Le strumentali e folcloristiche proposte di modifica dello Statuto regionale avanzate in questi giorni rischiano di deviare il dibattito dalle vere priorità politico – istituzionali per la nostra Regione.
La crisi che ha colpito anche il nostro Paese infatti imporrebbe riflessioni più approfondite sulla individuazione di percorsi, anche istituzionali, per il rilancio dell’economia e la difesa dei diritti dei cittadini.
Per questo è fondamentale che, in vista di eventuali integrazioni dello Statuto umbro, si debba raccogliere lo spirito della proposta avanzata recentemente durante l’edizione italiana dell’ Internet Governance Forum 2010 dal professor Rodotà di inserire nella Costituzione un articolo 21 bis per poter sancire Internet come diritto per tutti, un diritto universale per tutti i cittadini.
In sostanza occorre che nello Statuto regionale venga affermato che tutti hanno eguale diritto di accedere alla Rete Internet, in condizione di parità, con modalità tecnologicamente adeguate per la rimozione di ogni ostacolo di ordine economico e sociale.
Tutti i cittadini, “in condizione di parità” devono avere accesso a Internet: devono farlo “con modalità tecnologicamente adeguate”, dando spazio a una connessione ADSL decente, senza che il costo di questa connessione ricada sulle spalle dei cittadini stessi.
L’inserimento nella Carta regionale di tale principio garantirebbe un ruolo delle istituzioni umbre nel colmare eventuali carenze infrastrutturali, laddove gli operatori dovessero decidere di non voler investire, garantire un mercato “calmierato” per evitare distorsioni anti - competitive, decidere in anticipo i limiti di questo servizio e quali soggetti coinvolgere per garantire la fornitura dello stesso agli utenti finali.
A sostegno della proposta illustrata non dobbiamo necessariamente scomodare il filosofo Rifkin che già nel 2000 teorizzava l’importanza che l’accesso alla rete determinerà negli equilibri socio – economici mondiali.
Uno studio dalla Gran Bretagna del 2009 evidenzia i benefici economici e sociali che deriverebbero dalla diffusione capillare della banda larga sul territorio, ovvero dalla possibilità per ogni cittadino di poter accedere a Internet tramite connessioni broadband e ultra-broadband. Secondo gli estensori dello studio portare Internet a tutti i cittadini britannici, entro il 2012 significherebbe risparmiare oltre un miliardo di euro all’anno in termini di costi di servizi postvendita e generare ben 22 miliardi di ricchezza per l’intero paese.
Del resto solo in Italia il problema del digital divide non sembra essere una priorità: dopo la Finlandia, anche la Spagna ha deciso di annoverare l’accesso a Internet a banda larga fra i diritti e i doveri previsti dal cosiddetto Servizio Universale. La Spagna infatti, uno dei paesi tra i più colpiti dalla crisi economica, ha intrapreso un progetto destinato a generare crescita, se non altro nel medio periodo.
In definitiva sarebbe opportuno che il dibattito sulle modifiche dello Statuto regionale assuma come obiettivo l’individuazione di una rete di valori e di norme che abbiano ripercussioni concrete sulle condizioni di vita dei cittadini e sull’economia regionale, come il superamento del gap tecnologico che vede il nostro Paese tra i più arretrati.

L’Assessore Regionale
Stefano Vinti

 

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