Università e terrorismo
Pier Paolo Pasolini di fronte ai moti studenteschi del 1968 affermava che era assalito dal dubbio sul “con chi stare”, cioè se essere dalla parte degli studenti o dalla parte dei poliziotti che li fronteggiavano, giovani del sud meno fortunati degli universitari disposti a un mestiere rischioso per un salario da fame. Non so se potrebbe essere ancora oggi di attualità la visione pasoliniana che tante reazioni contrastanti suscitò circa quarantanni fa di fronte “all’assalto al cielo” che dalle università si propagò nella società di allora causando quella svolta politica e sociale passata alla storia come “il sessantotto”. Oggi dalle università si leva il grido di rabbia delle giovani generazioni del nuovo millennio, che hanno sentito parlare del “sessantotto” dai loro genitori ma che non ne ritrovano più i valori che pure quel movimento aveva costruito: Non li ritrovano da nessuna parte, ne a destra ne a sinistra, devastati dagli effetti di una politica populista improntata al pensiero unico berlusconiano e dai tentennamenti di una sinistra ancora alla ricerca di se stessa dopo le abiure e le trasformazioni a catena subite nell’ultimo decennio. Hanno una idea chiara però, ed è quella che se la riforma universitaria proposta dalla ministra Gelmini diventa legge , le ultime speranze che l’Università continui a rappresentare l’ultimo baluardo di valori al quale fare riferimento, saranno finite per sempre. E’ il dopo infatti quello che più spaventa in questa difficile fase della vita politica e sociale del nostro Paese, cosa accadrà dopo la “normalizzazione”? Quale impatto essa avrà sul futuro di una società sempre più divaricata fra ricchezza e povertà? E sopratutto quale futuro la riforma intende offrire ai giovani? Al momento attuale è certamente proprio difficile immaginarlo. Ma ecco che emergono dallo scontro politico in corso i fantasmi alimentati da un governo in difficoltà : la violenza senza freni, indiscriminata e soprattutto pericolosa per la democrazia e lo Stato e la parola terribile “terrorismo” sbattuta in prima pagina a criminalizzare un movimento che nulla ha a che fare con la violenza, i violenti e soprattutto con il terrorismo. Ma addirittura un’autorevole esponente del governo, l’onorevole Gasparri è andato ancora più in là invocando leggi speciali per limitare le manifestazioni pubbliche che in qualche modo evocano i provvedimenti fascisti del ventennio. Provvedimenti che dovrebbero essere presi contro quegli studenti che manifestano per difendere il diritto allo studio, pilastro della nostra Costituzione e non per costruire nessuna operazione “eversiva”. Ma la situazione attuale richiede ad un governo debole per le vicende interne alla maggioranza di trovarsi più nemici possibile per poter nascondere il proprio immobilismo dietro al complottismo che da diversi settori impedirebbe allo stesso governo di portare avanti le “mirabolanti” riforme promesse in campagna elettorale, e proprio le università sarebbero in questo momento pericolosi covi di complottatori pronti ad azioni terroristiche ed eversive magari con la complicità anche dei magistrati che hanno ritenuto di dover scarcerare (“troppo rapidamente secondo i ministri Alfano e Maroni) i giovani arrestati durante gli scontri di una settimana fa.E’ questa la famosa “rivoluzione liberale” di Berlusconi? Ma per resistere questo governo ha bisogno di tutto, anche di calcolare cinicamente la resa in voti di uno sconsiderato appello alla “sicurezza” dei cittadini e dello Stato così come è stato lanciato dall’onorevole Gasparri, che conta soprattutto sull’attuale bassa capacità di indignazione di una società disorientata da una crisi dei valori di una politica nella quale non crede più. Martin Luther King scriveva : “non temo le parole dei violenti, mi preoccupa molto di più il silenzio degli innocenti”.
GIAN FILIPPO DELLA CROCE
Giovedì
23/12/10
13:05
Mi sento di dire che Pasolini ha minimizzato il problema, che non poteva certo essere se stare dalla parte degli studenti o dalla parte dei poliziotti che in quelle circostanze rappresentavano i padroni. Quello che si poteva e doveva osservare in quella circostanza è che la maggior parte di quei poliziotti erano ragazzi che venivano dalla campagna e mandati allo sbaraglio. Ma non per questo si può anteporre la presa di posizione politica a fatti che sono marginali sotto questa ottica.
Quindi non ci doveva essere alcun dubbio. La gente di sinistra doveva stare con gli studenti e con la protesta.
Venerdì
24/12/10
01:22
Nel sessant'otto avevo venti anni. Ero certo che eravamo tutti uguali e che per avere successo nella vita non si dovesse fare niente di meno del massimo.
Ora che ho passato i sessanta ho la medesima certezza che non siamo tutti uguali ma che invece siamo tutti diversi, anzi che non ci sono due persone uguali e che per avere successo non bisogna fare niente di meno del massimo, ma invece niente di più del minimio.
Ne é scaturita un grande crisi esistenziale e una incrollabile certezza della incertezza. Quindi cautela nei giudizi e nelle verità assolute.. ma forse mi sbaglio.