di Guido Liguori.

Vladimir Il’ič Ul’janov (detto Nikolaj Lenin da quando con questo pseudonimo pubblicò in Germania nel 1902 il suo celebre libro “Che fare?”) nacque infatti nella città russa di Simbirsk il 22 aprile 1870. Ecco di seguito la breve biografia che ne pubblicò Gramsci in mortem (Lenin morì il 21 gennaio 1924), con il titolo “Vladimiro Ilic Ulianof”, su “L’Ordine Nuovo” (terza serie) nel marzo 1924. È tra l’altro il primo scritto in cui Gramsci usa il termine (e il concetto) di EGEMONIA, che era nato nell’ambito della socialdemocrazia russa, negli scritti di Lenin (“Due tattiche della socialdemocrazia”), a inizio Novecento, era stato ripreso ai vertici dell’Internazionale negli anni 20 per designare l’egemonia operaia sui contadini nell’ambito del discorso leninista della alleanza operai-contadini, e a cui Gramsci nei “Quaderni” darà un significato più largo e nuovo, ma senza mai perderne il nesso con il pensiero di Lenin, anzi rivendicandolo:

LA GIOVINEZZA
Vladimiro Ilic Ulianof (Lenin) nacque il 23 aprile 1870 nella città di Simbirsk. Suo padre, Ilia Nicolaievic Ulianof, oriundo di una famiglia contadina della provincia di Astrakhan, era direttore delle scuole popolari della provincia di Simbirsk, onesto e laborioso, apparteneva a quella prima generazione di rivoluzionari russi la cui parola d’ordine era: andare al popolo, amare e illuminare le masse lavoratrici oppresse e sfruttate dall’aristocrazia terriera e dallo varismo; per la sua iniziativa furono fondate nella provincia di Simbirsk 434 scuole popolari con 20.000 allievi.
Vladimiro Ilic compì i suoi primi studi nella città natale e nel 1887 finì il liceo. Il 21 maggio 1887 fu giustiziato suo fratello Alessandro, che apparteneva al movimento rivoluzionario populista ed era implicato nell’attentato contro l’imperatore Alessandro II: i primi passi che Vladimiro Ilic faceva nella vita furono così illuminati dai bagliori sanguigni della lotta rivoluzionari. Finito il liceo Lenin si iscrisse nella facoltà giuridica dell’università di Kasan; ma dopo un mese appena ne fu espulso per aver attivamente partecipato a una rivolta di studenti e fu confinato nel villaggio di Cocushkino (provincia di Kasan) dove si dedicò allo studio di Marx, mantenendosi sempre a contatto coi circoli rivoluzionari. Gli fu recisamente negata la reintegrazione nell’Università, gli fu impedito di dare gli esami; la polizia gli proibì di recarsi all’estero; solo nel 1891 gli fu possibile dare gli esami di Stato nella facoltà giuridica dell’Università di Pietrogrado, ma egli non volle mai fare l’avvocato: ostinatamente e ininterrottamente lavora nei circoli marxisti illegali, foggiando la sua tagliente e battagliera concezione del marxismo rivoluzionario. Già nel 1863 a Samara, dove era andato a stabilirsi, organizza un gruppo di marxisti. Trasferitosi a Pietrogrado nell’autunno 1893, dedicò tutte le sue forze al lavoro rivoluzionario fra gli operai, creando circoli, dirigendone l’attività, organizzando quelli che saranno i primi quadri del partito operaio rivoluzionario; nel 1894 entrò a far parte del circolo socialista: «Gruppo centrale per la direzione del movimento operaio». Già allora cominciano le lotte per liberare il nascente movimento rivoluzionario delle tendenze che cercano deviarlo: quella populista (dei narodniki) che non credevano allo sviluppo del capitalismo in Russia e quindi alla formazione di un potente e numeroso proletariato e perciò sostenevano che i contadini costituiscono la sola classe rivoluzionaria – e quella dei cosiddetti «marxisti legali», con a capo Struve, Tugan, Baranovski e altri che oggi sono a capo della controrivoluzione: essi erano dei liberali che avevano studiato Marx e del marxismo accettavano la dimostrazione della necessità storica che il capitalismo si sviluppo e sostituisca il regime feudale; volevano perciò che la classe operaia si limitasse a servire la passiva massa di manovra del capitalismo per strappare legalmente allo zar le libertà necessarie alla borghesia.
Nell’aprile 1895 Lenin si recò all’estero, dove si mise in rapporto con gruppo «Liberazione del Lavoro», fondato in Isvizzera da Giorgio Plekhanof, Viera Sassulic (celebre per il suo attentato contro il generale Trepof) Paolo Axelrod e organizzò il passaggio illegale in Russia della letteratura rivoluzionaria marxista: ritornato a Pietrogrado nel settembre, fondò l’«Unione di lotta per la liberazione della classe operaria», che fu uno dei principali nuclei del futuro partito socialista. Nel dicembre 1896 la polizia arrestò la maggioranza dei membri della Unione; ma anche in prigione Lenin non interrompe il suo lavoro rivoluzionario e invia proclami e opuscoli ai compagni rimasti in libertà.

