A duecento anni dalla nascita di Karl Marx (5 maggio 1818) si continua a dibattere sull’attualità del suo pensiero.

Del resto i suoi libri sono stati quelli che hanno più influenzato il corso della storia.

Seguendo le sue teorie sono nati, a partire dall’ultimo ventennio del XIX secolo, i partiti socialisti, condizionando tutto il percorso politico del secolo successivo: il cosiddetto “secolo breve”.

Una rivoluzione, quella dell’ottobre del 1917 in Russia, è stata fatta nel suo nome. A mio avviso anche le teorie Keynesiane possono essere considerate come una risposta liberale alle rivendicazioni del movimento operaio che al Marxismo si ispiravano.

Ovvero questa idea di consapevolezza del proletariato di una classe sociale che unita poteva rivendicare diritti che erano negati, riconducibile al diritto per ogni persona di emanciparsi e costruire una società senza classi di uomini liberi ed uguali e superare il capitalismo. E questa idea metteva paura alle classi dominanti che non seppero fare altro che demonizzarla.

La stori del ‘900 ci dice che il capitalismo, per sconfiggere questa forza che cresceva sempre più forte, aumentando la propria autocoscienza, finì per sostenere il nazifascismo, con tutte le drammatiche conseguenze.

Il Marx ancora giovane rompe con la cosiddetta sinistra hegeliana, per formare un sistema filosofico utile a cambiare il mondo e non solo ad interpretarlo.

Si può considerare Marx il padre del materialismo storico, poiché per primo definisce tutte le attività umane “sovrastrutture” che dipendono dalla “struttura” principale, l’economia, la quale influenza politica, cultura e tutte le altre espressioni della società umana.

La storia secondo Marx è riassumibile nella lotta di classe per il dominio economico-sociale tra “servi” e “padroni”, cioè proletari e borghesi nell’epoca moderna: i borghesi (che per Marx sono i detentori dei mezzi di produzione), prima dominati dalla nobiltà feudale, riuscirono a ottenere la supremazia nella società e ora sono classe dominante: secondo il filosofo, è nella natura delle cose che il proletariato si imponga sulla borghesia e instauri una dittatura per poter poi giungere ad una società senza classi.

Tale concezione di “evoluzione” del capitalismo per mano del proletariato è inscrivibile nella categoria delle visioni socialiste, ma Marx, per distinguerla da altre molto diverse, la pone sotto il nome di comunismo.

Il capitalismo viene analizzato “scientificamente” da Marx (da qui la definizione di “socialismo scientifico”): dopo aver analizzato il pluslavoro originato dal plusvalore, ovvero il valore aggiunto che il lavoro del proletario produce, il pensatore afferma che la colpa dei borghesi è quella di sottrarre il plusvalore a chi lo produce e di cercare l’aumento di plusvalore peggiorando le condizioni di lavoro degli operai.

Karl Marx si adoperò anche sul piano organizzativo del socialismo: teorizzò la nascita di un partito politico utile a portare avanti la causa della rivoluzione, il partito comunista, e ne redasse assieme a Friedrich Engels Il Manifesto

Oggi si dice che la società è completamente diversa da quella di Marx. E questa è un’ovvietà. Ma a mio avviso non sono cambiate le dinamiche di espansione del capitalismo, oggi trasformato in capitalismo finanziario o come lo definisce Luciano Gallino “Finanzcapitalismo”.

Viviamo in un mondo dove le diseguaglianze sono moltiplicate, dove la ricchezza è in mano ad una élite finanziaria che fa di tutto per mantenerla. Il lavoro è ancora più sfruttato, malpagato e precario.

Quella coscienza di classe dei lavoratori che era maturata grazie alle profonde e dettagliate analisi, sia da un punto di vista politico che sociale ed economico, elaborate durante tutta la sua esistenza umana da Marx, e che era alla base dell’organizzazione politica del movimento operaio, che attraverso grandi lotte sociali conquistava diritti e si emancipava migliorando le proprie condizioni materiali di vita, oggi non esiste più.

Il capitale ha vinto, il liberismo è egemone culturalmente, ma le analisi sul capitalismo, l’idea che tutti gli uomini hanno gli stessi diritti e che la società deve essere organizzata seguendo i principi dell’uguaglianza e della libertà è ancora valida.

Nel “Manifesto del partito Comunista” scritto nel 1848 scrive che “il libero sviluppo di ognuno è condizione del libero sviluppo di tutti”

Chi sostiene che queste idee siano fallite con la sconfitta dei Paesi del cosiddetto Socialismo reale, credo che sia in errore.

La storia di quell’esperienza dimostra come essa era lontana dall’idea di giustizia sociale e di internazionalismo da tutta la teoria marxiana; come, inoltre, fosse un’estrema semplificazione del complesso pensiero di liberazione ed emancipazione del proletariato che Marx aveva sapientemente elaborato.

Credo, quindi, che ancora oggi sia utile leggere e studiare le opere di Marx per capire e superare il Capitalismo e costruire un’altra società. Per fare questo è necessario unire di nuovo le classi sociali della trasformazione, come seppe fare il grande filosofo di Treviri.

Attilio Gambacorta
Associazione Culturale Umbrialeft

Condividi