’editoria della Presidenza del consiglio –Analisi comparata sul sostegno pubblico alle agenzie di stampa nei principali paesi europei- afferma che la crescente attenzione per l’immediatezza delle notizie combinata con la crisi dell’editoria ha dato nuova centralità alle agenzie di stampa. Queste ultime sono diventate produttrici di un’informazione scevra possibilmente di cadute e di fake.
Si passano in rassegna dieci paesi e si vede come ognuno abbia uno specifico approccio rispetto ad un bene essenziale, che attiene alla propria sovranità, quella buona.
A fronte di cotante affermazioni, tutto si poteva immaginare, salvo quanto recita l’articolo 17 del cosiddetto decreto milleproroghe, misura per tutte le stagioni e per tutte le maggioranze politiche, una piccola autobiografia della nazione. Sopire, troncare, ovviamente prorogare le mille scadenze eluse o rimaste per aria. Ecco, in quell’articolato si sposta al 31 dicembre del 2023 il termine per l’espletamento della gara tesa ad attribuire il ruolo di concessionarie alle agenzie di stampa di rilievo generale. Insomma, dall’ANSA in poi si vivrà ancora in una situazione di incertezza. La procedura concorsuale rimane, invece, per le attività di carattere specialistico e internazionale.
Perché un simile pasticcio, che danneggia inesorabilmente le certezze nella trama nervosa del sistema comunicativo ? Il motivo risiede nella prolungata indecisione degli ultimi governi, che non hanno saputo (e voluto) sciogliere gli interrogativi posti nel 2016 dall’autorità nazionale anticorruzione (ANAC), in merito ai meccanismi di assegnazione dei servizi da parte delle pubbliche amministrazioni.
Delle due l’una : o si definiva con un credibile assetto normativo la questione, ovvero si replicava a quelle pur legittime osservazioni che il flusso informativo non è assimilabile ad altri settori del mercato. Tant’è vero che in diversi paesi la questione neppure sussiste.
Tra l’altro, vi è il rischio -neanche troppo remoto- che un’eventuale agenzia europea vittoriosa appalti ad una struttura costruita ad hoc in Italia il lavoro redazionale, magari con il ridimensionamento delle tutele contrattuali.
Fu intrapresa una traballante strada intermedia, volta ad articolare il mosaico in 15 lotti, ora coinvolti in un’ulteriore proroga. Naturalmente, non manca l’istituzione della solita commissione atta a indviduare le modalità del percorso. In genere, tali commissioni costituiscono un aggravio della malattia, non già la medicina.
Inoltre, l’articolo 63 del decreto legislative n.50 del 2016 (Codice dei contratti pubblici) prevede l’opportunità di procedure negoziate. E le richieste da rivolgere ad un’agenzia sono inerenti a valutazioni soggettive dei committenti. Appunto, le agenzie sono prototipi e non oggetti seriali.
Il rinvio suona, dunque, come una sorta di ennesima resa al destino, senza la volontà di utilizzare simile occasione per un serio ripensamento.
Proprio l’età dell’infosfera, con l’ibridazione velocissima delle fonti e l’entrata in scena degli algoritmi e dell’intelligenza artificiale, dovrebbe costringere chi è chiamato a decidere a un salto di era tecnologica.
Un rinvio, pur deprecabile e noiosamente ripetitivo, contiene in sé un potenziale rinnovamento dei modelli cui ci si vuole riferire.
Un criterio selettivo valido e non arbitrario risiede nella dimensione crossmediale delle agenzie e nel loro divenire luogo di transito trasparente e democratico dell’immenso traffico dei dati, nonché di trasformazione in beni pubblici degli stessi algoritmi.
Allora, non ci si limiti a rimandare e si evitino discussioni da azzecca garbugli.
Si cominci a riscrivere la sintassi di una moderna agenzia di informazione, come presidio dell’articolo 21 della Costituzione riletto – come immaginava Stefano Rodotà- dentro e con i linguaggi digitali.
Il nuovo governo e il sottosegretario con delega Alberto Barachini cosa intendono quando parlano di sovranità? Il vecchio statalismo o la sfida digitale ?
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