DEPORTATO IN SIBERIA
Alla fine del febbraio 1898 Lenin fu deportato in Siberia, nel villaggio di Sciuscenski, provincia dell’Ienissei. In esilio egli si dedica a un ininterrotto, profondo studio dello sviluppo economico della Russia, che determinerà il processo di sviluppo della rivoluzione e portò a termine la sua grande opera: «Lo sviluppo del capitalismo in Russia». Ma l’indagine scientifica non lo allontana dal movimento rivoluzionario, che egli segue attentamente, sempre combattendo ogni deviazione della linea proletaria. Nel 1898 si riunisce il primo Congresso del Partito Socialista operaio russo che nomina Lenin, quantunque in esilio, direttore dell’organo ufficiale del Partito: «La Gazzetta Operaia».
Ai primi di febbraio 1900, avendo scontato i tre anni di deportazione cui era stato condannato, ritornò a Pietrogrado, rituffandosi nel lavoro rivoluzionario. Arrestato, fu rimesso in libertà dopo tre settimane e il 20 luglio partì per la Svizzera, per organizzarvi la pubblicazione del giornale socialista russo. Nel dicembre 1900 fu pubblicato a Monaco il primo numero dell’«Iskra» (la Scintilla), la cui redazione era composta da Lenin, Plekhanof, Viera Sassulic, Les Deutsch, Potressof, Martof, Asceldor (divenuti poi menscevichi). Nel 1901 Lenin dà all’«Iskra» un indirizzo ben preciso di tenace lotta contro i cosiddetti «economisti» che negavano la lotta politica rivoluzionaria e di tenace lotta per organizzare fortemente il partito del proletariato.

IL CONGRESSO DEL 1903
Nel 1903 si riunì il secondo Congresso del Partito Socialista Russo. Le tesi prospettate da Lenin nei suoi articoli dell’«Iskra», sostenuti nel congresso come base del lavoro organizzatore e politico del Partito, portarono alla scissione. La minoranza del Congresso (i Menscevichi) credeva che gli operai non avrebbero potuto vincere lo zar e i proprietari terrieri, nelle cui mani era il governo della Russia, che alleandosi alla borghesia, ai capitalisti: la maggioranza (i bolscevichi) sostenevano che una tale coalizione sarebbe stata mortale per il movimento operaio e che l’operaio può avere un solo alleato, il contadino povero. La maggioranza voleva un partito fortemente organizzato e centralizzato, che unificasse l’avanguardia rivoluzionaria della classe operaia e nel quale ogni membro fosse strettamente controllato dal centro e al servizio delle lotte e delle iniziative del Partito; per organizzare più in fretta gli operai, la maggioranza sosteneva la necessità di scegliere fra essi gli elementi più capaci e più energici che avrebbero dovuto dedicare tutta la loro attività al lavoro di organizzazione del partito e della rivoluzione. La minoranza non voleva la centralizzazione; per essa chiunque si chiamasse socialista poteva essere considerato membro del Partito. Con la scissione si inizia la tenace lotta tra bolscevichi e menscevichi. Il bolscevismo diventa in questi anni il partito indipendente della classe operaia, foggia il suo programma e la sua tattica. In che cosa consiste la sua originalità politica, la sua caratteristica principale? Il bolscevismo è il primo, nella storia internazionale nella lotta delle classi, che ha sviluppato l’idea dell’egemonia del proletariato e ha posto praticamente i principali problemi rivoluzionari che Marx ed Engels avevano prospettato teoricamente. L’idea dell’egemonia del proletariato, appunto perché concepita storicamente e concretamente, ha portato con sé la necessità di ricercare alla classe operaia un alleato: il bolscevismo ha trovato questo alleato nella massa dei contadini poveri.

