Recensione dell’ultimo lavoro dell’autore perugino

di Stefano Ragni

Dieci anni di autobus. Di pullman, come si dice da noi.

Dieci anni di mattinate affrontate all’alba per raggiungere un posto di lavoro prestigioso, l’incarico di direttore delle poste di Gubbio. Una volta, insieme al farmacista e al maresciallo dei carabinieri, eri un’autorità.

Ogni mattina di lavoro comporta un piccolo viaggio, ma in quella oretta si fa una infinità di incontri che vanno a costituire il mosaico della tua vita. E magari ci scappa anche un investimento, come quando un’auto, al buio, sotto la pioggia, ti mette sotto, devastandoti corpo ed anima.

In questi giorni di clausura e di zone arancio-rosse, Attilio Gambacorta ha pubblicato per le edizioni Dantebus un centinaio delle sue riflessioni poetiche, scelte tra le tante che, di primo mattina, invia ai suoi amici di face-book. Sono schegge di riflessioni raccolte per la stampa con un titolo leopardiano: L’umana gente, una frase de La ginestra: “dipinte in queste righe / son dell’umana gente / le magnifiche sorti e progressive”. Lo stesso autore, nella presentazione del testo motiva le sue scelte:

«Ogni giorno l’intera umanità si interroga su questi aspetti della vita, sulla propria vita. Il futuro diventa una speranza, il presente una domanda, mentre il cielo cambia colore, il sole lo illumina, una nuvola lo copre, ed il giorno diventa notte, dopo corse, ansie, gioie, tristezze».

Massimo Gherardini, direttore editoriale di Dantebus, nella prefazione al volume specifica le tonalità che vanno a formare la tela di emozioni:

«Come una famosa canzone che dice “Credo negli esseri umani” il poeta Attilio Gambacorta crede ancora nell’uomo e pone tale motto a fondamento della sua arte e della sua esistenza. La silloge poetica L’umana gente è quindi un appassionante viaggio che copre l’intenso arco biografico, spirituale ed artistico, dell’autore. Un percorso interiore ed esteriore, nel quale sono dipinte le umane genti caratterizzato da una fulgida positività, di chi vive l’arte e l’esistenza “a colori”, pur nell’alternarsi di tempeste e bonacce della vita. Attilio è uomo radicato nel suo territorio, è profondo amante della sua terra umbra, un lavoratore indefesso, un marito e un padre esemplare, un uomo capace di tra sformare l’ordinario in straordinario».

Molto impegnato nel sociale, a Torgiano Gambacorta è un personaggio di riferimento per essere stato, in precedenti amministrazioni, assessore alla cultura: attualmente è presidente della Filarmonica “Ciro Scarponi”, una associazione nata intorno alla banda cittadina, che ricorda la figura del grande clarinettista torgianese che ha portato il nome del suo paese nel mondo della grande musica.

E di Torgiano si parla con particolare tenerezza in La spiaggia dei torgianesi ove viene rievocata quella vita semplice di quando si era giovani e ci si immergeva nella “Pinsata”, luogo ove in ampi cerchi Tevere e Chiascio confluiscono:

«Eravamo anche noi Romani / sognando di navigare il fiume / per arrivare nella città Eterna».

E rivivono, in due poesie, Vinarelli e L’Immacolata le emozioni di feste connotative a cui si è aggiunta, in tempi recentissimi, “La guerra del sale” un episodio della funesta dominazione papale, uno scontro tra Farnesi e della Corgna che risparmiò miracolosamente il borgo. Poco prima del Covid figuranti e musicisti in costumi d’epoca hanno percorso le strade cittadine nel nome di una rievocazione identitaria.

Un altro recente episodio, fortemente propiziati all’assessore Elena Falaschi rivive in Gospel, una infernale serata in san Bartolomeo, con pubblico inverosimile e Monsignor Arciprete anche lui infervorato dai canti afroamericani.

Altra cittadina privilegia è Gubbio e non potrebbe essere diversamente. Da Una linea retta a L’albero di Natale, a Un campanello, episodi di vita lavorativa contrappuntati dalla magnificenza della città splendida di pietra abbagliante.

Per un padre che ha due figli che studiano in Conservatorio la musica è uno sfondo quotidiano: appare in Cammino come compagna del viaggio quotidiano, torna in Una cena come sigla di amicizia, in Attimi quale riverbero di tango argentino, in piazza IV Novembre, evocazione di una serata di Umbria-Jazz, in Note musicali, fissazione di una immagine del gesto di un direttore d’orchestra.

L’Umbria è quella che appare quotidianamente, dal finestrino del pullman: è il luogo della pace, del progresso, è nelle torri e campanili dei borghi (Raggio di sole) è negli Appennini pieni di neve e di sole (Il peso della vita), è il paesaggio che sorge della notte in Guardando dal finestrino, è nella cima del passo che ti apre la visione della conca eugubina, in La valle.

Dal finestrino dell’autobus in dieci anni hai visto una grande quantità di stagioni: eccole in Alba, in Il sole, in Mattino e tramonto, scanditi dai due monti topici del perugino, il Tezio e il Subasio. La notte, Eclissi di luna e Luna bianca coniugano la visione dei moti stagionali con l’eterno desiderio di fraternità. Che è poi il tema del Gambacorta “politico” di Ideali, di 8 marzo, di 2 giugno e di Passato a presente. Con una marcata nota di commozione nel ricordare un singolare poeta-militante, il Paolo Vinti di Con emozione altissima.

Scorrono le età nei ritmi implacabili del tempo: Le 3 età, Gioventù, Senza età e Sono ancora insieme, dove si misura, ma senza amarezza, “la finta eternità della gioventù”.

Un processo evolutivo, quello dello scorrere del tempo, che si raccoglie nel grembo della compagna di una vita, Serenella, scolpita in Buon anno, amore mio.

Scorre il tempo in Il futuro e in Il limite invalicabile. Ogni giornata ha la sua misura, ma l’importante è poter dire “ce l’ho fatta” (Una giornata qualunque). Anche se, con terrore, devi misurare la tua debolezza di fronte agli “Appennini spaccati” di quando la natura si ribella, e ti trova indifeso e incosciente ne Il terremoto.

Senti allora il bisogno di stringerti nei tuoi affetti, di difendere i tuoi figli, che un tempo ti tendevano le loro tenerissime braccia (L’eternità). Forse il senso dell’evoluzione è proprio nel ricordo della madre: quella che vedi dal finestrino quando saluta i suoi figli, quella della giovanissima Madre, donna, figlia, è Madre, vita della tua vita.

“Piove, sono fermo ad aspettare un autobus”; ricomincia il viaggio mattutino, in L’attesa e Il freddo. Ma ci sarà anche il rientro serate, in Amicizia, tra persone che ormai non sono più degli sconosciuti, e in Il ritorno tra i cartelloni pubblicati, il forno e il bar.

È il tempo che è passato in un attimo. L’amicizia rievoca il lontano 2012, epoca in cui il Covid era impensabile. Ed eccolo qui, il morbo, in Natale 2019, in Io resto a casa, Mascherine. Ora solo silenzio in Covid 2019, L’umanità ha saputo farsi di nuovo del male ed è tornata al capolinea.

Si ripartirà all’inizio: L’umana gente è questa: lavoratori e lavoratrici madri e padri che nella famiglia si ritrovano, si capiscono, si riconoscono.

Condividi