Su la testa! Per guardarci negli occhi
Di Giuseppe De Marzo*
H2ora, potremmo dire. Oppure potremmo parlare di democrazia e di come questa si regga e si misuri allo stesso tempo sulla capacità di accedere a servizi di base e diritti inalienabili. Ma forse, considerando la nostra posizione storica e geografica, faremmo meglio a guardarci negli occhi. Per farlo bisogna alzare la testa. Assumere questa postura restituisce la dimensione di soggetti della storia. Ci hanno così rimbambito e persino convinto che niente possa essere cambiato, che tutto faccia schifo e sia uguale all’altro, che abbiamo finito per svegliarci in un paese solo di tenere lo sguardo dalla cintola in giù. I soggetti della storia diventano tali quando perdono la paura e agiscono. pensiero e azione non alternati ma praticati insieme. Non più una prima e una dopo, ma un adesso nel quale agire. Perdere la paura per tornare a proferire quella parola così lontana e scolorita che facciamo fatica persino a pronunciare: vittoria. Il 12 e 13 giugno abbiamo davanti a noi la possibilità di tornare a gridare questa parola con tutto il fiato che abbiamo stretto in questi anni nelle nostre gole.
Dobbiamo vincere per riprenderci l’acqua e il servizio idrico. Cosa c’è in gioco? Tutto. Perché? Perché questa volta non dobbiamo, non possiamo e non vogliamo perdere. Se ciò avvenisse, sarebbero le classi sociali medie e basse a pagare interamente il prezzo della crisi, insieme alle generazione che verranno. Il “business” dell’acqua è ormai tra i due o tre più redditizi al mondo. Del resto, chi non ha bisogno dell’acqua? Non ci voleva un genio per capire che la crisi economica, ecologica, energetica, alimentare, migratoria e finanziaria avrebbe provocato disastri e ridotto l’accesso ai consumi. E la governance del capitalismo ha pensato bene di iniziare un po’ in tutto il mondo già da venti anni questo lento processo di privatizzazione dei beni comuni e dei diritti un tempo garantiti. Un percorso che ha come obbiettivo la creazione di un nuovo grande mercato di miliardi di consumatori. Si chiamano processi di “finanziarizzazione” quelli che hanno portato persino a immaginare di privatizzare l’Amazzonia o la biodiversità che resta nel pianeta. Contrindicazione della ricetta: se non hai soldi non avrai l’acqua ( e magari un domani nemmeno l’aria).e dunque sarai escluso dalla possibilità stessa di accedere alla vita, oppure ne vivrai una miserabile.
Questa impostazione di mercificazione della vita ha avuto come conseguenza esattamente la crisi del capitalismo, ormai identificabile come una sorta di tumore in espansione che per continuare a progredire deve uccidere l’organismo che lo ospita. Ecco perché non abbiamo molte atre alternative se vogliamo sopravvivere.
O cancelliamo il capitalismo dalla faccia della terra o lui cancella noi. E’ proprio questa filosofia meccanicistica che ha dato alla luce l’homo hoeconomicus, capace di andare sulla Luna e su Marte ed allo stesso tempo di produrre la più grave crisi economica della storia della umanità, di minacciare seriamente il futuro e di essere così idiota da proporre di privatizzare l’acqua. A causa della crisi ambientale e dei cambiamenti climatici, l’acqua è diventata oggi l’elemento più importante sul pianeta. I ghiacciai che da sempre l’hanno custodita si stanno ritirando e l’inaridimento delle terre produce una distribuzione delle riserve di acqua dolce a cui si aggiunge l’inquinamento di molte falde acquifere. Accettare che l’acqua venga gestita con criteri di mercato non è dunque un gesto folle, bensì criminale. Se capovolgiamo la riflessione, accettare che l’acqua sia un bene comune significa invece, finalmente, riconoscere una connessione ed una indipendenza tra esseri umani e natura. Significa accettare questo legame intrinseco e profondo senza il quale noi non saremmo più.
E’ la natura che garantisce a tutti il necessario spazio bioriproduttivo e fornisce il flusso di energie e materiali necessario a garantire le nostre economie. Che succede se la natura smette di garantirci questo stock di beni e servizi? Succede quello che stiamo vivendo: crisi, precarietà, povertà, inquinamento, malattie e guerre.
Pensate al ciclo del mare ed alla sua capacità di depurare e filtrare, oppure al ciclo delle sostanze nutritive o a quello del clima o del carbonio. Proprio perché abbiamo raggiunto i limiti del pianeta siamo in crisi. I servizi ambientali che la natura generosamente ci offre devono essere regolamentati da tutti e devono ovviamente fuori dalle logiche del profitto, troppo ottuso per capire che senza un pianeta non ci può essere nemmeno mercato. Da questo ne deduciamo una conseguenza e intravediamo una grande opportunità. I diritti di cittadinanza ed i beni comuni stanno insieme e costituiscono una società ispirata da una nuova ontologia.
La giustizia ambientale cammina insieme alla giustizia sociale. I diritti umani devono essere collegati ai diritti della natura. Stimo dunque con le nostre pratiche procedendo a ripensare anche sul piano della prospettiva giuridica una società non fondata sulla supremazia dell’uomo occidentale ma sul rispetto della vita e delle sue relazioni tra i viventi. Una nuova democrazia della Terra prende corpo dalle lotte dei movimenti sociali ovunque per i beni comuni. Se da un lato la crisi del capitalismo produce delle accelerazioni spaventose che hanno come effetto il peggioramento delle condizioni materiali di grandissime masse, dall’altro l’esacerbarsi dei conflitti ha avuto come conseguenza la nascita i nuove soggettività. Sono queste la buona notizia. I comitati per l’acqua fanno parte a pieno titolo di questi nuovi soggetti. Non è stata dunque una transizione da un governo ad un altro e restituire la capacità di partecipare ed incidere, bensì forme di democrazia comunitaria e partecipativa ben più efficaci della claudicante e sterile democrazia rappresentativa italiana. Uscire dalla dicotomia pubblico/privato introducendo la democrazia comunitaria, come luogo costituente del potere di governo, è questa la grande sfida a cui chiediamo ad ogni italiano che si rivede nei valori della nostra Carta di concorrere.
*Portavoce A Sud
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