UNIONE DEGLI OPERAI E DEI CONTADINI POVERI
Così il bolscevismo è anche riuscito a stabilire teoricamente e praticamente l’ufficio storico della classe contadina, problema che era stato ed è ancora completamente trascurato da tutta la corrente internazionale del socialismo riformista e opportunista. Ancora oggi alla parola d’ordine dei Partiti comunisti sul governo operaio e contadini, cosa oppongono i riformisti? La pratica o l’aspirazione collaborazionistica con la cosiddetta sinistra borghese, cioè col capitalismo più avanzato e più abile nello sfruttare le masse lavoratrici. Al Congresso di Livorno, l’on. Nino Mazzoni, che pur rappresentava larghe masse di salariati agricoli, preferiva l’alleanza con Nitti e con Giolitti piuttosto che il programma agrario dei comunisti che egli sosteneva essere quello di … Don Sturzo. La importanza decisiva della concezione del bolscevismo, esposta la prima volta da Lenin nel suo libro «Due tattiche», dopo la scissione dal menscevismo, è apparsa proprio in Italia, dopo l’occupazione delle fabbriche, del settembre 1920. I contadini poveri di tutta Italia, ma specialmente del Mezzogiorno e delle Isole, avevano bisogno della terra; ma essi erano troppo ignoranti, troppo isolati nei loro villaggi o nella loro borgate per resistere all’attacco concentrato delle truppe fasciste che si organizzavano nelle città. Solo l’aiuto degli operai, solo una stretta alleanza dell’operaio e del contadino potevano salvare la situazione. Cosa avvenne? Il Partito Socialista, che allora riuniva insieme tutte le tendenze socialista non volle mobilitare il proletariato per appoggiare le classi contadine aggredite dal fascismo: tutta l’Emilia, la regione dove le classi contadine erano sviluppate politicamente e organizzativamente, cadde in balia della reazione già prima del Congresso di Livorno.
Dopo la scissione, massimalisti e riformisti, avendo conservato il controllo e la direzione sulla maggioranza del proletariato, alla parola d’ordine del Partito Comunista di sciopero generale contro il fascismo e la reazione, opposero la tattica del caso per caso. Nel febbraio 1921 caddero la Toscana e le Puglie; nel corso del 1921 tutta la popolazione contadina era stata soggiogata dal fascismo e il proletariato, isolato, nelle sue città industriali, non poteva più opporre una larva di resistenza all’avanzata delle camicie nere. Il contadino non può conquistare la terra senza l’aiuto dell’operaio; l’operaio non può rovesciare il capitalismo senza lo aiuto del contadino. Ma politicamente l’operaio è più forte, più capace del contadino: egli abita nella città, è concentrato in grandi masse nelle officine, è in grado non solo di rovesciare il capitalismo, ma anche di impedire, socializzando l’industria, o che il capitalismo ritorni. Ecco perché la rivoluzione si presenta praticamente come un’egemonia del proletariato che guida il suo alleato, la classe dei contadini.

