Tre Ministri (Interni, Salute, Lavoro) sugli scudi. Il dictat è di qualche giorno fa. Alt ai registri per la raccolta dei testamenti biologici istituiti da alcuni Comuni italiani. Sono illegittimi. “Prendono in giro il cittadino”. Solo lo Stato legifera sul fine vita. Se il Comune interviene compie un illecito. Abusa di risorse umane e finanziarie.
La stampa tace, ma il fatto è sorprendente. Basta una circolare ministeriale ad ostacolare l’iniziativa a tutela di una libertà fondamentale? In realtà, l’idea dei Comuni, tra cui Firenze, è preziosa. Senza altri strumenti previsti dalla legge, ben venga il registro dei testamenti biologici. Annota decisioni da rappresentare ai medici in caso di bisogno. Evita complicate ricostruzioni della volontà di persone che hanno perso la capacità psichica, come nel caso di Eluana Englaro. Offre ai medici almeno una certificazione su indicazioni del tipo: no sangue, si alla morfina, no al terminal sedation, si alle sperimentazioni. Ed allora, bisogna dire le cose come stanno. Il divieto dei tre ministri mette in discussione un pezzo della Costituzione. Il diritto di rifiutare una cura ognuno di noi può esercitalo nei tempi e nelle forme che crede. Anche scrivendolo in un sms o nel computer, confidandolo ad un parente o affidandolo ad un video. D’ora in poi, dovremo forse attendere l’autorizzazione di un ministro o di un sottosegretario?
Ma l’invettiva contro i Comuni “invadenti” non è una novità. In passato lo stesso trattamento lo si è riservato ai giudici. Pensate alle accuse dopo la sentenza del citato caso Englaro, quando si è ritenuto legittimo il rifiuto di cure salvavita. Giudici “contro” il parlamento, si è detto. Giudici che “condannano a morte”. Senza mai ricordare che quei giudici avevano applicato la Costituzione, ossia la massima espressione della vita parlamentare.
La circolare dei Ministri ha un obiettivo ben preciso. Promuove un messaggio culturale condiviso dalle gerarchie ecclesiastiche. E’ un specie di manifesto ideologico contro il sentire di tanti. Di coloro che desiderano essere padroni del loro destino. Di quelli che, di fronte ad una medicina che estende sempre più le sue capacità tecniche, vogliono evitare di essere trasformati in vegetali; o di piombare nell’incubo di essere tenuti in vita a tutti i costi, con sofferenze inenarrabili.
Certo, al di là della circolare e dei registri, il tema di fondo resta delicato. Tocca corde molto intime. Coinvolge la sfera dei rapporti affettivi tra malato e persone vicine a lui. Il modo di concepire l’esistenza, la sofferenza, le convinzioni religiose. Sinora in Italia, le risposte sono state affidate solo ai medici e ai giudici. Il parlamento, tanto invocato nella circolare dei tre Ministri, è rimasto silente. Anche sul testamento biologico, nonostante da anni se ne discuta. E’ timido, pur in presenza di chiare indicazioni della costituzione e delle convenzioni internazionali sulla libertà di autodeterminazione del malato. Teme di aprire una breccia verso forme di eutanasia non controllabili; o casi di “abbandono terapeutico” di persone non abbienti, magari costrette a sottoscrivere il rifiuto di determinate cure prima di entrare in certe cliniche. Ma proprio il silenzio del parlamento ha propiziato soluzioni del tipo di quelle proposte da alcuni Comuni. I registri comunali, in fondo, non sono che uno dei tanti modi per rendere effettivo il passaggio dal potere assoluto del terapeuta alla scelta responsabile del paziente. L’auspicio, dunque, è che simili soluzioni non siano materia per nuovi conflitti. Tra Stato centrale e enti locali, tra chiesa e cittadini, tra politica e magistratura. A pagarne il prezzo più alto sarebbero persone che soffrono.

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