LA RIVOLUZIONE DEL 1905
Nel 1904 la marea rivoluzionaria monta nuovamente in Russia. Tutti gli elementi attivi del movimento operaio si raggruppano intorno a Lenin. La rivoluzione del 1905 richiamò Lenin in Russia, a Pietrogrado. Egli dirige l’insurrezione domanda il rovesciamento del dispotismo zarista, l’armamento degli operai, la dittatura del proletariato e dei contadini poveri. La rivoluzione fu schiacciata; i contadini non sostennero gli operai, soldati dell’esercito zarista, essi non vollero rivolgere le armi contro i loro padroni, ma invece massacrarono gli operai. Si aprì la pagina della reazione più nera, l’autocrazia celebrò i suoi baccanali. Giorni difficili vennero per la classe operaia e per il suo partito: molti pusillanimi si allontanarono, incominciarono a lavorare per la liquidazione del Partito, completamente rinnegarono la lotta rivoluzionaria. Lenin rimase incrollabilmente al suo posto di lotta, come dirigente del partito rivoluzionario; senza posa egli combatté per la difesa e per il rafforzamento del partito, per l’allargamento della sua influenza, per tenere strette le sue fila. Con acuto pensiero egli prevede lo sviluppo della rivoluzione; alla caduta del 1905 deve seguire una nuova ondata e la vittoria. Prepara il Partito alle nuove lotte smaschera implacabilmente egli esitanti, tiene a freno gli impazienti e i nevrastenici, attacca i collaborazionisti. Grado a grado intorno al Partito si stringono sempre nuovi quadri di operai, la sua influenza cresce. Poiché una parte degli operai vede nella scissione la causa di tutti i mali e della reazione scatenata, i bolscevichi si fanno promotori della riunione delle forze scisse: nell’aprile 1906 si tiene a Stoccolma il Congresso di unificazione tra bolscevichi e menscevichi; nel Congresso i menscevichi sono la maggioranza e hanno nelle loro mani il nuovo Comitato Centrale. Ma la lotta continua anche in seno al partito unificato poiché i bolscevichi mantengono intatta la loro figura politica e la loro organizzazione.
Lenin diviene uno dei capi dell’ala sinistra della Seconda Internazionale. Nell’agosto 1907 si riunisce a Stoccarda il Congresso Socialista Internazionale; Lenin e Rosa Luxemburg presentano, sulla mozione riguardante l’atteggiamento della classe operaia dinanzi a una guerra, un emendamento fondamentale in cui si afferma che «in caso di guerra imperialistica è dovere insorgere in armi per iniziare la rivoluzione socialista». L’acuta intuizione storica di Lenin aveva previsto il corso degli avvenimenti mondiali; la guerra scoppiò nel 1914, ma la grande maggioranza dei socialisti non resistettero alla prova e si lasciarono trascinare nel turbine imperialistico. Lenin si pose a capo dei fedeli alla causa rivoluzionari e ne organizzò le forze su due parole d’ordine: – La Seconda Internazionale è morta; viva la Terza Internazionale! – Guerra alla guerra; bisogna trasformare la guerra imperialistica in guerra civile.
Arrestato in Austria, nell’agosto 1914, Lenin, dopo due settimane di fermo in una guardina poliziesca della Galizia, riuscì a recarsi in Isvizzera, dove si stabilì, prima a Berna, poi a Zurigo. Nel settembre 1915 si riunì la Conferenza internazionale di Zimmerward. Lenin rappresentava l’ala sinistra del movimento, MacDonald l’ala destra, i socialisti italiani (Serrati, Modiglioni, Duroni, ecc.) il centro insieme coi socialrivoluzionari russi guidati da Cernof coi futuri Indipendenti tedeschi. Nel maggio 1916 si riunì la Conferenza di Kienthal; la parola d’ordine della sinistra bolscevica per la trasformazione della guerra imperialista in guerra civile non fu accettata in queste conferenze.

LA RIVOLUZIONE DI MARZO
Nella fase culminante della guerra mondiale, nel marzo 1917, scoppia in Russia la rivoluzione che rovescia l’autocrazia zarista. Lenin ritorna a Pietrogrado nell’aprile; il suo primo manifesto alle masse finisce con la parola d’ordine: «Evviva la Rivoluzione socialista mondiale». I bolscevichi si organizzano legalmente e si preparano per l’insurrezione armata che deve dare tutto il potere ai Soviet dei deputati operai contadini e soldati. Il governo provvisorio di Kerenski cerca nel mese di luglio di distruggere il partito bolscevico e di liquidare l’agitazione leninista che guadagna l’esercito.
La «Prawda» viene saccheggiata, Trotski imprigionato, si cerca Lenin per ucciderlo. Lenin è costretto a vivere illegalmente, in una piccola casupola di contadini; scrive in tali condizioni uno dei suoi più brillanti opuscoli politici «Potranno i bolscevichi mantenere a lungo il potere?»; continua a organizzare le potenti forze operaie e contadine per l’insurrezione armata che scoppia vittoriosa il 7 novembre 1917.

LA RIVOLUZIONE DI NOVEMBRE
Capo e ispiratore del movimento rivoluzionario Lenin diventa il capo del governo dei Soviet. Si inizia un’epoca nuova nella storia del genere umano – l’epoca della rivoluzione proletaria vittoriosa. Lenin giuda il nuovo Stato degli operai e contadini, con mani forti gli fa attraversare le tappe più difficili; alla offensiva militare contro il capitalismo, che viene affrontato e rovesciato in tutti i suoi organismi dalla classe operaia al comunismo militare, succede la nuova politica economica, già preconizzata fin dal 1904 nel libro «Due tattiche». Che cos’è infatti la nuova politica economia? – è la dittatura democratica degli operai e contadini, forma politica di transizione in un paese dove la struttura economica è ancora arretrata, dove la stragrande maggioranza delle popolazioni è formata dalla piccola borghesia rurale. Ma era possibile questa forma politica ed economica senza la fase del comunismo militare, cioè dell’offensiva a fondo contro la borghesia? Essa era impossibile in Russia, come sarà impossibile negli altri paesi, anche nei più avanzati come organizzazione industriale moderna; l’offensiva militare sarà anzi più violenta, mentre le concessioni nel campo economico saranno date in una scala più ristretta.
I nemici della Rivoluzione hanno cercato di uccidere Lenin; il 30 agosto 1918 una socialrivoluzionaria di destra, Dora Kaplan, lo ferisce gravemente con un colpo di Browning. Non ancora rimesso dalla ferita (la pallottola era stata avvelenata col curaro), Lenin ritorna al lavoro. La gigantesca responsabilità dello Stato operaio grava sulle sue spalle: il suo occhio acuto penetra in ogni congegno della nuova macchina, ne vede i difetti, consiglia i rimedi.
Nel marzo 1919 si riunisce a Mosca il primo Congresso dell’Internazionale Comunista; egli diventa il capo e l’ispiratore della classe operaia mondiale, dirige la lotta per liberare il movimento rivoluzionario dai traditori e dagli opportunisti. Sotto la sua direzione lo Stato operaio vince tutti i suoi nemici; sotto la sua direzione si rafforza l’unione della classe operaia e dei contadini; sotto la sua direzione si allarga e si rafforza la rivoluzione proletaria mondiale. Ma la ferita del 1918 ha logorato la sua fibra, ha avvelenato i suoi nervi e il suo sangue: nell’estate del 1922 la malattia gli dà un rude colpo; a lungo egli lotta con la morte.
Oggi egli non è più. Solo la volontà unificata e concorde dell’avanguardia mondiale del proletariato può sostituirlo per continuare il grande lavoro intrapreso.

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